02/07/2024
Chiara Braga
SCHLEIN, BONAFÈ, CIANI, GHIO, TONI RICCIARDI, DE LUCA, FERRARI, MORASSUT, ROGGIANI, DE MARIA, CASU, FORNARO, DI BIASE, SCOTTO, GUERRA, FURFARO, MANZI, GRIBAUDO, QUARTAPELLE PROCOPIO, SERRACCHIANI, FORATTINI, BAKKALI, MALAVASI e IACONO
3-01306

Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati Inps, nei primi 5 mesi del 2024 il 40 per cento delle donne lavoratrici con due e più figli non ha ancora richiesto il «bonus mamme», previsto dalla legge di bilancio per il 2024;

   una misura che sin dalla sua presentazione ha destato molte riserve e critiche, tenuto conto che non si tratta di una misura strutturale, ma riservata al solo 2024 per le lavoratrici con due figli e fino al 2026 per quelle con tre o più figli e, soprattutto, perché non solo non prevede un tetto di reddito per la sua fruizione, ma addirittura esclude le lavoratrici con contratti di lavoro diverso da quello a tempo indeterminato, le lavoratrici autonome e le collaboratrici domestiche;

   il bonus è stato accompagnato anche da una certa incertezza comunicativa con riferimento al reale importo del beneficio massimo dei 3.000 euro annui, che al netto delle imposte si riduce a 1.700 euro netti. Altrettanto per quanto concerne il paradossale meccanismo di applicazione in base al quale il suddetto beneficio massimo è riconosciuto alle lavoratrici con un reddito annuo di 27.500 euro, mentre per quelle con redditi inferiori si riduce;

   la quota di contratti stabili, come rilevato dall'Inapp, incide per il 20 per cento su quelli maschili e per il 15 per cento su quelli femminili. Il 49 per cento dei nuovi contratti delle donne è a tempo parziale, contro il 26,2 per cento degli uomini;

   il Governo ha fatto proclami sul sostegno alla natalità, ma ad avviso degli interroganti ha sbagliato strumento, comunicazione e target rispetto all'obiettivo. È l'occupazione di qualità e stabile che va sostenuta per le lavoratrici fragili, poco pagate e precarie. Si è scelto invece un «premio» alle mamme più feconde e con lavori sicuri e meglio retribuiti, un bonus che non rappresenta un reale incentivo alla natalità;

   più opportunamente, si sarebbero dovute indirizzare tali risorse sul congedo paritario, uno strumento che, invece, consente alle lavoratrici madri di non perdere il lavoro stabile, di non dover accettare lavoretti saltuari, di non dover ricorrere ai part time, di non rinunciare alla carriera –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di rivedere la strategia per il sostegno reale alle famiglie e per la maternità, garantendo condizioni di lavoro e di conciliazione per le lavoratrici che consentano di superare i nodi strutturali che incidono sulla condizione delle donne nel lavoro e nei carichi familiari.

Seduta del 3 luglio 2024

Illustra Ilenia Malavasi, risposta della Ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, replica di Lia Quartapelle Procopio

ILENIA MALAVASI, Grazie, Presidente. Secondo i dati dell'INPS, nei primi cinque mesi del 2024, il 40 per cento delle donne con due o più figli, non ha avuto accesso o non ha fatto richiesta per il bonus mamme.

E' una misura che riteniamo discutibile ed iniqua, anche perché non è una misura strutturale e, soprattutto, esclude le lavoratrici che hanno contratti di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato, comprese le lavoratrici autonome e le collaboratrici domestiche.

Ci sembra proprio, in realtà, un bonus che vuole premiare le donne che decidono di fare più figli, le donne che hanno i lavori più sicuri e quelli meglio retribuiti, ben sapendo come, invece, le donne sono discriminate sul lavoro, hanno spesso contratti non stabili, molto inferiore rispetto agli uomini e a tempo parziale per il 49 per cento dei contratti.

Di fronte a questa scelta, che non abbiamo condiviso e rispetto alla quale crediamo invece ci sia bisogno di investire su un'occupazione di qualità, dando strumenti veri di conciliazione alle donne, chiediamo alla Ministra Roccella quali sono le iniziative urgenti di competenza che intenda adottare al fine di rivedere la strategia e dare un reale sostegno alle famiglie e alle donne per sostenere la loro vita e la loro scelta di maternità..

EUGENIA ROCCELLA, Ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità. Grazie, e grazie anche per il quesito, che consente anche di ristabilire la verità rispetto a dei dati che sono parziali e quindi fuorvianti e che sono circolati, appunto, in questi giorni.

