28/01/2025
Chiara Braga
Provenzano, Boldrini, Porta, Ghio, Ferrari, Scotto
1-00394

La Camera,

   premesso che:

    la Corte penale internazionale fu istituita con il Trattato di Roma nel 1998 ed è entrata in vigore nel luglio 2002. Ne sono membri 125 Stati, tra cui l'Italia. Gli Stati Uniti e Israele non sono membri e non riconoscono, dunque, la giurisdizione della Corte;

    la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri – noto come Deif – per crimini di guerra e crimini contro l'umanità per la guerra a Gaza e gli attacchi dell'ottobre 2023;

    la decisione rappresenta un passo estremamente importante per la giustizia internazionale; i mandati erano stati richiesti anche contro gli altri due principali leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, ma sono entrambi rimasti uccisi nel corso della guerra in atto;

    seppur la Corte penale internazionale operi secondo principi di diritto internazionale, la decisione del mandato di arresto al leader israeliano ha generato forti reazioni politiche, a partire dallo stesso Governo israeliano e da Netanyahu che ha definito la mossa «antisemita» e motivata politicamente, nonostante la Corte accusi singoli individui e non lo Stato di Israele;

    l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Borrell, ha più volte ribadito, prima dello scadere del proprio incarico e in occasione dell'ultimo Consiglio europeo di dicembre 2024, che le decisioni della Corte penale internazionale sono vincolanti per gli Stati membri dell'Unione europea e si è detto anche «allarmato dall'estrema politicizzazione delle reazioni alla decisione della Corte», ribadendo che la decisione della Corte penale internazionale «non ha nulla a che fare con l'antisemitismo e non è una decisione politica»;

    l'Unione europea fino ad oggi ha sempre posto al centro delle relazioni esterne la questione della giustizia internazionale e della lotta all'impunità al punto da inserire l'adesione alla Corte fra i requisiti per i Paesi candidati all'allargamento;

    la posizione del Governo italiano sulla pronuncia della Corte penale internazionale è apparsa da subito ambigua e reticente, non in linea con le dichiarazioni fatte da altri Paesi del G7 e dell'Unione europea;

    il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri Tajani aveva inizialmente affermato che l'Italia «rispetta e sostiene la Corte penale internazionale», mentre l'altro Vice Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro Matteo Salvini, affermava che il Premier israeliano «sarebbe il benvenuto se venisse in Italia»;

    la Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, durante le repliche in Parlamento per il Consiglio europeo di dicembre 2024 affermava, in termini assai preoccupanti, che «le decisioni assunte dalla Corte, sia sul conflitto a Gaza, sia anche sul conflitto dell'Ucraina, sollevano, a molti, diversi interrogativi, che io penso meritino un dibattito, anche qui, non ideologico e, se vogliamo, un approfondimento. Su entrambi i fronti, i provvedimenti della Corte, per la prima volta, intervengono non a guerra conclusa, ma a conflitto in corso e questo, chiaramente, rischia di trasformare un organo giurisdizionale in una parte del conflitto stesso»;

    il Ministro Tajani aveva più volte rimandato ad eventuali verifiche giuridiche sulla possibile immunità di Netanyahu in quanto Capo di Stato in carica di un Paese non membro della Corte – così come nel caso di Putin –, e infine ha dichiarato che «la richiesta di arresto di Netanyahu è irrealizzabile» e che «è tutto molto chiaro, ci sono delle immunità e le immunità vanno rispettate»;

    tali dichiarazioni contrastano con le pronunce della stessa Corte penale internazionale che hanno escluso una prevalenza della norme internazionali sull'immunità rispetto alle sue pronunce per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, mentre, sul fronte legale, la strada maestra per Israele di evitare ulteriori interventi della Corte e sospendere i mandati di arresto sarebbe stata di avviare serie indagini interne e un percorso giudiziario, considerate sufficienti in ottemperanza del principio di complementarietà;

    queste dichiarazioni del Governo comportano una palese forma di delegittimazione della Corte penale internazionale, in un momento in cui sta subendo un forte attacco e l'Europa, e in particolare l'Italia, dovrebbero difenderne ruolo e funzione, perché la Corte rappresenta un'acquisizione fondamentale del diritto e della giustizia internazionale;

    da ultimo, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Tajani ha affermato che «la Corte penale internazionale non è la bocca della verità», riguardo la vicenda della scarcerazione del libico Al Masri, capo della polizia giudiziaria di Tripoli e direttore del carcere di Mitiga, sul quale pendeva un mandato di arresto della Corte per crimini di guerra e crimini contro l'umanità;

