26/11/2024
Giuseppe Provenzano
Braga, Boldrini, Quartapelle Procopio, Porta, Ghio, Ferrari, Fornaro, Casu e Amendola
3-01579

Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri – noto come Deif – per crimini di guerra e crimini contro l'umanità per la guerra a Gaza e gli attacchi dell'ottobre 2023 che hanno scatenato l'offensiva di Israele nel territorio palestinese. I mandati erano stati richiesti anche contro gli altri due principali leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, ma sono entrambi rimasti uccisi nel corso della guerra in atto;

   la Corte penale internazionale fu istituita con il Trattato di Roma nel 1998 ed è entrata in vigore nel luglio 2002. Ne sono membri 124 Stati, tra cui l'Italia e 33 dall'Africa, 19 dall'Europa orientale e 25 dall'Europa occidentale e altri come il Canada. Gli Stati Uniti e Israele non sono membri e non riconoscono dunque la giurisdizione della Corte;

   l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Borrell, ha più volte ribadito in questi giorni, che le decisioni della Corte penale internazionale sono vincolanti per gli Stati membri dell'Unione europea e si è detto anche «allarmato dall'estrema politicizzazione delle reazioni alla decisione della Corte», ribadendo che la decisione della Corte penale internazionale «non ha nulla a che fare con l'antisemitismo e non è una decisione politica»;

   il Ministro interrogato ha affermato che l'Italia «rispetta e sostiene la Corte penale internazionale, ma siamo convinti che quello che deve svolgere sia un ruolo giuridico e non politico. Esamineremo le carte per capire quali sono le motivazioni che hanno portato la Corte a fare questa scelta»;

   inoltre, nei giorni precedenti, lo stesso Ministro ha dovuto specificare che «la posizione dell'Italia su questo punto è quella espressa da Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale», a seguito delle dichiarazioni dell'altro Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro Matteo Salvini, che ha dichiarato che il Premier israeliano «sarebbe il benvenuto se venisse in Italia»;

   lunedì è cominciato il G7 dei Ministri degli esteri e il Ministro interrogato ha detto di voler prendere «le decisioni insieme ai nostri alleati», pur se gli Stati Uniti, membri del G7, non lo sono della Corte penale internazionale ed hanno contestato la sentenza della Corte –:

   se l'Italia ottempererà alla decisione della Corte penale internazionale in virtù del proprio obbligo di cooperazione da parte degli Stati membri come previsto dallo Statuto di Roma, senza improprie considerazioni politiche che minerebbero il principio fondante per cui la legge, anche internazionale, è uguale per tutti.

Seduta del 27 novembre 2024

Illustrazione di Lia Quartapelle Procopio, risposta del Ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale, replica di Giuseppe Provenzano

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, È interesse dell'Italia che ci sia la tregua in Medio Oriente e che sia rispettato il diritto internazionale. Sul diritto internazionale è il mandato della Corte penale internazionale contro Deif, Gallant e Netanyahu. Abbiamo ascoltato lei, Ministro, dirci che avreste trovato una posizione comune come G7. La posizione comune come G7 non c'è stata, come ci si aspettava, e lei ha mormorato che tanto Netanyahu non avrebbe viaggiato. Nel frattempo forse lei non si è accorto che Salvini lo ha invitato in Italia. Servirebbe una posizione del Governo, non delle indicazioni turistiche.

Sulla tregua: la tregua è stata negoziata da Francia e Stati Uniti. Sarà garantita - apprendiamo dai giornali - dal Regno Unito, dalla Germania, dalla Francia e dagli Stati Uniti. E l'Italia? Qual è il ruolo, la posizione del nostro Paese in quello che è il nostro interesse nazionale?

ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Come ho già sottolineato in risposta alle interrogazioni precedenti, l'Italia ribadisce il proprio sostegno alla Corte penale internazionale che deve esercitare un ruolo - insisto - giuridico e non politico. La situazione in Medio Oriente ci impone di intensificare il dialogo per sostenere gli sforzi di mediazione. È con la diplomazia e non con i mandati di cattura che abbiamo raggiunto il cessate il fuoco in Libano, che consideriamo - come ha detto poco fa il Presidente del Consiglio ai Dialoghi mediterranei - un punto di partenza. Ed è sempre con il dialogo che saremo in grado di raggiungere un cessate il fuoco anche a Gaza. Il nostro ruolo, anche come presidenza del G7, è quello di incoraggiare il confronto tra i partner della regione. Per questo, alla Riunione dei Ministri degli esteri di Fiuggi e Anagni ho voluto associare, per la prima volta, anche i ministri del quintetto arabo: Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi, Giordania e Qatar. L'accordo per il cessate il fuoco raggiunto ieri in Libano offre una concreta opportunità per una soluzione duratura al conflitto tra Israele e Hezbollah. La speranza è che la fase attuale apra la strada anche a un chiarimento del quadro politico libanese. L'elezione del Presidente della Repubblica e la nomina di un nuovo Governo potranno sicuramente favorire la finalizzazione dei negoziati per la stabilizzazione della linea blu, la definizione di un confine terrestre tra Israele e Libano e il ritiro di Hezbollah a nord del fiume Litani.

