09/05/2023
Arturo Scotto
Braga, Laus, Guerra, Fossi, Gribaudo, Sarracino, Ferrari, Ghio, Fornaro, Casu
3-00389

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sempre più frequenti sono le pronunce dei tribunali, da ultimo quello di Milano sul caso di una lavoratrice della società di vigilanza Civis, che dichiarano l'illegittimità di retribuzioni che, violando l'articolo 36 della Costituzione, non assicurano un'esistenza libera e dignitosa per i lavoratori;

   il Governo ha affrontato il tema del potere di acquisto dei lavoratori solo con misure di carattere fiscale, motivando tale orientamento con l'esigenza di contribuire alla moderazione della crescita salariale, per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi;

   l'ulteriore intervento di tagli del cuneo contributivo, alla luce delle disponibilità finanziarie e degli effetti fiscali, produrrà un incremento medio delle retribuzioni di gran lunga inferiore rispetto al solo andamento dell'inflazione;

   secondo gli economisti della Banca centrale europea, non sarebbe in corso alcuna pericolosa spirale salari-prezzi, tanto più nel caso italiano, ma ad alimentare la corsa dei prezzi innescata da ripresa post Covid e dalla guerra in Ucraina il fattore più incisivo sono i profitti nell'eurozona;

   alla proposta del Partito democratico di introdurre il salario minimo e una norma sulla rappresentatività delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, con la conseguente estensione erga omnes dei contratti stipulati dalle medesime organizzazioni, la maggioranza ha saputo contrapporre solo un diniego aprioristico;

   uno dei fattori che maggiormente condizionano l'adeguatezza delle retribuzioni, soprattutto alla luce dell'impennata dei prezzi al consumo, è rappresentato dal mancato rinnovo dei contratti collettivi che, in alcuni casi, risultano scaduti da molti anni;

   anche nel decreto-legge n. 48 del 2023, nonostante l'ampiezza del provvedimento, della questione dei rinnovi dei contratti collettivi non vi è traccia e non vi sono misure volte a indurre le parti sociali a sbloccare la situazione, soprattutto in particolari settori;

   secondo il Cnel, nel 2022, sui 955 contratti collettivi allora vigenti, ne risultavano scaduti ben 591, pari a 6,8 milioni di lavoratori;

   il prolungato mancato rinnovo dei contratti costituisce un'ingiustificabile forma di squilibrio nella distribuzione della ricchezza prodotta, a tutto svantaggio dei lavoratori, soprattutto in una fase di forte pressione sui prezzi, mancando per di più ogni forma di adeguamento di salari e stipendi all'inflazione –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di favorire il rinnovo dei contratti collettivi scaduti, anche attraverso la previsione di apposite misure di premialità laddove il rinnovo intervenga entro la scadenza o di penalizzazione nel caso in cui il rinnovo si protragga oltre i termini fisiologici.

Seduta del 10 maggio 2023

Illustrazione di Arturo Scotto, risposta del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, replica di Arturo Scotto

ARTURO SCOTTO, Grazie Presidente, signor Ministra, avete annunciato urbi et orbi che non approverete mai un salario minimo legale che stabilisca una soglia sotto la quale il lavoro equivale a sfruttamento. Avete, inoltre, negato la possibilità di varare una legge sulla rappresentanza che contribuisca a spazzare via i contratti pirata che hanno precarizzato ulteriormente il mercato del lavoro. Dite, invece, di voler rafforzare la contrattazione collettiva, tuttavia al momento non c'è nemmeno uno straccio di iniziativa per rinnovare i contratti, alcuni dei quali scaduti addirittura da un decennio. Signora Ministra, ci sono quasi 7 milioni di lavoratori che aspettano rinnovi che non arrivano, prima o poi ve ne occuperete?

MARINA ELVIRA CALDERONE, Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente e ringrazio gli onorevoli interroganti. Il tema della contrattazione collettiva rappresenta una questione centrale ai fini della garanzia di livelli salariali adeguati sia rispetto alla qualità della prestazione lavorativa che al contesto socioeconomico di riferimento.

Come ho già avuto modo di ricordare in recenti analoghe occasioni, nel nostro ordinamento la determinazione di un'adeguata retribuzione non è rimessa alla legge, ma è demandata alla libera negoziazione delle parti sociali attraverso lo strumento della contrattazione collettiva, chiamata a definire, in base al settore e al livello di inquadramento dei lavoratori, le condizioni giuridiche ed economiche applicabili. La complessità dell'ordinamento italiano in materia rende, dunque, indispensabile approfondire con rigore e cautela il tema posto dagli onorevoli interroganti. Il problema dell'adeguamento dei livelli salariali è una preoccupazione del Governo, ben consapevole del progressivo impoverimento delle famiglie italiane a causa di politiche economiche e sociali passate non efficaci e, da ultimo, dell'elevata spirale inflazionistica. Il Governo ha messo in campo, sin dalla recente manovra di bilancio, numerosi e significativi interventi a tutela del potere d'acquisto delle famiglie e dei lavoratori, tra i quali il rinnovo del taglio di due punti percentuali del cuneo fiscale e contributivo e l'aggiunta di un ulteriore punto al taglio contributivo per i redditi più bassi.

