La Camera,
premesso che:
il 5 febbraio 2025 nel corso dell'informativa resa alle Camere dal Ministro della giustizia, Carlo Nordio, e dal Ministro dell'interno, Matteo Piantedosi, sono emerse ulteriori incongruenze in merito alle vicende legate al rimpatrio del generale libico Osama Njeem Almasri, comandante libico, capo della polizia giudiziaria di Tripoli e direttore del carcere di Mitiga, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e crimini contro l'umanità;
il 19 gennaio 2025 Almasri è stato arrestato a Torino in esecuzione del mandato di cattura emesso sabato 18 dalla Corte dell'Aja, dando seguito alla richiesta avanzata il 2 ottobre 2024 dal procuratore dell'organismo internazionale;
il 21 gennaio la Corte d'appello di Roma, a seguito della mancata risposta del Ministro Nordio alle sollecitazioni del Procuratore generale in merito alle attività da porre in essere, non ha convalidato l'arresto e nella stessa giornata il criminale libico è stato rimpatriato a mezzo di un Falcon 900 italiano, partito da Ciampino già nella mattinata del 19 alla volta di Torino, molte ore prima che Almasri fosse scarcerato, e poi definitivamente per Tripoli, dove una volta atterrato è stato accolto trionfalmente;
nelle stesse ore in cui veniva avviato ed eseguito il rimpatrio – e in particolare nel pomeriggio del 21 gennaio – il Ministero della giustizia diffondeva una nota così formulata: «È pervenuta la richiesta della Corte penale internazionale di arresto del cittadino libico Najeem Osama Almasri Habish. Considerato il complesso carteggio, il Ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al Procuratore generale di Roma, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 237 del 2012»;
nell'informativa resa il Ministro della giustizia ha dunque abbandonato la strada fino ad allora seguita del «cavillo giuridico» per spiegare la scarcerazione del torturatore libico Osama Njeem Almasri, strada peraltro seguita anche dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che, come noto, anziché presentarsi alle Camere ha preferito diffondere un video d'accusa al procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, umiliando ancora una volta la dignità del Parlamento;
il Ministro Nordio, ad avviso dei firmatari del presente atto, si è scagliato in maniera scomposta contro la Corte penale internazionale assegnandosi tra l'altro un ruolo che non gli spetta: quello di valutare la legittimità del mandato di cattura; l'articolo 4, comma 1, della legge 20 dicembre 2012, n. 237, recante «Norme per l'adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale» stabilisce che «Il Ministro della giustizia dà corso alle richieste formulate dalla Corte penale internazionale, trasmettendole al procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma perché vi dia esecuzione», senza che sia prevista da parte del Ministro alcuna valutazione discrezionale;
occorre evidenziare preliminarmente come le affermazioni del Ministro Nordio stridano anche con le motivazioni con le quali i giudici della Corte d'appello di Roma hanno deciso la scarcerazione di Almasri. La Corte d'appello ha motivato la decisione, infatti, non entrando nel merito né tantomeno indicando errori nel provvedimento della Corte penale internazionale, bensì eccependo esclusivamente l'assenza di risposta del Ministro;
inoltre, dalla corrispondenza protocollata emerge come nella serata del 18 gennaio la cancelleria della Corte penale internazionale abbia informato il Governo italiano dell'imminente mandato d'arresto, allegando una nota nella quale si ricordava che «qualora si individuassero problemi che potrebbero impedire l'esecuzione della presente richiesta di cooperazione, dovrebbero consultare la Corte senza indugio al fine di risolvere la questione» e indicando, a tal fine, i recapiti del funzionario da contattare;
l'articolo 97 dello Statuto di Roma, infatti, prevede che: «Quando uno Stato parte, investito di una richiesta ai sensi del presente capitolo, constata che la stessa solleva difficoltà che potrebbero intralciarne o impedirne l'esecuzione, esso consulta senza indugio la Corte per risolvere il problema.», tuttavia il Ministro non ha ritenuto di sollevare alcuna eccezione nelle sedi dovute, ma ha invece spiegato a questo Parlamento come l'arresto fosse scritto, oltre che in lingua inglese senza essere tradotto e «con diversi allegati in arabo», così male da non consentire l'immediata adesione del Ministero alla richiesta arrivata dalla Corte d'appello di Roma;
il Ministro Nordio ha rivendicato un ruolo non «da passacarte» e «il potere-dovere di interloquire con altri organi dello Stato, laddove se ne presenti la necessità, che in questo caso si presentava eccome», ammettendo, anzi di più, rivendicando, una valutazione politica compiuta con altri esponenti del Governo. Tuttavia l'articolo 2, comma 1, della legge 20 dicembre 2012, n. 237, chiarisce come «I rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito.» che «ove ritenga che ne ricorra la necessità, concorda la propria azione con altri Ministri interessati, con altre istituzioni o con altri organi dello Stato» coordinamento che non si intende legato a nessuna valutazione sul merito da parte del Ministro medesimo;
