07/05/2024
Marco Furfaro
BRAGA, BONAFÈ, SARRACINO, CIANI, GIRELLI, MALAVASI, STUMPO, CUPERLO, FORNARO, MAURI, TONI RICCIARDI, GHIO, FERRARI e CASU
3-01187

Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Servizio sanitario nazionale sta attraversando una grave crisi di sostenibilità e di sotto-finanziamento con interminabili liste di attesa, rinuncia alle cure per chi non può permettersi la sanità privata, pronto soccorso affollatissimi, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia, enormi diseguaglianze regionali, migrazione sanitaria, carenza di personale;

   secondo l'ultimo rapporto pubblicato da Gimbe «L'autonomia differenziata in sanità», emerge un quadro poco edificante rispetto all'applicazione dei livelli essenziali di assistenza;

   nel periodo 2010-2019 tra le prime 10 posizioni non c'è nessuna regione del Sud, mentre le tre regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nei primi cinque posti;

   nel 2020 delle 11 regioni adempienti l'unica del Sud è la Puglia, a cui nel 2021 si aggiungono Abruzzo e Basilicata;

   rispetto alla mobilità sanitaria il report conferma la forte capacità attrattiva delle regioni del Nord e la fuga da quelle del Centro-Sud (tra il 2010 e il 2021 tutte le regioni del Sud, ad eccezione del Molise, hanno accumulato un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro, mentre tra le prime tre posizioni per saldo attivo si trovano le tre regioni che hanno richiesto maggiori autonomie);

   l'indebolimento dei servizi sanitari nel Mezzogiorno rischia di generare un «effetto paradosso» nelle regioni del Nord che, per la grave crisi di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, non possono aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e prestazioni sanitarie, con la conseguenza che l'incremento della mobilità verso queste regioni rischia di peggiorare l'assistenza sanitaria per i propri residenti;

   tutte le regioni del Mezzogiorno (eccetto la Basilicata) si trovano insieme al Lazio in regime di piano di rientro, con Calabria e Molise addirittura commissariate, status che impone una «paralisi» nella riorganizzazione dei servizi e l'impossibilità di avanzare richieste di maggiori autonomie in sanità;

   in definitiva, il report conferma la persistenza di forti disparità e disuguaglianza tra i 21 sistemi sanitari con il venir meno del principio di universalità, uguaglianza ed equità, base del Servizio sanitario nazionale;

   l'esame del disegno di legge sull'autonomia differenziata, all'interno di un quadro già così critico, ad avviso degli interroganti non può che portare al tracollo del Servizio sanitario nazionale e al venir meno del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di attuare pienamente l'articolo 32 della Costituzione ed evitare il collasso del Servizio sanitario nazionale conseguente all'amplificarsi delle disuguaglianze già esistenti a seguito della maggiore autonomia in materia sanitaria richiesta da alcune regioni.

Seduta dell'8 maggio 2024

Illustrazione di Ilenia Malavasi, risposta del Ministro della Salute, replica di Marco Furfaro

ILENIA MALAVASI, Grazie, Presidente. Oggi il Sistema sanitario nazionale versa in una situazione precaria: abbiamo 21 sistemi sanitari regionali differenti, che penalizzano le regioni del Sud rispetto al Nord, con un'aspettativa di vita inferiore, un tasso di mortalità superiore, un investimento sui servizi sociali al Sud 100 volte inferiore rispetto al Nord, e nessuna regione del Sud che sta tra le prime 10 per l'erogazione dei LEA. Una situazione che fotografa un divario tra Nord e Sud importante, che divide i cittadini in cittadini di serie A e di serie B, contro quei princìpi di uguaglianza, universalità ed equità su cui si fonda il Sistema sanitario nazionale. Di fronte a questa situazione, però, la scelta del Governo è quella dell'autonomia differenziata, che spaccherà il Paese e distruggerà il Sistema sanitario nazionale definitivamente. Stiamo, di fatto, rinunciando alla più grande conquista del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia, per uno scambio tutto interno alla maggioranza tra i fautori dell'autonomia e quelli del presidenzialismo, a discapito dell'unità del Paese. Ci chiediamo dunque - perché non ci accontentiamo di slogan, parole vuote e proclami illusori - e pretendiamo di sapere, signor Ministro, cosa pensa di fare per garantire il diritto alla salute, evitare il collasso del Sistema sanitario nazionale e contenere quelle disuguaglianze che aumenteranno anche a causa della scelta scellerata dell'autonomia sanitaria..

