03/10/2018
Emanuele Fiano
GRIBAUDO, MIGLIORE, CECCANTI, MARCO DI MAIO, GIORGIS, MARTINA, ORFINI, POLLASTRINI e ENRICO BORGHI
3-00208

Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il 21 settembre 2018 un gruppo di cinque persone inermi e assolutamente disarmate, che tornava a casa intorno alle 22 dopo aver partecipato alla manifestazione «Mai con Salvini», è stato brutalmente aggredito, con cinghie e tirapugni, da un gruppo di appartenenti alla vicina sede di Casapound;

   le vittime dell'aggressione, che si sono limitate a cercare di evitare i colpi e che sono state inseguite e picchiate tra passeggini e bambini, hanno presentato immediata denuncia alla questura di Bari;

   sempre da notizie a mezzo stampa si è appreso che dopo le prime indagini una trentina di militanti di CasaPound, che la sera dell'aggressione erano davanti alla loro sede in via Eritrea, sarebbero stati identificati in questura e almeno cinque di loro, armati con mazze e cinghie, avrebbero preso parte attiva all'aggressione;

   tale aggressione di matrice squadrista è avvenuta peraltro in un quartiere popolare di Bari, il quartiere Libertà, che proprio recentemente ha avuto la visita del Ministro interrogato e dove è stata avviata una raccolta firma per «cacciare gli immigrati che hanno invaso il quartiere», raccolta sostenuta anche dagli esponenti locali del Carroccio;

   desta viva preoccupazione l’escalation di atti di aggressione, razzismo e vandalismo che si è registrata negli ultimi mesi da parte di esponenti od organizzazioni di estrema destra, quasi a testimoniare una nuova presunta legittimazione a compiere tali atti da parte dei loro autori –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di impedire il ripetersi di fatti analoghi e per assicurare la piena tutela dei cittadini italiani e del loro diritto a manifestare, nonché per contrastare con fermezza le aggressioni ad opera di gruppi neofascisti di estrema destra.

Seduta del 3 ottobre 2018

Illustrazione di Marco Lacarra, risposta del governo di Matteo Salvini, Ministro dell'Interno, replica di Emanuele Fiano

Illustrazione

Grazie, signora Presidente, signori Ministri e rappresentati del Governo. Venerdì 21 settembre scorso, a Bari, nel quartiere Libertà - peraltro, signor Ministro, da lei visitato solo qualche giorno prima - si è sfiorata la tragedia, quando un gruppo di persone aderenti al locale circolo di CasaPound ha aggredito con spranghe, cinghie e tirapugni alcuni manifestanti che avevano da poco concluso un corteo antirazzista. Vi sono stati due feriti più gravi e altri contusi e, per buona sorte, non ci sono state conseguenze più serie. Non sfugge che stiamo vivendo una fase storica in cui il conflitto sociale, la lotta di classe e lo scontro politico, anche per colpa di slogan e proclami di chi ha la rappresentanza istituzionale di alto profilo, rischia di farci tornare indietro di quarant'anni. La città di Bari ha pagato con il sangue di un suo ragazzo, appena diciottenne, quel clima di intolleranza e di violenza fascista. Benedetto Petrone, il 28 novembre 1977 fu ucciso per mano di un accoltellatore fascista. Non possiamo permettere che il passato buio di quegli anni riviva; gli episodi, come quelli del 21 settembre, rappresentano un cattivo presagio. Chiedo, signor Ministro, a che punto sia l'indagine - e se vi sia un'indagine e noi crediamo di sì - volta a individuare i responsabili di quel vile agguato e quali presidi intende mettere in atto per fare in modo che ci sia la possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero politico dappertutto e senza nessuna limitazione.

Risposta del Governo

 Grazie al collega onorevole. Premettendo che ovviamente non è il Ministro dell'Interno che dispone arresti a Riace o indagini a Bari (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier e MoVimento 5 Stelle), però conto che i colpevoli di questo vigliacco episodio di violenza vengano assicurati alla giustizia il prima possibile. Ribadisco che l'episodio di Bari, come qualunque episodio di violenza, è da me fermamente condannato a prescindere dal colore o dalla connotazione politica. L'ho detto nell'immediatezza e lo confermo in quest'Aula: la violenza non risolve mai alcun tipo di problema e chiunque eserciti violenza contro qualsiasi essere umano deve essere punito nella misura prevista dalla legge. Non è tollerabile impedire con atti aggressivi il diritto costituzionalmente garantito di manifestare liberamente e di esprimere il proprio pensiero, qualunque sia il colore della bandiera di chi vorrebbe impedire la manifestazione del pensiero altrui.

