23/06/2025
Chiara Braga, Giuseppe Provenzano, Piero De Luca, Vincenzo Amendola, Stefano Graziano
6-00192

 La Camera,

   premesso che,

    1) l'Unione europea ha l'urgenza di mettere in campo una risposta all'altezza di questo tornante della storia, con una svolta nel segno dell'integrazione e della solidarietà tra i Paesi membri, affermando a pieno la sua autonomia strategica, difendendo e promuovendo i pilastri della sua fondazione, la democrazia, lo stato di diritto, il sostegno all'ordine internazionale basato su regole e alle istituzioni multilaterali, contro una pratica e una narrativa – apertamente in contrasto con l'articolo 11 della nostra Carta costituzionale – che legittima l'uso della forza per risolvere le controversie internazionali;

    2) a partire dall'inizio del suo secondo mandato, Donald Trump ha tradito tutte le promesse di una pace «facile», scegliendo invece di perseguire una linea di politica estera fortemente unilaterale e conflittuale. Trump ha portato avanti una sistematica delegittimazione delle istituzioni multilaterali – dalle Nazioni Unite all'Organizzazione mondiale del commercio, passando per l'Oms e la Nato e la Corte Penale Internazionale — ritirando fondi, minacciando disimpegni o ridicolizzandone il ruolo. L'approccio «America First» si è tradotto in annunci e decisioni che hanno avviato una vera e propria guerra commerciale, attraverso l'imposizione di dazi unilaterali che hanno minato le catene globali del valore e creato incertezza economica diffusa;

    3) la criminale aggressione militare dell'Ucraina da parte della Russia di Putin continua a mostrare la volontà di colpire l'ordine internazionale basato su regole, minacciando la sicurezza globale e in particolare dell'Europa;

    4) le scelte della nuova amministrazione Trump, che hanno delegittimato ogni sede di confronto multilaterale – compreso l'ultimo G7 sul conflitto Israele-Iran in cui sono emerse divergenze strategiche e una profonda frattura tra gli Stati Uniti gli altri membri – evidenziano l'assenza di leadership globali credibili e pongono ai principi fondativi dell'Europa Unita sfide e minacce senza precedenti;

    5) in questo scenario di crescente instabilità, l'Unione Europea avrebbe dovuto assumere un ruolo guida per difendere i principi del multilateralismo e della coesione globale. Al contrario, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, hanno prevalso silenzi, timidezze e contraddizioni, in particolare sul Medio Oriente, e un'ignavia da parte della Commissione europea che si è mostrata debole e inefficace nel rispondere con una visione strategica comune e iniziative conseguenti alle sfide imposte da un nuovo disordine mondiale;

    6) l'Italia non può accodarsi passivamente a un'agenda tanto divergente sul piano strategico dagli interessi fondamentali del nostro Paese e dell'Unione Europea. Il Governo italiano ha la responsabilità e il dovere di difendere la collocazione internazionale dell'Italia all'interno di un quadro multilaterale, stabile e prevedibile, e spingere affinché l'Unione completi il processo di integrazione e reagisca alle nuove sfide, anche mediante un superamento del principio di unanimità verso la maggioranza qualificata su importanti tematiche su cui i veti nazionali hanno impedito all'Unione di avanzare;

    7) le grandi aspettative create e poi rapidamente disilluse dall'ultimo round negoziale di Istanbul per le trattative di pace in Ucraina rappresentano solo l'ultimo capitolo di una strategia frammentaria e caotica, portata avanti, in particolare, da Donald Trump negli ultimi mesi nel tentativo di proporsi come mediatore di successo. Questo approccio caotico e spesso contraddittorio, più orientato alla spettacolarizzazione personale che a una reale strategia diplomatica, ha generato confusione e incertezza sia a livello internazionale sia tra le parti coinvolte nel conflitto, compromettendo ulteriormente le possibilità di una soluzione pacifica e duratura;

    8) nonostante le molteplici dichiarazioni di intenti e gli appelli al cessate il fuoco, Putin non ha mai smesso di bombardare l'Ucraina, dimostrando una volontà persistente di escalation militare che continua a destabilizzare l'intera regione;

    9) l'Unione Europea, pur essendo direttamente interessata dalla crisi in Ucraina e portatrice di un profondo interesse per la stabilità e la sicurezza del continente, nonché dei valori di pace, democrazia e rispetto del diritto internazionale, ha finora mostrato un'inadeguata incisività nel promuovere azioni concrete e coordinate nell'ambito di una strategia diplomatica capace di affermare una propria leadership politica, anche coinvolgendo tutti gli attori internazionali in grado di esercitare una pressione per porre fine al conflitto;

    10) l'Europa deve continuare a sostenere l'Ucraina, non solo sul piano umanitario, economico e militare come ha fatto finora, ma anche sul piano politico e diplomatico, per garantire una soluzione duratura al conflitto che tenga conto delle ragioni dell'aggredito e sostenere l'Ucraina nella sua aspirazione di integrazione europea: l'Unione Europea insomma deve svolgere un ruolo centrale nel processo di costruzione di una pace giusta e sicura, colmando il deficit di iniziativa politica e diplomatica che ha caratterizzato gli ultimi anni;

