28/03/2023
Federico Gianassi
3-00285

Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il reato di tortura è stato finalmente istituito con la legge n. 110 del 2017, all'esito di un lungo e complesso iter parlamentare;

   l'approvazione della legge sul reato di tortura e di istigazione alla tortura (articoli 613-bis e 613-ter del codice penale) ha rappresentato un fondamentale passo avanti per la difesa dei diritti e per la civiltà del nostro Paese, fornendo, in questo modo, un segno concreto di civiltà e di allineamento all'Europa;

   il reato di tortura è presente in tutti gli ordinamenti democratici ed è richiesto, infatti, dalle convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani;

   l'Italia è stata uno degli ultimi Paesi occidentali ad averlo introdotto;

   sono molte le norme internazionali che affermano che nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti, tra le quali: la Convenzione di Ginevra del 1949, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, la Convenzione internazionale contro la tortura del 1984, lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale del 1998;

   si apprende con stupore e preoccupazione che il partito di Fratelli d'Italia ha presentato la proposta di legge Vietri e altri, n. 623, che intende abrogare i reati di cui agli articoli 633-bis e 633-ter del codice penale;

   i proponenti, nella relazione alla proposta di legge, sosterrebbero che l'abrogazione del reato di tortura aiuterebbe le forze dell'ordine nel loro lavoro quotidiano, valutazione estremamente offensiva nei confronti delle forze dell'ordine nazionali che operano nel rispetto delle regole, con straordinaria professionalità e con profondo senso del dovere, delle istituzioni e dei principi;

   al contrario, chi viola i principi democratici commettendo il reato di tortura offende proprio le istituzioni democratiche e il prestigio delle stesse forze dell'ordine e, di fronte a tali fatti, occorre una risposta dello Stato per l'accertamento della verità e per la tutela delle vittime –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in ordine ai delitti di tortura e di istigazione alla tortura, di cui agli articoli 633-bis e 633-ter del codice penale, in particolare se intenda assumere iniziative normative al fine di modificarli, depotenziarli o addirittura abrogarli, il che allontanerebbe, una volta di più, l'Italia dagli standard di civiltà e di rispetto dei diritti umani richiesti dalla Costituzione e dalle norme internazionali ed europee.

Seduta del 29 marzo 2023

Illustrazione di Federico Gianassi, risposta del Ministro della Giustizia, replica di Debora Serracchiani

FEDERICO GIANASSI, Grazie, Presidente. Signor Ministro, abbiamo appreso, con stupore e sconcerto, che Fratelli d'Italia ha presentato una proposta di legge per abrogare il reato di tortura, cancellando gli effetti della legge del 2017 attraverso la quale, seppur con ritardo, l'Italia si era conformata agli obblighi internazionali che impongono agli Stati nazionali di prevedere all'interno del proprio ordinamento nazionale l'autonomo reato di tortura. Si tratta di un'iniziativa parlamentare gravissima perché in contrasto con gli obblighi internazionali, con principi di civiltà e con le esigenze di tutela delle vittime. È, inoltre, un'iniziativa in contrasto con gli indirizzi programmatici che lei, signor Ministro, ha presentato dinanzi alla Commissione giustizia e in quest'Aula, laddove ha ricordato l'impegno, suo e del Governo, ad adottare in tempi brevi il codice dei crimini internazionali, dei quali la tortura fa parte. Le chiediamo, dunque, di dirci con nettezza e senza infingimenti che il Governo non consentirà l'abrogazione del reato né modifiche nel senso dell'alleggerimento o dello svuotamento che costituirebbero un inaccettabile cedimento di fronte alla tutela dei diritti fondamentali.

CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. Grazie, signor Presidente e grazie all'onorevole interrogante. Posso rispondere, senza “se” e senza “ma”, che il Governo non ha alcuna intenzione di abrogare il reato di tortura. Come già ho avuto occasione di spiegare l'11 gennaio di quest'anno, vi è soltanto un aspetto tecnico che deve essere rimodulato per una ragione molto semplice, cioè che il reato di tortura, così com'è strutturato, ha delle carenze tecniche di specificità e tipicità che devono connotare la struttura della norma penale. L'impossibilità di modificare e la volontà ferma del Governo di tener fermo il reato di tortura sono determinate da una ragion pura e da una ragion pratica: la ragion pura è l'ottemperanza a quanto è stato stabilito dalle norme internazionali; la ragion pratica è proprio una ragione di coerenza, dato che questo è un reato particolarmente odioso e abbiamo tutte le intenzioni di mantenerlo, le ha chi vi parla e le ha il nostro Governo.

