25/11/2025
Arturo Scotto
GUERRA, FOSSI, GRIBAUDO, LAUS, SARRACINO, BONAFÈ, GHIO, FERRARI, FORNARO e CASU
3-02343

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel settore della moda, da sempre caratterizzato da eccellenze, negli ultimi anni sta emergendo, in alcuni clamorosi casi, un grave e diffuso ricorso a meccanismi di subappalto che sottende e si poggia su un sistema di caporalato e di condizioni di sfruttamento inaccettabili;

   le inchieste portate avanti dagli organi inquirenti mostrano come prestigiosi marchi della moda siano coinvolti in filiere produttive che sfuggono alla legalità, ricorrendo al caporalato, all'elusione dei controlli e al dumping contrattuale per restare competitivi sui mercati; in questi casi, il meccanismo prende generalmente le mosse dall'affidamento, da parte dell'impresa capofila, di commesse a fornitori che non hanno né dipendenti, né strutture adeguate a garantire i volumi concordati;

   a fronte del ripetersi di tali vicende, anziché adottare le opportune misure per favorire l'ulteriore rafforzamento del sistema dei controlli, per limitare i subappalti a cascata e aumentare la vigilanza da parte dell'impresa capofila, la maggioranza, al Senato della Repubblica, ha approvato una misura, nel disegno di legge sulle piccole e medie imprese (atto Camera n. 2673), volta a riconoscere una sorta di «scudo» nei confronti delle proprie responsabilità per le imprese committenti;

   con tale misura, basterebbe il riconoscimento di un «marchio filiera certificata» e il conseguente inserimento in un registro del Ministero delle imprese e del made in Italy per permettere all'impresa capofila di vedersi riconosciuta la disciplina escludente della responsabilità degli enti di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 231 del 2001, lasciando i lavoratori senza la possibilità di vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento dovuto in caso di sfruttamento dimostrato in giudizio;

   una misura che, come dichiarato dallo stesso presidente della Camera nazionale della moda italiana, non è stata richiesta dalle imprese e non servirà;

   ad avviso degli interroganti si tratta di un'iniziativa che evidenzia la volontà di proteggere i più forti, «condonando» o prevedendo «scudi» per chi viola le regole, al prezzo di mettere a repentaglio beni comuni, come la sicurezza e la dignità dei lavoratori;

   si tratta, ancora una volta, di una misura che, pur incidendo profondamente sulla condizione di lavoratrici e lavoratori, viene introdotta in provvedimenti che sfuggono all'ambito d'azione del Ministro interrogato –:

   se ritenga che lo strumento della filiera certificata sia idoneo a scongiurare pratiche inaccettabili di grave sfruttamento della manodopera in settori di punta come quello della moda o, alternativamente, quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per conseguire tale finalità.

Seduta del 26 novembre 2025

Illustrazione e replica di Maria Cecilia Guerra, risposta della Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone

MARIA CECILIA GUERRA. Grazie, Presidente. Numerose inchieste degli organi inquirenti mostrano come alcuni prestigiosi marchi della moda, settore di eccellenza nel nostro Paese, siano coinvolti in filiere che ricorrono al caporalato e sottopongono i lavoratori a condizioni salariali e di lavoro di grave sfruttamento, fuori da ogni legalità. La risposta a queste vicende è stata, sino ad oggi, una norma proposta dalla maggioranza, che si preoccupa di creare uno scudo nei confronti delle responsabilità a cui la società capofila, committente, è chiamata dal decreto legislativo n. 231 del 2001, attraverso una certificazione acquisita da un soggetto terzo, scelto e pagato dalla committente stessa.

La domanda alla Ministra è molto precisa: ritiene che lo strumento della filiera certificata sia idoneo a contrastare le pratiche inaccettabili di grave sfruttamento in settori di rilievo come, appunto, la moda oppure, in alternativa, intende assumere specifiche iniziative per quanto di sua competenza - e, se sì, quali - per contrastare queste pratiche indegne ed illegali?

 

MARINA ELVIRA CALDERONE, Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, il Governo non ha mai pensato, neppure per un istante, di allentare la presa sul contrasto ai fenomeni illeciti nel mondo del lavoro. Il tema della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché la lotta al caporalato e al lavoro sommerso restano al centro del nostro impegno. Ne è la prova la progressiva crescita del contingente degli ispettori del lavoro e dei Carabinieri per la tutela del lavoro, le nuove assunzioni di ispettori dell'INPS e dell'INAIL - sono circa 1.700 persone in totale - che, grazie anche alla sinergia tra i Corpi ispettivi, hanno portato, in maniera determinante, a raggiungere, nei primi nove mesi del 2025, un numero di 101.568 ispezioni già effettuate e - voglio ricordarlo -, nello stesso periodo del 2022, prima dell'insediamento di questo Governo, le ispezioni raggiungevano la cifra di 47.876, meno della metà.

