04/03/2020
Stefano Ceccanti
De Maria, Viscomi, Pollastrini, Raciti, Gribaudo, Fiano, Enrico Borghi
3-01347

Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'adozione da parte del Governo dei provvedimenti per il contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid–19, le eventuali ordinanze sindacali contingibili e urgenti, adottate ai sensi dell'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, dirette a fronteggiare tale emergenza, rischiano di risultare contrastanti con le misure statali;

   in un'intervista pubblicata su la Repubblica il 2 marzo 2020, il Ministro interrogato, difendendo l'accentramento delle decisioni sul contrasto del Coronavirus, ha dichiarato che «nel caso di emergenza, comanda lo Stato», in riferimento alle conseguenze giuridiche di tali ordinanze eventualmente adottate dai sindaci a livello locale;

   di fronte a un caso di emergenza epidemiologica nazionale, anche il servizio sanitario offerto ai cittadini non può che essere coordinato a livello sovraregionale, in modo da assicurare un efficace controllo della diffusione della malattia;

   più in generale – e nella prospettiva del riconoscimento di ulteriori forme di autonomia alle regioni, ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione e del disegno di legge quadro sull'autonomia differenziata attualmente in corso di definizione – è necessario garantire stabilmente l'adeguatezza su tutto il territorio nazionale delle strutture e delle prestazioni sanitarie pubbliche, anche mediante un controllo pubblico a livello territoriale più stringente;

   esistono già nel vigente testo unico degli enti locali strumenti amministrativi per circoscrivere i poteri dei sindaci nei casi di emergenze non limitate all'ambito locale (articolo 50, comma 5) e poteri di indirizzo del Ministro dell'interno (articolo 54, comma 12) senza che questo possa far parlare di indebiti e stabili accentramenti;

   per le competenze legislative il caso di specie sembra dimostrare la necessità di un'esplicita clausola di supremazia statale per dare ordine al sistema –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di impedire il sovrapporsi di prescrizioni adottate a livello locale per il contenimento del Coronavirus, potenzialmente contrastanti tra loro e con le misure adottate a livello nazionale, e se ritenga che sia svolto in maniera omogenea in tutte le aree del Paese un effettivo controllo pubblico sul servizio sanitario.

 

Seduta del 4 marzo 2020

 
Illustrazione di Stefano Ceccanti, risposta del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie Francesco Boccia, replica di Enrico Borghi
 
STEFANO CECCANTI: Grazie, Presidente. Onorevole Ministro, onorevoli colleghi, la nostra domanda è collegata alla precedente ed è per certi aspetti più generale. Tutti noi riteniamo positiva l'esperienza dello Stato delle autonomie da consolidare e da sviluppare. Anche lei sta lavorando in questi mesi per questo obiettivo. Però, in questa situazione di emergenza, tutto ci possiamo permettere come Paese rispetto a voci dissonanti, a indirizzi tra loro divaricanti, che creano ulteriori incertezze nei cittadini sulle normative da applicare.

Ci possono essere normative diverse da un contesto ad un altro, a seconda della gravità dei problemi, ma non ci può essere un indirizzo divaricante. Per questo chiediamo al Governo che cosa intenda fare per prevenire questi casi.

 

FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli Affari regionali e le autonomie: Grazie, onorevole Ceccanti, il quesito posto dal gruppo del Partito Democratico, in effetti, è correlato al quesito precedente e mi consente di completare questa riflessione.

La nostra Costituzione non prevede una clausola di supremazia, così come gli interroganti chiedono in qualunque circostanza e non sancisce questo raccordo e rapporto in alcun modo: la preminenza dello Stato sulle regioni. Però, il complesso delle norme vigenti ci consente di dire con chiarezza che, in caso di emergenza nazionale, decide lo Stato. Mi permetterete con forza di dire: comanda lo Stato, dà indicazioni lo Stato.

Le competenze esclusive statali, in tema di livelli essenziali di prestazioni, nonché di profilassi internazionale, sono disciplinate dal 117, comma secondo, lettera m), e la competenza concorrente in materia di tutela della salute e Protezione civile è definita dal terzo comma, sempre dell'articolo 117. Già da tempo la Corte costituzionale ha chiarito che le ordinanze contingibili e urgenti hanno natura semplicemente di atti amministrativi. Mentre la competenza si radica sui livelli inferiori, fino a quando questi sono da considerarsi adeguati: spetta allo Stato e solo allo Stato, quando il livello regionale per intensità o estensione non possa ritenersi tale.

È evidente che, nel caso di COVID-19, trattandosi di un'epidemia a carattere transnazionale, il livello adeguato per l'individuazione delle misure di contrasto non può che essere quello statale. Lo dico perché è necessario sottolineare come la Corte costituzionale ha da tempo precisato che, anche nelle materie di competenza concorrente, tra le quali è ricompresa quella della tutela della salute, nel caso di inadeguatezza dei livelli regionali, lo Stato può avocare a sé le funzioni amministrative e, conseguentemente, la funzione legislativa.

Ricordo all'Aula le sentenze n. 303 del 2003, n. 6 del 2004 e la sentenza n. 246 del 2019. Lo Stato può, quindi, senz'altro avocare a sé forme di coordinamento dell'organizzazione sanitaria e, ove necessario, la stessa assunzione diretta dei servizi.

Sottolineo, da ultimo, che va ricordata quella sui poteri sostitutivi straordinari del Governo, espressamente previsti dall'articolo 120 della Costituzione, secondo comma, anche per il caso di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica e dell'unità economica.

Lo dico perché penso che, anche senza clausola di supremazia, si possa esercitare fino in fondo il potere dello Stato.

 

ENRICO BORGHI: Grazie, signora Presidente, grazie, signor Ministro. Il Paese è chiamato ad affrontare un'emergenza e, di fronte a questo momento, servono due caratteristiche: da parte della classe dirigente, mantenere i nervi saldi e la testa sul collo e, da parte delle istituzioni, esprimere fino in fondo quel principio di leale collaborazione, che è scritto nella nostra Carta costituzionale.

Noi abbiamo bisogno, quindi, a fronte anche delle sue dichiarazioni, di dire tre “no” e tre “sì”.

Il primo “no” è il “no” al sindacalismo istituzionale, quello per il quale tutte le istituzioni, di fronte a un tema, rivendicano a sé brandelli di competenze. Il secondo no è quello dello scaricabarile, e cioè quello di rilanciare ad altri una responsabilità che è attribuita a se stessi. E il terzo no è quello della cacofonia, quello in cui tutti dicono il contrario di tutto e alla fine non si capisce qual è la reale linea di comando e l'indicazione. E poi tre sì. Il sì all'organizzazione: ci deve essere un'organizzazione profonda nella quale, sul principio di leale collaborazione, ciascuno sa cosa deve fare, senza invadere il campo degli altri, e, conseguentemente, il sì alla responsabilità. E l'ultimo sì è il sì alla logica della clausola di supremazia statale. È vero quello che lei dice, signor Ministro, questo non è scritto nella nostra Costituzione, ma il principio sulla base del quale di fronte a un'emergenza vi è una gerarchia, che non significa una subordinazione dei poteri, ma significa un'organizzazione e una capacità di esprimere una classe dirigente all'altezza di un grande Paese, quale è l'Italia, è la condizione e la premessa sulla quale tutti insieme supereremo questo momento di difficoltà.