Allora, a gennaio, dissi che vi erano però delle carenze tecniche e che mi sarei riservato, eventualmente in un altro momento, di chiarirle. Naturalmente, nel brevissimo tempo è difficile farlo, però posso ricordarvene alcune. La prima attiene all'atteggiamento soggettivo del reato in quanto la Convenzione di New York, alla quale noi vogliamo e dobbiamo ottemperare, circoscrive le condotte costituenti tortura a quelle caratterizzate dal dolo specifico, attuate per raggiungere le finalità di ottenere informazioni o confessioni, punire, intimidire o discriminare. In altre parole, come tutti sanno, il dolo specifico è quando una condotta viene tenuta al fine di ottenere un risultato ulteriore; in questo caso, quello di ottenere la confessione. Il nostro legislatore, invece, optando per una figura criminosa contrassegnata dal dolo generico, quindi senza l'intenzione ulteriore di ottenere un determinato risultato, ha eliminato il tratto distintivo della tortura rispetto agli altri maltrattamenti, rendendo concreto il rischio, paventato tra l'altro anche dai rappresentanti delle Forze dell'ordine, ma non solo, di vedere applicata la disposizione nei casi di sofferenze provocate durante operazioni illecite di ordine pubblico e Polizia.

Un ulteriore rilievo critico è rappresentato dalla inopportuna fusione - anche questo è un aspetto tecnico che non è facile spiegare ora, ma vi prego di approfondirlo magari in un'altra sede - in un'unica fattispecie di reato delle figure criminose di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, che da sempre sono considerate sul piano internazionale figure distinte e meritevoli di considerazione differenziata. Sottoporre la generalità delle condotte integranti due illeciti, aventi un'offensività diversa, al medesimo rigoroso trattamento sanzionatorio appare una scelta che non è ragionevole e non è imposta dai vincoli internazionali. Ripeto, sono questioni esclusivamente tecniche ma vi posso assicurare - parola d'onore, se si può dire - che il reato di tortura rimarrà.

DEBORA SERRACCHIANI, Grazie, Presidente. Ministro le devo dire che non solo non ci ha convinto ma ci ha anche preoccupato. Credo che queste carenze tecniche lei le debba chiarire soprattutto – per suo tramite, Presidente, chiederei di spiegarlo al Ministro – al gruppo Fratelli d'Italia che ha presentato una proposta di legge che abroga il reato di tortura. Lo abroga, Ministro, elimina l'articolo 613-bis. Inoltre, elimina l'articolo 613-ter, cioè l'istigazione alla tortura, per sostituirlo con la previsione di una circostanza aggravante comune. Ciò significa, Ministro, che noi non mettiamo assolutamente in dubbio l'onorabilità delle Forze dell'ordine; non hanno bisogno di questo vostro aiuto, perché quella onorabilità è senza ombra di dubbio la base sulla quale quelle donne e quegli uomini tutti i giorni fanno il loro dovere. Quello che invece serve, Ministro, è ricordarci che siamo in un contesto internazionale. Pertanto, non solo non può essere abrogato il reato di tortura, perché ci sono valanghe di provvedimenti internazionali che ci ricordano che non possiamo farlo, ma le chiediamo anche, Ministro, di chiarire a Fratelli d'Italia quali sono le carenze tecniche perché, se va avanti quella proposta di legge, il reato viene abrogato e, se il reato viene abrogato, accade esattamente il contrario di ciò che lei stesso e anche il Ministro Crosetto, che le siede accanto, e il Ministro Tajani ci avete detto non più tardi del novembre scorso, nel corso di un Consiglio dei ministri, cioè che eravate intenzionati ad approvare un codice contro i crimini internazionali. Non è che mettete un reato, quello sui rave, e ne togliete un altro, quello di tortura; non funziona così, Ministro. Spero e mi auguro che lei non voglia assolutamente contravvenire agli obblighi internazionali che ha il Paese e che soprattutto voglia spiegare con chiarezza, con determinazione e senza infingimenti che cosa significa togliere questo reato a chi oggi ne ha chiesto l'abrogazione.