Nel tardo pomeriggio del 21 settembre, in base alle ricostruzioni, nel quartiere Libertà di Bari, si è svolta una manifestazione con corteo contro le politiche del Governo organizzata dai militanti del centro sociale autogestito, ex caserma “Liberata”. L'iniziativa si è conclusa in piazza Redentore al termine di un breve concerto.

In sede di deflusso un gruppo di manifestanti è stato aggredito da militanti del movimento CasaPound provenienti da una vicina sede. Il tempestivo intervento delle forze di polizia ha consentito di far cessare le violenze e di contenere successivamente un consistente gruppo di dimostranti dei centri sociali, che, avuta notizia di quanto accaduto, è sopraggiunto con l'intenzione di recarsi presso la sede di CasaPound.

Nella circostanza, cinque dei citati dimostranti, poi deferiti all'autorità giudiziaria, si sono resi protagonisti di episodi di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, nonché di danneggiamento di un automezzo in dotazione al reparto mobile della Polizia di Stato.

L'attività investigativa condotta dalla DIGOS ha consentito di identificare trenta militanti di destra presenti nel locale e di sequestrare una cintura, verosimilmente utilizzata negli scontri. Al termine dell'attività investigativa, sedici esponenti di CasaPound sono stati denunciati all'autorità giudiziaria.

A seguito dei fatti, la questura ha disposto specifici servizi di vigilanza nei confronti di tutti i possibili obiettivi sensibili facenti capo a tutte le diverse e contrapposte fazioni politiche.

Io sono stato a Bari, tornerò a Bari il prima possibile, tornerò nel quartiere Libertà il prima possibile, invitato dai comitati cittadini, da persone perbene, bianche e nere, italiane e straniere, perché l'obiettivo del mio Ministero e di questo Governo è di restituire tranquillità e speranza ai cittadini perbene in tutta Italia, a prescindere dal colore della loro pelle.

Replica

Signor Ministro, Presidente, quando noi parliamo di CasaPound, non parliamo di un movimento politico qualsiasi; mi aiuta in questo una sentenza della Cassazione del 2014 su Napoli, che - se non sono riferite male le cose pubblicate allora dai quotidiani italiani - definì questa associazione come “sovversiva”.

Tra il 2011 e il 2015, diciannove militanti di CasaPound sono stati arrestati e 336 denunciati per atti di violenza o comunque reati contro la nostra legge. Potrei citarle molti altri episodi - di cui anche lei si è occupato e ha commentato; penso recentemente alle ronde di CasaPound a Ostia - che, se non costituiscono nell'immediato un reato, peraltro configurano una visione della delega della sicurezza allo Stato centrale molto diversa da quella in cui crediamo noi e nella quale crede la Costituzione. Essi stessi si autodefiniscono i fascisti del terzo millennio.

Ora io le chiedo, signor Ministro, essendo insoddisfatto della sua risposta: lei ritiene che nei confronti di un movimento che ha compiuto questi atti di violenza, sull'ultimo dei quali ovviamente aspettiamo una sentenza della magistratura per così poterlo definire - ma è soltanto l'ultimo di una serie -, si possa applicare quanto previsto all'articolo 7 della “legge Mancino”, prima che lei l'abolisca, come aveva annunciato in campagna elettorale, e cioè che il Ministro possa agire anche prima di una sentenza della magistratura, con deliberazione da approvare in Consiglio dei ministri, ma di sua iniziativa, per lo scioglimento di organizzazioni che siano palesemente in contrasto con la Costituzione?

Vede, noi evidentemente siamo all'antica, ma ancora pensiamo che chi professa una sua radice culturale nel fascismo e chi esercita, in alcuni casi - parlo solo di quelli conclamati con sentenza della magistratura -, con violenza non dovrebbe avere diritto di cittadinanza nel nostro Paese.