A ciò si aggiunge quanto previsto nel decreto-legge n. 48 del 2023 nel quale il Governo, consapevole delle difficoltà in cui versano le famiglie italiane, ha disposto l'ulteriore taglio del cuneo contributivo fino a 6 punti percentuali per chi ha redditi fino a 35 mila euro e fino a 7 punti percentuali per i redditi più bassi, fino a 25 mila euro, destinando tutte le risorse rinvenute dal DEF, oltre 4 miliardi di euro, a questa operazione.

Tali interventi sono coerenti con il più generale obiettivo del Governo di garantire retribuzioni dignitose e un percorso di crescita economico e di progressione di carriera rapportato allo sviluppo delle competenze. Come è ben noto agli onorevoli interroganti, abbiamo ereditato una situazione di contratti collettivi complessa; infatti, numerosi sono i contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti e non rinnovati anche da molti anni. È da qui che occorre ripartire, valorizzando e rilanciando gli strumenti di tutela previsti dai contratti al fine di addivenire, in un mondo del lavoro in continuo cambiamento, a soluzioni utili a ridurre la conflittualità tra lavoratore e datore di lavoro. La contrattazione collettiva, che attualmente vede più dell'85 per cento dei lavoratori coperti, ha garantito l'introduzione di una serie di misure che negli anni hanno portato giovamento ai lavoratori in termini di TFR, malattia, ferie, permessi, tredicesima, quattordicesima, previdenza complementare e sanità integrativa. Questo sistema implica già in molti casi che i salari siano più alti di un'ipotetica soglia minima. In questa prospettiva, l'intenzione del Governo è di estendere i contratti collettivi anche a settori lavorativi non ancora censiti, l'attivazione di percorsi interlocutori tra le parti non coinvolti nella contrattazione collettiva, nonché l'estensione dell'efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, rappresentano opportunità e buone soluzioni per garantire un livello dignitoso del salario.

Confermo, altresì, che stiamo approfondendo gli strumenti normativi più idonei a facilitare l'efficace soluzione della problematica del puntuale rinnovo dei contratti collettivi, anche individuando forme di tassazione agevolata dei frutti della contrattazione e degli aumenti salariali in base alle risorse disponibili in bilancio. Infine, sul tema un campo di azione sarà rappresentato nell'immediato futuro dal recepimento della direttiva europea sul salario minimo, da ultimare entro il 15 novembre 2024 che, pur finalizzata a garantire ai lavoratori dell'Unione europea condizioni dignitose, non stabilisce una soglia europea di salario, rimettendo, proprio alla contrattazione collettiva, il compito di individuare l'importo minimo.

ARTURO SCOTTO, Grazie, signor Presidente, la risposta è inadeguata e notarile. Non si può dire approfondiremo, ci sono milioni di lavoratori che aspettano e aspettano da tempo - dieci anni - la formazione professionale, la vigilanza sette anni, i lavoratori del pubblico impiego e, dunque, tocca a lei, tocca al Governo aspettano da tempo il rinnovo del contratto. Nonostante ciò, nel Documento di economia e finanza non avete messo un euro sul rinnovo del contratto del pubblico impiego. Dunque, quando ci viene a smontare l'impalcatura del salario minimo dicendo che è lasciato alla libera contrattazione, deve anche rispondere che farà qualcosa in quella direzione, invece avete un'idea di un Governo che semplicemente si limita a registrare i problemi. Aggiungo che il cuneo, come lei ben sa, non è strutturale ma è temporaneo, per stessa ammissione del Ministro Giorgetti. Allo stesso tempo, però, da sapienti manipolatori avete varato un provvedimento che abusivamente porta il nome del 1° maggio, ma non si è mai visto un 1° maggio dove si tagliano i soldi per i poveri, dove si liberalizzano i contratti precari, dove si aumentano i voucher. Per fortuna c'è la Costituzione - articolo 36 - a stabilire che il lavoro deve essere ben retribuito, e, per fortuna, ci sono i tribunali che lo fanno applicare perché, se dipendesse da voi, la Costituzione verrebbe bullizzata quotidianamente, come dimostrano anche alcuni tentativi di mettere tutto il potere nelle mani dell'uomo o della donna sola al comando. Noi saremo al fianco di quei lavoratori che chiedono diritti, salario, retribuzione.