Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 27 della Costituzione, che stabilisce i principi della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena, sancisce, con il comma terzo, che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
con la legge 26 luglio 1975, n. 354, l'impianto dell'ordinamento penitenziario ha posto i valori dell'umanità e della dignità alla base del trattamento;
sul canale YouTube del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è apparso un video promozionale del calendario del Corpo di polizia penitenziaria per l'anno 2025;
a giudizio degli interroganti il video, al pari degli scatti del calendario, ritrae scatti e momenti finalizzati a trasmettere una narrazione sul lavoro degli agenti della polizia penitenziaria tutta orientata alla repressione e all'aspetto punitivo; si vedono agenti in tenuta anti-sommossa, armati con pistole e altre armi da fuoco, intenti in esercitazioni per immobilizzare i detenuti;
nel comunicato stampa del Ministero di presentazione dell'iniziativa, «Il nuovo volto della polizia penitenziaria», si legge come il tema scelto per l'edizione 2025 del calendario della polizia penitenziaria sia quello della formazione e vi sono riportate dichiarazioni del Sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, che ha evidenziato la specializzazione, non comune a nessun'altra polizia in Europa, di gestire le carceri «riuscendo nel delicato compito di miscelare continuamente l'uso legittimo della forza con il trattamento rieducativo dei detenuti», sebbene non vi sia traccia di quest'ultimo nelle immagini apparse in rete –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di scongiurare il rischio che l'immagine del lavoro quotidiano degli agenti della polizia penitenziaria sia tutta orientata all'aspetto repressivo e punitivo, come appare rappresentato nell'edizione del calendario 2025 promossa dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dimenticando la funzione costituzionalmente prevista per l'esecuzione della pena, che deve essere tesa, anche in termini di prevenzione della recidiva, all'aspetto rieducativo delle persone recluse e se non ritenga dunque, per queste ragioni, di valutare l'opportunità di ritirare il prodotto editoriale in oggetto.
Seduta dell'11 dicembre 2024
Illustrazione di Debora Serracchiani, risposta del Ministro della Giustizia, replica di Michela Di Biase
DEBORA SERRACCHIANI, Grazie, Presidente. Ministro, questo è il calendario della Polizia di Stato: vi sono poliziotti in ospedale con un bambino, qui abbracciano degli immigrati all'arrivo, qui ci sono i Carabinieri, sono sempre con un bambino, qui salvano un'anziana. Calendario della Polizia penitenziaria, addestramento a marzo, addestramento commesso a terra e contenimento fisico di una persona con tre poliziotti addosso; aprile, agenti antisommossa con scudi, caschi e manganelli in bella vista; giugno, agente che spara al poligono; settembre, uomini con il volto coperto e con un mitra in mano. Qual è la differenza le chiedo, Ministro, perché dare questa rappresentazione della Polizia penitenziaria, che fa un lavoro durissimo, delicatissimo, a cui dobbiamo prestare anche un grande ringraziamento; perché Ministro questa rappresentazione? Se la Polizia di Stato dipende dal Viminale, quindi da Piantedosi, se i Carabinieri dipendono da Crosetto, quindi dalla Difesa, se la Polizia penitenziaria dipende da lei, Ministro, la differenza la fa solo il Ministro.
CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. Grazie Presidente, grazie collega. No, la differenza non la fa il Ministro - a parte che anche nel calendario della Polizia penitenziaria vi sono delle rappresentazioni, per così dire, “pacifiche” e anche negli altri calendari vi sono rappresentazioni di elementi armati - la differenza la fa l'immagine della giustizia. La giustizia, come sapete, reca la bilancia e la spada. La bilancia senza la spada sarebbe impotente, ma la spada senza la bilancia sarebbe arbitria. Ecco, occorre coniugare entrambe le cose. La spada, oggi, è sostituita dalle armi da fuoco e non c'è nulla di strano se questo è accaduto, vista l'evoluzione tecnologica. Le armi, le armi sono elementi neutrali, sono buone nelle mani di chi vim vi repellere licet, vuole respingere la forza con la forza, sono cattive nelle mani dei rapinatori.