    11) alla chiara, netta, condivisa e reiterata condanna di Hamas per l'orribile atto terroristico compiuto il 7 ottobre 2023, non sono seguite da parte del Governo italiano e da parte degli attuali vertici della Commissione europea, condanne altrettanto chiare e nette per l'apocalisse umanitaria a Gaza, i crimini di guerra e la sistematica violazione dei diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario da parte del Governo Netanyahu;

    12) il Partito Democratico riafferma, in queste sede, tutte le premesse contenute nella mozione n. 1/00432, discussa alla Camera dei deputati il 21 maggio 2025, e ribadisce che nessun nuovo scenario di crisi in Medio Oriente può rimuovere l'urgenza politica di fermare il massacro della popolazione palestinese a Gaza;

    13) nella notte di sabato 21 giugno 2025 gli Stati Uniti hanno bombardato tre siti di arricchimento dell'uranio in Iran, entrando di fatto in guerra. Trump diceva che avrebbe portato la pace e messo fine ai conflitti, e invece infiamma il mondo aprendo la strada a una pericolosa escalation globale. I firmatari del presente atto di indirizzo fanno proprie le parole del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres contro l'uso della forza, per il rispetto del diritto internazionale e per il ritorno immediato alla via negoziale. Si esprime grave preoccupazione per questo attacco di Trump, che si fa trascinare in guerra da Netanyahu e agisce senza il coinvolgimento del Congresso come invece impone la Costituzione americana;

    14) si esprime profonda preoccupazione per l'aggravarsi della situazione internazionale a seguito dell'attacco unilaterale di Israele nei confronti dell'Iran e delle successive reazioni del regime teocratico di Teheran, che colpiscono vittime civili;

    15) si ribadisce che l'uso della forza non può sostituirsi alla politica, alla diplomazia e al rispetto del diritto internazionale per la risoluzione delle controversie tra gli Stati, in coerenza con i principi sanciti dalla nostra Costituzione;

    16) si sottolinea come vi siano due gravi conseguenze immediate di tale azione, che costituiscono un duro colpo agli sforzi diplomatici e alle prospettive di pace nella regione: da un lato, la sospensione del negoziato sul nucleare iraniano, un percorso diplomatico cruciale per la sicurezza internazionale promosso dagli Stati Uniti con la mediazione dell'Oman; dall'altro, il rinvio della conferenza delle Nazioni Unite per la soluzione dei due Stati, che rappresentava un passaggio essenziale per la soluzione politica del conflitto israelo-palestinese;

    17) si ritiene che l'avvio dei bombardamenti israeliani sull'Iran risponda più a calcoli politici che a strategie di lungo termine del Governo Netanyahu, tesi a superare le forti difficoltà interne dovute all'interruzione dell'accordo di tregua a Gaza e il crescente isolamento internazionale;

    18) si ribadisce altresì la più ferma condanna nei confronti del regime autoritario di Teheran, fonte di destabilizzazione diretta e indiretta nell'area, già espressa attraverso la promozione di una risoluzione in Commissione Esteri della Camera dei deputati n. 8/00047, approvata il 13 marzo 2024, e il pieno sostegno all'opposizione e ai movimenti democratici e di liberazione iraniani, a partire da «Donna, Vita, Libertà» al cui fianco abbiamo più volte manifestato amicizia e solidarietà;

    19) lo scorso 12 giugno 2025, per la prima volta in vent'anni, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) ha approvato una risoluzione contro l'Iran, denunciandone il mancato rispetto degli obblighi in materia di non proliferazione nucleare. Tuttavia, la risoluzione non può in alcun modo essere interpretata come un mandato per interventi militari unilaterali che stanno mietendo vittime civili e il direttore dell'Aiea ha successivamente dichiarato che quel rapporto non conteneva «alcuna prova di uno sforzo sistematico per arrivare a un'arma nucleare»;

    20) occorre ribadire come l'obiettivo condiviso della non-proliferazione nucleare possa e debba essere perseguito solo attraverso strumenti politici, diplomatici e multilaterali e, in tal senso, è necessario che il Governo in seno al Consiglio europeo solleciti un'azione dell'Unione europea per far ripartire le iniziative diplomatiche e riportare nella sede dei negoziati interrotti tra Stati Uniti e Iran le criticità denunciate dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica;

    21) i bombardamenti lanciati dal Governo Netanyahu rischiano, infatti, di far vacillare proprio gli equilibri globali garantiti e fondati sul Trattato di Non Proliferazione nucleare, laddove potrebbero produrre l'effetto di far uscire l'Iran dall'accordo, sulla base della pericolosa argomentazione che solo il possesso di armi nucleari garantisca la deterrenza;

    22) non si può non considerare, inoltre, il ruolo cruciale dell'accordo sul nucleare del 2015, noto come Jcpoa (Joint Comprehensive Plein of Action), firmato da Iran, Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina, Regno Unito e Francia, che dimostrava come la via negoziale e multilaterale fosse percorribile, con un ruolo attivo e strategico anche da parte europea; tuttavia, nel 2018, il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall'accordo ha segnato una battuta d'arresto nella diplomazia internazionale sul nucleare iraniano, minando la continuità del dialogo e la fiducia tra tutte le parti;

