09/06/2021
Emanuele Fiano
Serracchiani, Ceccanti, Incerti, Ciampi, Giorgis, Mauri, Pollastrini, Raciti, Lorenzin, Berlinghieri.
3-02315

Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa sembrerebbe che la giovane pachistana Saman Abbas, di appena 18 anni, scomparsa da più di un mese nelle campagne reggiane, dopo essersi rifiutata di sposare in matrimonio forzato un connazionale in patria, sarebbe stata drammaticamente uccisa dallo zio e da due cugini con la complicità dei genitori;

   la studiosa Tiziana Dal Pra avrebbe valutato in almeno un migliaio i matrimoni combinati all'anno all'interno delle comunità straniere che risiedono nel nostro territorio, molti dei quali, come nel caso di Saman, finiscono per essere veri e propri matrimoni forzati, dagli esiti tragici in presenza di un rifiuto da parte delle donne ad accettare questa pratica;

   del resto la stessa Ucoii – l'Unione delle comunità islamiche in Italia, una delle organizzazioni islamiche più rappresentative – ha condannato la pratica dei matrimoni forzati «in quanto pratica deplorevole» e ha auspicato un «impegno comune contro i fondamentalismi», mentre nel parere religioso emanato il 3 giugno 2021, ha scritto che «il matrimonio è una relazione che non può che basarsi su un consenso libero e volontario, senza coercizione o costrizione»;

   qualora la drammatica ipotesi al vaglio degli inquirenti venisse confermata, ci si troverebbe di fronte all'ennesimo episodio di intollerabile violenza legato alla pratica del matrimonio forzato, come nel caso, per esempio, della morte di Shahnaz Begum, uccisa a sassate in provincia di Modena dal marito per aver difeso la figlia Nosheen che si era opposta a un matrimonio imposto o nel caso della morte di Sanaa Cheema, 25 anni, pakistana in Italia da molti anni, sgozzata da padre e fratello perché aveva l'intenzione di vivere libera e sposare un italiano;

   in attesa che le indagini in corso definiscano in maniera inequivocabile questa vicenda, si ribadisce con forza che nel nostro Paese non sarà mai ammissibile che possano applicarsi «leggi» tradizionali parallele e sanguinarie che si sovrappongano o contrastino la legge dello Stato, né che si possano obbligare le donne a matrimoni forzati, né che in ogni modo possa essere accettata nessuna disumana concezione della donna che la ponga in una condizione di minorità –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per contrastare il fenomeno dei matrimoni forzati e i tragici avvenimenti che spesso ne conseguono a fronte del rifiuto di molte giovani donne di accettare tale pratica.

Seduta del 9 giugno 2021

Illustrazione di Antonella Incerti, risposta della Ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, replica di Emanuele Fiano

ANTONELLA INCERTI. Grazie, Presidente. Signora Ministra, da notizie a mezzo stampa sembrerebbe che la giovane pachistana Saman Abbas, di appena 18 anni, scomparsa da più di un mese nelle campagne reggiane, dopo essersi rifiutata di sposare in matrimonio forzato un connazionale in patria, sarebbe stata drammaticamente uccisa dallo zio e da due cugini con la complicità dei genitori. Sappiamo che non è un caso isolato, ma ci sono migliaia di casi di matrimoni combinati all'interno di comunità di stranieri che finiscono per essere forzati.

Qualora questa drammatica ipotesi al vaglio degli inquirenti venisse confermata, saremmo di fronte all'ennesimo episodio di intollerabile violenza legato a questa pratica. In attesa che le indagini definiscano in modo inequivocabile questa vicenda, ribadendo con forza che nel nostro Paese non sarà mai ammissibile che possano applicarsi “leggi” parallele e sanguinarie in contrasto con la legge dello Stato, che si possano obbligare le donne a matrimoni forzati o, comunque, a qualsiasi condizione femminile di minorità, chiediamo, signora Ministra, quali provvedimenti urgenti il Governo intenda prendere per contrastare il fenomeno dei matrimoni forzati e ciò che tragicamente ne consegue per quelle donne che si rifiutano di accettare questa pratica e, cioè, il loro femminicidio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

LUCIANA LAMORGESE, Ministra dell'Interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, gli onorevoli interroganti, traendo spunto dal tragico fatto di cronaca che ha riguardato la giovane cittadina pachistana Saman Abbas, richiamano l'attenzione sul fenomeno dei matrimoni forzati, che pare costituisca lo sfondo della suddetta vicenda, chiedendo quali iniziative il Governo intenda assumere per contrastare tale odiosa forma di violenza. Premetto che l'antidoto più efficace è sicuramente costituito da un'estesa azione di rete capace di coinvolgere gli attori istituzionali nelle loro diverse competenze e il mondo dell'associazionismo, per una diffusa opera di prevenzione e di sensibilizzazione culturale del rispetto e della parità di genere da realizzare in ogni ambito della vita.