È un fatto che le politiche del Governo stiano producendo importanti risultati per l'occupazione femminile, che ha registrato in questi mesi una crescita mai vista, in particolare per il lavoro a tempo indeterminato. Sappiamo anche come la fascia critica per le donne lavoratrici sia immediatamente dopo la maternità. Per questo, abbiamo prestato particolare attenzione alle madri lavoratrici e, più in generale, ai genitori lavoratori. Fra gli interventi messi in campo, c'è una corposa decontribuzione che - come è noto - è prevista, per il triennio 2024-2026, per le mamme con almeno tre figli e, per l'anno 2024, in via sperimentale, per le madri con due figli. L'esonero contributivo riguarda tutti i rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, pubblici e privati, compreso il settore agricolo, eccetto solo il lavoro domestico. Il fatto che misure così impattanti siano avviate in via sperimentale per vagliarne nel tempo l'efficacia e indirizzare le scelte successive dovrebbe essere motivo di plauso e non di preoccupazione. Se lo stesso metodo fosse stato adottato in passato, ad esempio con superbonus edilizi, forse ora non ci ritroveremmo nella situazione in cui invece purtroppo ci troviamo.

Veniamo all'efficacia. Gli ultimi dati INPS segnalano, in realtà, un'incoraggiante e crescente adesione: nei primi cinque mesi, l'accesso alla misura è stato infatti richiesto da oltre il 74 per cento degli aventi diritto, cioè da tre donne su quattro. Un buon risultato confrontandoli con altri e considerato che c'è stato bisogno di un tempo congruo per gli adempimenti applicativi da parte sia dello Stato che dei datori di lavoro. In ogni caso, per farsi un'idea, basti pensare che una misura ampia e molto pubblicizzata come l'assegno unico, dopo un anno dall'entrata in vigore, non aveva ancora raggiunto la piena adesione. Solo con sforzi ulteriori, anche da parte del nostro Governo, si è arrivati a una percentuale soddisfacente.

C'è dunque una fisiologica necessità di tempo, come è stato anche per altre forme di decontribuzione promosse da passati Governi. Per le lavoratrici madri aventi diritto alla decontribuzione, comunque, qualora ancora non ne usufruiscano, sarà comunque possibile in qualunque momento avvalersi del beneficio.

Il nostro Governo ritiene che le misure di sostegno al reddito e alla conciliazione, con particolare riguardo alla cura dei figli, siano un punto caratterizzante delle politiche familiari e delle pari opportunità. Anche per l'OCSE gli strumenti legati al lavoro e alla conciliazione sono fra quelli più efficaci in chiave demografica.

A questo approccio abbiamo dato sostanza con la misura di cui oggi parliamo, con l'aumento dei congedi parentali dello stesso assegno unico, con l'incremento dei contributi per gli asili nido (che, dal secondo figlio, abbiamo reso praticamente gratuiti), con il finanziamento dei centri estivi e altre ancora.

Noi consideriamo la sussidiarietà un criterio fondamentale e riteniamo che solo attraverso la libertà, gli incentivi e gli strumenti di sostegno, le lavoratrici e i lavoratori possono scegliere quali forme dare alla loro armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro. Per questo, non reputiamo efficaci e adeguate le proposte incentrate su obblighi e sanzioni.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Ministra, non siamo soddisfatte. Proprio perché si tratta di un grande tema nazionale, la inviteremmo a evitare paragoni sconvenienti, come quello di paragonare una donna a un appartamento, e la inviteremo a fare il suo dovere, che è quello di attuare le misure che questo Parlamento ha deciso. È nostro dovere indicare al Governo quando quelle misure non sono attuate ed è dovere del Governo attuarle. Perciò, se ci fosse anche solo una donna che ha diritto, secondo una legge dello Stato, di avere uno sgravio fiscale e quella donna non lo richiede, sarebbe nostro dovere rappresentarla e suo dovere andarla a cercare e restituirle quel diritto.

Io qui ho una domanda molto semplice, molto semplice: perché i lavoratori, che hanno diritto agli sgravi fiscali previsti sotto una certa soglia di reddito, ricevono questi sgravi fiscali in busta paga, mentre alle donne, che lavorano e che hanno due o più figli, è richiesto da questo Governo di richiedere quello che è un loro diritto? Perché questo diritto non è automatico? Perché voi volete fare fatica alle donne. Questa è la realtà.

Allora, mi dispiace, Ministra, ma questo è quello che noi dobbiamo sottolineare e mi dispiace - mi dispiace molto - che sia così. Lo Stato sa quante donne hanno figli, quanti figli ha ciascuna donna e il tipo di lavoro, dipendente o meno, che hanno.

Quindi, chiediamo che questa misura, se deve essere fatta, sia automatica. Sa perché questa misura non è automatica? Perché voi non state attenti alla fatica delle donne e, soprattutto, perché la misura è scritta male. Voi l'avete scritta male perché la Ragioneria dello Stato è attenta a che questi soldi non vengano spesi.

Allora, quest'Aula, se deve essere attenta al tema della natalità, deve fare le cose seriamente. Mi lasci concludere con un consiglio: quei soldi, che la Ragioneria dello Stato pensa di avere risparmiato, noi consigliamo di inserirli su delle misure che incentivano, per esempio la proposta del PD sull'incentivo sui bonus baby-sitter, oppure su un aumento del congedo di paternità.