ORAZIO SCHILLACI, Ministro della Salute. Mi preme ringraziare gli onorevoli interroganti, che mi danno l'opportunità di affrontare il tema dell'autonomia differenziata, sul quale ritengo utile fornire alcune precisazioni per rassicurare sulla persistenza della caratteristica dell'equità nell'ambito del nostro Servizio sanitario nazionale, che ne costituisce uno dei tratti fondamentali.

Come dagli interroganti testualmente riportato, il Sistema sanitario nazionale sta attraversando una grave crisi di sostenibilità e sottofinanziamento, con interminabili liste d'attesa. Questo dipende dal fatto che oggi abbiamo meno medici di quelli che servono, perché negli ultimi 10 anni non si è fatta programmazione. Parliamo di lunghe liste d'attesa, senza che nessuno abbia mai mappato realmente la situazione e compreso come intervenire. Servono più fondi perché in troppi casi, nel passato, si sono sprecati i soldi per inefficienza e incapacità manageriali. Abbiamo enormi diseguaglianze perché in troppe regioni la sanità è stata maltrattata anche da chi non si oppone al metodo indegno di bloccare le liste per le prestazioni.

Il Ministero della Salute è impegnato in via prioritaria a restituire ai cittadini un equo accesso alle cure per l'uniforme fruizione in tutto il territorio nazionale dei LEA, che, negli anni passati, non è stata pienamente garantita. Questo obiettivo strategico viene conseguito rinforzando dal punto di vista della dotazione finanziaria il sistema, ma anche adeguando il modello di Governo del rapporto tra Stato e regioni. Sotto il profilo operativo, si sta adottando un modello di programmazione sanitaria centrato sullo strumento del Piano sanitario nazionale, che testimonia la volontà di passare da una governance pattizia, il cui strumento è stato il Patto per la salute, ad una reale governance condivisa, in cui Stato e regioni si assumono responsabilità davvero condivise verso tutti i cittadini. Il Piano sanitario nazionale segna un cambio di passo nelle relazioni tra livello centrale e regionale. Il cambiamento è possibile anche dalla capacità di utilizzare dati sempre più granulari, integrabili con l'investimento tecnologico nel sistema dei dati sanitari, che permetterà di comprendere il fabbisogno di salute con un modello nazionale di classificazione e stratificazione dei bisogni, il fabbisogno finanziario, e valutare le reali performance dei sistemi regionali, potendo così garantire il rispetto dei LEA.

Il disegno di legge sull'autonomia differenziata non mette in discussione l'unitarietà del diritto alla tutela della salute, ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione, come diritto e prerogativa di cittadinanza, così come declinato attraverso i LEA, ma rappresenta un potenziamento delle facoltà delle regioni di modulare la propria organizzazione dei servizi sanitari nel rispetto dei LEA. Ricordo a questo proposito che il concreto rischio di creare diseguaglianze tra 21 sistemi sanitari regionali diversi risale alla decisione, presa peraltro a ristretta maggioranza, di modificare, nell'ormai lontano ottobre 2001, l'assetto costituzionale delle competenze legislative in materia sanitaria. In questo senso, i LEA costituiscono l'unica vera garanzia che in materia vengano determinati a livello statale e garantiti su tutto il territorio nazionale. In questo ambito, il Ministero della Salute è fortemente attivo, implementa e aggiorna il contenuto delle prestazioni comprese nei LEA. Gli indicatori scelti per il monitoraggio e la valutazione a livello nazionale dei LEA, anche con i PDTA, prescindono da modelli organizzativi regionali, misurano gli effetti attesi in termini di tipologia di prestazioni, tempistiche ed esiti clinici. In questo modo è possibile confrontare i valori degli indicatori con modelli organizzativi regionali diversi, fornendo un importante strumento di informazione per individuare le scelte organizzative migliori. Le misure di potenziamento sono tutt'altro che interventi parziali e privi di visione d'insieme, ma sono dedicate ad accompagnare la fondamentale riforma dell'assistenza territoriale con un modello sistemico, per garantire una sempre maggiore assistenza di prossimità e trasformare in senso digitale il Servizio sanitario nazionale. Per quanto riguarda l'analisi dei dati di spesa sanitaria, appare evidente che questi sono condizionati anche dalla realtà economica delle singole regioni italiane. In sostanza, le differenze tra Nord e Sud sono ben note e riguardano la sanità come altri ambiti della vita economica e sociale della nazione, ma tra gli obiettivi primari del mio Ministero resta fermo l'impegno ad agire con decisione per ridurre le differenze, rinforzando la capacità del Ministero stesso e degli enti a supporto - Agenas, AIFA e Istituto superiore di sanità - di indirizzo, programmazione e monitoraggio del sistema sanitario, specie nell'ambito del nuovo sistema di garanzia dei LEA.