infatti, come chiarito dal successivo comma 3, del medesimo articolo 2, che il Ministro Nordio ha provvidenzialmente dimenticato di citare nell'informativa, «Il Ministro della giustizia, nel dare seguito alle richieste di cooperazione, assicura che sia rispettato il carattere riservato delle medesime e che l'esecuzione avvenga in tempi rapidi e con le modalità dovute»;
questo Parlamento si è trovato dunque ad essere umiliato tre volte: dall'ostinata assenza della Presidente del Consiglio, dall'inopportuna, incoerente e sgrammaticata informativa del Ministro della giustizia e dalle surreali affermazioni del Ministro dell'interno che è arrivato finanche a sostenere che un soggetto estremamente pericoloso per l'ordine e la sicurezza pubblica non debba essere trattenuto né in Italia, né consegnato alla Corte penale internazionale, ma invece restituito al Paese dove ha commesso i crimini contro l'umanità di cui è accusato e dove, come di tutta evidenza, potrà continuare a commetterli impunemente;
una decisione in spregio del diritto internazionale, delle sue sedi e che offende la credibilità e l'autorevolezza del nostro Paese che non solo ha sottoscritto lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ma che ne è stato anche la sede;
ad aggravare ulteriormente il quadro si aggiunga che, come riportato dal quotidiano La Repubblica, il 20 gennaio 2025, a seguito della richiesta della Corte di appello di Roma con la quale si indicava l'errore procedurale e sostanzialmente si chiedeva che venisse sanato, gli uffici di via Arenula avrebbero preparato un ordine d'arresto proprio per rispondere in tal senso alla richiesta della Corte d'appello, l'atto sarebbe però rimasto in bozza. Il Ministro Nordio avrebbe deciso, sempre secondo quanto riportato dal quotidiano, di non procedere e, infatti, non avrebbe contattato il Tribunale, né avrebbe scritto alla Corte di appello di Roma per sollevare quei «problemi che potrebbero impedire l'esecuzione» ai sensi del citato articolo 97 dello Statuto di Roma. È rimasto in silenzio per 36 ore per poi comparire nuovamente nel pomeriggio del 21, con la nota in cui si affermava: «si stanno valutando gli atti», nota giunta mentre il criminale libico era già in volo verso Tripoli;
se confermati, i fatti riportati dal quotidiano dimostrerebbero inequivocabilmente e definitivamente la volontà del Ministro di non procedere con l'arresto e dunque con un atto dovuto nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia;
la violazione degli obblighi internazionali è stata denunciata anche dalla Sidi – Società italiana di diritto internazionale e diritto dell'Unione europea – l'associazione scientifica che riunisce i professori e gli studiosi italiani che ha pubblicato un documento nel quale si afferma che il rimpatrio di Almasri costituisce «una violazione grave e ingiustificata degli obblighi di cooperazione derivanti dallo Statuto di Roma». Nel documento si afferma, inoltre, che esiste «l'obbligo di dare esecuzione a un mandato di arresto»;
il Ministro della giustizia ha intrapreso, seguendo le indicazioni della Presidente del Consiglio, una condotta di netta contrapposizione con l'ordine giudiziario, minando il principio costituzionale della leale collaborazione tra le istituzioni della Repubblica; condotta provocatoria ribadita, peraltro, nel corso dell'informativa summenzionata;
il Ministro Nordio, nominato con decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 2022, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 93 della Costituzione e dell'articolo 1, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, prima di assumere le funzioni, ha prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica, nonché «di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le funzioni nell'interesse esclusivo della nazione»;
il Ministro della giustizia, non dando seguito alla richiesta di mandato d'arresto della Corte penale internazionale, si è posto in aperto contrasto con il dettato costituzionale di cui all'articolo 10 che impone il rispetto delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e dei trattati, nonché con le leggi italiane, quale la legge n. 237 del 2012, il cui mancato rispetto è stato addirittura rivendicato orgogliosamente innanzi alle Camere;
visto l'articolo 94 della Costituzione e visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati,
esprime la propria sfiducia al Ministro della giustizia, onorevole Carlo Nordio, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni.
Seduta del 25 febbraio 2025
Intervento in discussione generale di Federico Gianassi e Chiara Braga