L'Italia, nel corso degli anni, ha compiuto notevoli passi in avanti nel dotarsi di un'adeguata cornice normativa per rafforzare la tutela dei diritti della donna. In questo senso, è da ricordare, sul piano internazionale, la ratifica nel 2013, da parte del nostro Paese, della Convenzione di Istanbul del 2011 contro la violenza di genere, mentre, a livello interno, abbiamo posto in essere una serie di misure normative orientate alla promozione attiva della parità di genere e alla repressione della violenza sulle donne. Uno dei più recenti interventi è rappresentato dal cosiddetto “Codice rosso”, che ha ampliato le tutele per le vittime, introducendo nuove fattispecie criminose, tra le quali l'articolo 558-bis del codice penale, che punisce la costrizione e l'induzione al matrimonio circondando tale condotta da una rete di circostanze aggravanti.

Sul piano operativo, ricordo l'impegno delle Forze di polizia in diverse campagne di sensibilizzazione e informazione destinate anche al mondo della scuola, perché è essenziale che la cultura del rispetto diventi parte del processo di crescita e maturazione civica dei giovani. Ricordo anche che le Forze di polizia utilizzano avanzate prassi operative, in virtù delle quali grande attenzione è posta dalla valutazione delle situazioni di particolare vulnerabilità delle vittime, originate in contesti familiari, condizionati da difficoltà di ordine economico e sociale o da retaggi culturali. Sotto quest'ultimo profilo bisogna affermare che in nessun modo le differenze culturali possono esimere da una piena adesione ai principi di fondo sui quali si basa la nostra società, come l'eguaglianza di genere e il rispetto della dignità umana che permea di sé il quadro dei valori costituzionali.

Nella forte convinzione che il traguardo della parità di genere, cruciale per il futuro di tutte le società democratiche, richieda uno sforzo costante in un'ottica di perfezionamento continuo, assicuro che il Governo è al lavoro su interventi volti a migliorare la sicurezza delle donne e a condividere, in seno al tavolo per le relazioni con l'Islam italiano, i necessari percorsi per una maggiore integrazione.

Infine, informo che il Ministro per le Pari opportunità sta curando la predisposizione del nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, nell'ambito del quale un'attenzione specifica sarà dedicata proprio al tema dei matrimoni forzati.

 

EMANUELE FIANO. Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, anche per il suo lavoro quotidiano. La ringrazio per le cose che lei ci ha detto e, purtuttavia, non posso e non possiamo tutti noi che rimanere sgomenti di fronte all'efferatezza di quello che abbiamo sentito raccontare anche dal fratello della vittima. Per questo, io penso che, in particolare su una delle iniziative che lei ha illustrato oggi, cioè sul tavolo delle comunità islamiche - il quale sia propedeutico a sviluppare con il Governo percorsi per l'integrazione -, lì debbano essere messi dei punti fermi. Noi siamo, come è ovvio, il Partito Democratico è, per tutte le politiche possibili di sviluppo dell'integrazione. Quella integrazione, da parte delle comunità islamiche che, appunto, collaborano con il Governo, non può in alcun momento sottacere la prevalenza dei principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, che mai in alcun modo potranno soggiacere ad altre pratiche o tradizioni, familiari o etniche. Su quel punto dell'integrazione si gioca, secondo noi, una parte del futuro di questo Paese, del futuro delle donne, del futuro dei diritti. In alcun modo la pratica del femminicidio, che sia questo fenomeno di cui stiamo parlando in queste ore o quello molto esteso, purtroppo, che accade in molte case italiane, può lasciarci inerti; in alcun modo l'indifferenza della constatazione che sono fenomeni che purtroppo accadono può influenzare l'attività del legislatore o del Governo.

Per questo, la ringraziamo della risposta, ci riteniamo soddisfatti, ma la invitiamo ad essere molto decisa nella questione dell'integrazione, che deve sicuramente essere un processo positivo, ma che passa da regole che in alcun modo possono essere calpestate.