Concludo, dicendo che riformare un sistema sanitario nazionale prosciugato di risorse e svaligiato dai gettonisti necessita tempo, che fin da subito stiamo impegnando al meglio, supportati dalle regioni che realmente sono interessate a garantire a tutti il diritto alla salute.

MARCO FURFARO, Grazie, Presidente. Ministro, io non credo che davanti a questa Italia noi possiamo aspettarci solo risposte che trovano alibi nel passato, perché governate qui ed ora e c'è un'Italia che proprio non riuscite a vedere. Le racconto la storia di due ragazzine, Marta e Lara. Marta e Lara hanno entrambe 15 anni ed entrambe sono malate di anoressia, però, Marta vive a Firenze e, grazie alla sanità pubblica, viene curata in modo tempestivo e appropriato; Lara, no, perché vive in Molise e, come sa, in Molise non esiste una struttura residenziale per i disturbi del comportamento alimentare. Allora, Lara e la sua famiglia sono costrette a spostarsi fuori regione, costrette a sentirsi dire: non c'è posto per te; il padre deve licenziarsi per seguire la figlia e la madre passa il tempo a chiedere prestiti agli amici perché i soldi non bastano più.

È la storia di Lara, ma, come sa, potrebbe essere la storia di un malato oncologico delle Madonie, di un cardiopatico in Irpinia, di un diabetico della Sila, è la storia di un Paese, caro Ministro, in cui la sanità pubblica dovrebbe essere accessibile a tutte e a tutti, ma, invece, a seconda di dove nasci o cresci diventa un privilegio di pochi, anche, Ministro, per la sua “annuncite” sui LEA, che ogni volta non vengono definiti o vengono rimandati e, ora, con l'autonomia differenziata volete dare un colpo mortale al diritto alla salute, come diritto universale.

Lei non vuole dirlo, da Ministro, ma lo sa, da medico; glielo ricordo con le parole di un suo collega, Filippo Anelli, presidente dell'ordine dei medici chirurghi: “Il risultato dell'autonomia differenziata sarà la scomparsa della sanità pubblica. I medici andranno tutti a lavorare dal governatore Zaia, che potrà aumentargli gli stipendi, e i cittadini del Sud dovranno accontentarsi di cure di serie B”, di serie B, Ministro, perché appena l'autonomia differenziata diventerà realtà - lei conosce bene i dati - quel poco di sanità che ancora regge al Sud collasserà, provocando un ulteriore esodo di pazienti verso il Nord.

E in un Paese in cui mancano 30.000 medici e 70.000 infermieri, il risultato sarà saturare ancora di più la sanità di altre regioni, facendo diventare le liste d'attesa infinite. I ricchi si rivolgeranno al privato, ma i più poveri dovranno rinunciare alle cure, cosa che oggi accade già per oltre 4 milioni di persone. State portando il Servizio sanitario nazionale al collasso, con un obiettivo chiaro: affossare la sanità pubblica per promuovere e ingrassare il business della sanità privata e in tutto questo la cosa più paradossale è che lo state facendo definendovi “patrioti”, ma la vostra Patria non è l'Italia, è l'interesse di pochi ai danni di molti. State costruendo un Paese in cui per curarsi non servirà più la tessera sanitaria, ma la carta di credito. Non ve lo permetteremo, perché con tutto il rispetto noi vogliamo ben altro, vogliamo un'Italia che non lasci indietro nessuno.