È necessario costruire insieme un'architettura regionale in cui siano garantiti la sicurezza di Israele e i diritti del popolo palestinese, con l'obiettivo della soluzione dei “due popoli, due Stati”. Dobbiamo al contempo pensare alla ricostruzione di Gaza, che richiederà l'impegno politico e finanziario di tutti. Fino ad allora ed in vista della riunificazione del governo di Gaza e Cisgiordania, è necessario rafforzare la capacità dell'Autorità palestinese e sostenere il suo programma di riforme. Nei prossimi giorni verrà in Italia il Presidente Abu Mazen, che incontrerà il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. L'Italia è pronta a fare la sua parte e a partecipare ad una missione ONU di mantenimento della pace a guida araba. C'è già stata la richiesta, da parte degli Stati Uniti, della presenza di 200 carabinieri italiani. Per raggiungere questo obiettivo è necessario il coinvolgimento di tutti gli attori della regione, compreso naturalmente il Governo israeliano. Ricordo: Israele è una democrazia. Possiamo non essere d'accordo su come il suo Governo ha guidato la reazione alla strage del 7 ottobre - certo - e non abbiamo mancato di condannare con fermezza quando ci sono state scelte di Israele che abbiamo ritenuto sbagliate. Ma come abbiamo ribadito anche ieri al G7, non si possono mettere sullo stesso piano Hamas e Israele. Non è corretto sul piano giuridico ed ancor meno sul piano morale e politico. Peraltro, c'è una posizione comune del G7 su questa vicenda: basta leggere il documento

GIUSEPPE PROVENZANO, Vede, Ministro, la tregua in Libano è un primo spiraglio, però l'incendio in Medio Oriente sta divampando ancora. Gaza è un inferno: è l'inferno. Ci sono solo macerie, fame e morte. A nord vi è il disegno dell'espulsione e dell'annientamento della popolazione, inseguendo l'idea di pulizia etnica invocata dai ministri estremisti del Governo Netanyahu. In Cisgiordania, invece, il disegno è quello dell'annessione di fatto, violando i diritti del popolo palestinese e le risoluzioni delle Nazioni Unite. In questi mesi in Medioriente sono stati commessi crimini contro l'umanità e crimini di guerra e ci sono dei responsabili: lo sanno tutti e lo vedono tutti. Hamas per il 7 ottobre; Netanyahu per quello che è avvenuto dopo. Con riferimento a quanto ha stabilito la Corte penale internazionale, lei ci dice che la rispetta e che la sostiene, ma nelle sue parole e nelle omissioni, Ministro, io ci vedo una sottile delegittimazione. Un Paese come l'Italia non se lo può permettere, perché quella è un'acquisizione fondamentale del diritto internazionale che abbiamo voluto soprattutto noi: parliamo non a caso dello “Statuto di Roma”. Noi abbiamo un dovere politico e morale in più di rispettarlo. Cosa c'entra il G7, che è una sede politica, rispetto a una decisione che è giuridica? Non è una facoltà, è un obbligo. La questione dell'immunità è stata già respinta dalla Corte, è stata già affrontata dalla Corte. Io glielo dico in maniera chiara: Netanyahu è un criminale per la giustizia internazionale e forse pure per quella israeliana se riuscisse a processarlo, e la Corte non si occupa di politica ma si occupa di responsabilità penali. Circa l'equivalenza a cui anche lei allude, l'unica equivalenza di cui si deve occupare la Corte è quella tra le vittime, cioè, le vittime innocenti israeliane del 7 ottobre e le decine di migliaia di vittime civili palestinesi innocenti - fra cui bambini mutilati e morti di fame - che hanno lo stesso identico diritto a una giustizia internazionale imparziale.

Poi siamo d'accordo, Ministro, c'è la politica. Ma dov'era la politica, la sua politica, la vostra politica in Libano? L'Italia nel 2006 è stata protagonista. Noi non abbiamo svolto nessun ruolo: l'accordo è franco-americano. Ma noi lì abbiamo i soldati, i nostri soldati: 2.000 soldati a cui va il nostro ringraziamento. E per questa ragione noi dovremmo riaffermare la dignità e nei prossimi passi riacquisire quel ruolo che non abbiamo avuto. La politica a Gaza, in Israele e in Palestina, non può essere invocata solo dopo che arriva la decisione della Corte penale internazionale: se siamo arrivati a quei crimini di guerra e a quei crimini contro l'umanità, è perché la politica è mancata, Ministro.

Adesso deve fare tutto quello che è nelle sue disponibilità per arrivare a quella pace, liberare gli ostaggi, salvare le vite umane e riaffermare la legalità internazionale. L'unica cosa che non può fare, Ministro, è negare la giustizia, anche la giustizia internazionale, perché questo sarebbe una gravissima complicità.