Ma le armi in quanto tali, la guerra in quanto tale risuona in tutta la storia della nostra Nazione, dal Risorgimento alla Prima guerra mondiale, alla Resistenza. Risuona, nientemeno, che nel nostro inno nazionale (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista): “dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa” è l'elmo di Scipione l'Africano, di un guerriero, non è l'elmo dei Vigili del fuoco; “stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte”, la coorte era il battaglione o era, comunque, la compagnia dell'esercito romano. Vorrei anche aggiungere che - e questa è una buona occasione per ricordare la sacralità del nostro inno - “dall'Alpi a Sicilia dovunque è Legnano, ogn'uom di Ferruccio ha il core, ha la mano”, cioè dalle Alpi alla Sicilia è tutta una battaglia di Legnano, è il cuore di Francesco Ferrucci che, come sapete, è morto in armi; “i bimbi d'Italia si chiaman Balilla” questo è scritto…
L'inno d'Italia?
Non lo so, se vuole mandare al macero l'inno di Mameli …
Allora, stavo appunto concludendo, se mi è data la cortesia di concludere, che la giustizia è rappresentata - ripeto - non solo dalla bilancia e dalla spada, ma da un motto latino, che è inciso in molti palazzi di giustizia, a cominciare da quello di Parigi: “Gladius legis custos”, è la spada che è custode della legge. La nostra Polizia penitenziaria, alla quale va il mio omaggio, il mio reverente ossequio, che lavora in condizioni, purtroppo, anche molto difficili, vista la violenza, la documentata violenza che molto spesso viene esercitata nei loro confronti, ha il diritto di difendersi. Se questo viene rappresentato nel modo che oggi la tecnologia consente, gli scudi che qui dentro ci sono, e se serve, purtroppo, anche l'arma da fuoco questa è soltanto una garanzia del rispetto della legge e della nostra sicurezza.
MICHELA DI BIASE, Ministro, l'unica cosa che io non le ho sentita citare è l'articolo 27, comma 3, della Costituzione italiana, lei doveva partire da qui, lei doveva partire da quello che è il significato che ha la pena nel nostro Paese. Noi le chiediamo, Ministro, di ritirare immediatamente questo calendario e, visto che c'è, Ministro, faccia un favore a questo Parlamento, ritiri delle deleghe al Sottosegretario Delmastro Delle Vedove. Io mi chiedo come lei non sia stremato, sono due anni Ministro che lei viene in quest'Aula a fare l'avvocato difensore del Sottosegretario, due anni. Allora, lei che sta facendo la battaglia per la separazione delle carriere, la sua figura, Ministro, è diventata l'emblema dell'unicità delle carriere: è riuscito per 40 anni a fare il magistrato e negli ultimi 2, invece di fare il Ministro, fa appunto l'avvocato difensore di Delmastro Delle Vedove e qualche settimana fa è venuto in quest'Aula, paragonando addirittura Churchill al Sottosegretario Delmastro. Noi pensiamo che tutto questo sia gravissimo, perché è chiaro qual è lo sceneggiatore che sta mettendo in atto quest'immagine della Polizia penitenziaria che non corrisponde al vero, questa violenza che voi volete descrivere. La Polizia penitenziaria non fa soltanto questo, ma si prende anche cura dei detenuti, siete voi che state dando un'immagine distorta: lo continuate a fare, Ministro, non mettendo risorse adeguate ad assumere il personale che serve all'interno degli istituti di pena; lo fate, mortificando ogni giorno quel Corpo; inoltre, state respingendo e respingerete ogni tentativo del Partito Democratico di lavorare in questa direzione. La smetta, dunque, di venire in quest'Aula per prendere le difese di Delmastro, che abbiamo capito essere solamente un provocatore, e provate a fare qualcosa che serva all'interno delle carceri italiani, perché oggi il dato dei suicidi è allarmante, lo ripetiamo anche in questa circostanza.