    l'arresto è stato eseguito in conseguenza di un mandato emesso dalla Corte penale internazionale, per gravissimi addebiti di tortura e trattamenti inumani e degradanti, soprattutto ai danni di persone migranti, relativamente al periodo di loro detenzione nelle carceri di Mitiga e Ain Zara;

    in data 21 gennaio 2025 la corte d'appello di Roma ha ritenuto l'arresto irrituale in quanto eseguito sulla base della procedura di cui all'articolo 716 del codice di procedura penale, relativo all'estradizione, e, dunque, senza rispettare la più articolata procedura prevista dall'articolo 11 della legge 20 dicembre 2012, n. 237, e, quindi, ha emesso un ordine di scarcerazione dell'arrestato. Contestualmente alla pronuncia della corte d'appello di Roma sono state immediatamente avviate le procedure per il rimpatrio di Najeem Osema Almasri Habish, avvenuto nel pomeriggio dello stesso giorno a mezzo di un aereo Falcon 900 italiano;

    anche prescindendo in questa sede da ogni valutazione di carattere tecnico-giuridico in merito alla decisione assunta dalla corte d'appello di Roma, destano sconcerto e grave preoccupazione le successive decisioni politiche assunte dal Governo e, in particolare, quella di procedere immediatamente al rimpatrio dell'arrestato che ha definitivamente vanificato ogni possibilità di rispettare e dare esecuzione a quanto richiesto dalla Corte penale internazionale, definitivamente sottraendo l'imputato alla giustizia internazionale;

    oggi la Corte è sotto attacco non solo da parte di autocrazie come la Russia: al Congresso degli Stati Uniti e alla Knesset di Israele, due Paesi che non sono neanche parte della Corte, sono in discussione due proposte di legge che mirano a introdurre pesanti sanzioni per la Corte e i suoi funzionari e a criminalizzare chiunque collabori con essa. Queste leggi, se approvate, comporterebbero la cancellazione di tutti i procedimenti in corso e renderebbero di fatto impossibile l'operatività della Corte, condannandola ad un «rischio chiusura» quasi certo e al venir meno del presidio giuridico internazionale sui crimini di guerra e sui crimini contro l'umanità commessi dai singoli individui nei diversi scenari bellici, a partire dall'Ucraina e da Gaza;

    tra i primi «ordini esecutivi» del neo insediato Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, firmati il 21 gennaio 2025, vi è stata la cancellazione del provvedimento del 2021 dell'Amministrazione Biden con cui si revocano le sanzioni imposte alla Corte penale internazionale dagli Usa durante la prima Amministrazione Trump;

    si ribadisce il sostegno per salvare la Corte penale internazionale come istituzione giurisdizionale il cui scopo è affermare la legalità internazionale, salvare i tanti procedimenti in corso e proteggere chi vi lavora, oltre 1.000 persone di 109 Paesi e mettere in atto ogni interlocuzione istituzionale con il Governo e il Congresso statunitensi, al fine di scoraggiare un simile attacco che metterebbe in pericolo la giustizia internazionale;

    la delegittimazione della Corte penale internazionale si inserisce in un più ampio, grave e inaccettabile tentativo di delegittimare e colpire le istituzioni multilaterali; alla decisione del Governo israeliano di dichiarare il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, «persona non grata» è seguita l'approvazione, il 28 ottobre 2024, di due leggi che definiscono l'Unrwa un'organizzazione terroristica e vieta all'agenzia dell'Onu di condurre «qualsiasi attività» all'interno di Israele, a Gerusalemme Est e nella Cisgiordania, oltre che a Gaza, con evidenti ulteriori drammatiche ricadute sulla popolazione palestinese; sono seguiti diversi attacchi contro Unifil nel Sud del Libano,

impegna il Governo:

1) a dare piena attuazione ai mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale, nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Deif, così come negli altri casi in linea con la normativa italiana di adeguamento allo Statuto di Roma e in virtù del previsto obbligo di cooperazione da parte degli Stati membri, senza improprie considerazioni politiche che minerebbero il principio fondante per cui la legge, anche internazionale, è uguale per tutti;

2) a sostenere, in tutti i consessi europei ed internazionali, la legittimità della Corte penale internazionale, in merito al conflitto a Gaza, nonché a mettere in atto ogni iniziativa politica e diplomatica per scongiurare attacchi alla sua operatività e ribadire la necessità della Corte come strumento cardine della giustizia internazionale.

Seduta del 9 dicembre 2024

Intervento in discussione generale di Sara Ferrari

Seduta del 28 gennaio 2025

Intervento in dichiarazione di voto di Valentina Ghio