Molti altri sono stati gli interventi, anche di carattere normativo, adottati negli ultimi anni. Abbiamo intensificato la nostra attenzione, il nostro presidio nei settori particolarmente a rischio, intervenendo sul fronte della sicurezza, anche con la patente a crediti in edilizia. Abbiamo inserito anche il badge di cantiere nell'ultimo decreto Sicurezza, abbiamo implementato il Portale nazionale del lavoro sommerso, abbiamo reintrodotto il reato di somministrazione illecita di manodopera, stiamo lavorando ulteriormente per rafforzare la rete del lavoro agricolo di qualità. Tutto questo per dire che noi, certamente, non ci fermiamo di fronte a quelli che sono i presidi necessari a tutela del lavoro e del lavoro sicuro.

Attraverso la certificazione di conformità delle filiere della moda, cui si fa riferimento, si intende anche intensificare quelli che sono, invece, gli strumenti di controllo rispetto alla filiera e, quindi, anche rispetto al settore dei subappalti. Per noi, per il Ministero del Lavoro, vuol dire utilizzare anche una leva importante nella fase di scrittura del decreto interministeriale per fare in modo che questa forma di certificazione possa essere quanto più simile al concetto di rete agricola di qualità e, quindi, di presidio di quella che veramente deve essere un'attenzione su tutta la filiera e sul rispetto integrale di quelle che sono le norme in materia di lavoro e in materia di sicurezza sul lavoro. Noi non abbassiamo il presidio, non abbassiamo l'attenzione, mettiamo a disposizione strumenti e siamo pronti a metterne in campo anche degli altri.

 

MARIA CECILIA GUERRA . Grazie, Presidente. Grazie, Ministra, la sua risposta non mi soddisfa, perché non è puntuale su un tema specifico su cui voglio richiamare la sua attenzione. Noi non siamo contrari alla certificazione della filiera, che può essere uno strumento che ha altre finalità; quello che noi non vogliamo è che questo strumento diventi un'esimente rispetto alle responsabilità. Come c'è scritto in quella norma, c'è scritto esplicitamente. Noi abbiamo già - e lei li condivide sicuramente - degli strumenti, quelli che sono stati messi in piedi, dal decreto legislativo n. 231 del 2001, come il modello organizzativo e gestionale, che serve a prevenire quei fenomeni, ma nessuno si è mai sognato di dire, fino adesso, che se quel modello, ancorché domani certificato, poi non funziona, perché non ci hai messo le risorse adatte, perché non si fanno le ispezioni, perché non ci sono le persone competenti e, quindi, ha dei buchi grandi come una casa, non ci sia anche una responsabilità dell'impresa. Qui abbiamo un fenomeno che è chiaro, viene fuori da tutte le indagini e sta buttando delle schifezze su un settore di eccezione, come è la moda per noi.

Abbiamo una società capofila che affida commesse a fornitori che non sono in grado di svolgerle perché non hanno il personale, perché non hanno le strutture, e questi diventano i capifila di una rete di subappalti in cui si manifestano delle cose che gridano vendetta e su cui la chiamo con tutta la mia forza - e so che lei può esserci - a contrastarle, perché sono sfruttamenti indegni: persone costrette a lavorare un numero di ore spropositato, a vivere in ambienti insalubri, ad essere bastonate se protestano.

Ora, noi non vogliamo che quelli che protestano si trovino di fronte a un soggetto che è tolto da ogni responsabilità perché ha pagato e scelto una società di certificazione che ha detto: tu sei a posto.

Non è così. Anche le imprese che soffrono la concorrenza di quella schifezza che vediamo nei subappalti ci stanno dicendo: non va bene. I sindacati tutti stanno dicendo: non va bene. Lei non può dire: cercheremo di rimediare in sede di attuazione. Fermi quella norma. È in suo potere, la materia è sua. Anche se le lamentano sempre, tutte le cose del lavoro, le dobbiamo, però, andare a prendere in emendamenti sparsi, in decreti o in disegni di legge che non c'entrano niente con la materia del lavoro.