    23) è necessario che il Governo italiano chiarisca la propria posizione superando ambiguità e contraddizioni: se vuole fermare una guerra dalle conseguenze incalcolabili e promuovere una de-escalation, deve chiedere la cessazione immediata delle azioni belliche sia alla parte israeliana che a quella iraniana;

    24) la guerra commerciale scatenata dalla nuova amministrazione americana, l'annuncio continuo di nuovi dazi, e la sospensione di alcuni di essi come arma contrattuale, oltre ad aver provocato una tempesta sui mercati finanziari, genera incertezza, frena gli investimenti e comporta una contrazione degli scambi commerciali e un aumento dei prezzi che si ripercuote su consumatori e imprese, danneggiando l'economia globale;

    25) lungi dal rappresentare un'opportunità da sfruttare, come sostenuto da esponenti del Governo italiano, la guerra commerciale in atto richiede necessariamente una risposta dell'Unione europea «compatta, serena e determinata», per usare le parole del Presidente Mattarella, nel quadro dell'Unione doganale e a norma dei Trattati; mentre iniziative di singoli Stati membri indeboliscono la posizione negoziale dell'Unione europea; a fronte di vantaggi limitati in un sistema economico fortemente integrato come quello europeo;

    26) il Governo Meloni, invece, ha assunto una posizione ambigua, schiacciata sulla linea dell'amministrazione Trump e isolata in Europa, relegando il nostro Paese del tutto ai margini delle trattative;

    27) l'Unione europea, dopo aver adottato controdazi e averli a sua volta temporaneamente sospesi, ha avviato i negoziati con gli Stati Uniti, ma non è ancora stato raggiunto un accordo, dopo il tentativo fallito nel corso del vertice G7 in Canada. Il 9 luglio 2025 terminerà la sospensione dei dazi nei confronti dell'Unione europea decisa da Trump;

    28) l'Unione europea, in ogni caso, non può limitarsi alle misure difensive, che andrebbero peraltro orientate anche verso i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle cosiddette aziende Big Tech, laddove è più forte la specializzazione dell'economia americana e la sua pervasività nel nostro continente; occorre anche diversificare i mercati di sbocco, realizzare nuovi accordi commerciali come il Mercosur, e attivare un quadro di sostegni per le imprese e i lavoratori, sul modello Sure;

    29) per reggere la sfida nel nuovo ordine economico globale serve una risposta più forte, una vera e propria strategia che rilanci la competitività dell'economia europea e la sua domanda interna, completando il mercato interno e adottando una politica di ampio impulso agli investimenti e ai consumi, anche attraverso una crescita dei salari dei lavoratori e del potere d'acquisto delle famiglie;

    30) per aumentare la competitività globale dell'Unione Europea, permettendole di giocare un ruolo da protagonista nel contesto internazionale, in particolare rispetto ad altre grandi potenze economiche come gli Stati Uniti, la Cina e l'India, il rapporto Draghi ha suggerito che il fabbisogno di investimenti ammonti al 5 per cento del Pil annuo dell'Unione europea, con un invito all'azione per mobilitare tutte le risorse disponibili;

    31) per rispondere alla sfida di raggiungere una vera autonomia strategica europea – che garantisca la competitività dell'economia, la sua indipendenza energetica, la costruzione di catene europee del valore, il potenziamento della capacità industriale, una transizione ecologica e digitale giusta, una maggiore coesione sociale e territoriale, che è elemento caratterizza del modello di sviluppo europeo – occorre mobilitare un nuovo grande piano di investimenti comuni europei di circa 800 miliardi di euro l'anno, per cui è necessario contrarre debito comune per dotare l'Unione della capacità fiscale necessaria così come sperimentato con il Next Generation EU;

    32) un bilancio dell'Unione, equivalente a poco più dell'1 per cento del Pil europeo è clamorosamente insufficiente alla dimensione della sfida. Per il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp) dell'Unione europea la Spagna ha avanzato la proposta, da sostenere con convinzione, di incrementare il bilancio dell'Unione raggiungendo una cifra pari ad almeno il 2 per cento del Pil annuo europeo;

    33) durante il prossimo vertice della Nato del 24 giugno 2025, i leader dei 32 Paesi membri discuteranno un aumento delle capacità difensive, attraverso un piano che prevedrebbe un significativo aumento della spesa per la difesa, con l'obiettivo di raggiungere un totale del 5 per cento del Pil per ciascun Paese: obiettivo che la Spagna, raggiungendo un accordo con gli altri membri, ha dichiarato di non voler perseguire per preservare le sue priorità economiche e sociali di investimento e che anche il Ministro della Difesa Crosetto ha definito «impensabile» per il nostro bilancio nazionale;

    34) il Partito Democratico ha più volte ribadito che, ai fini della realizzazione di una piena autonomia strategica europea, è cruciale la definizione di una vera politica estera comune a servizio dell'ideale fondativo di un'Europa progetto di pace: strumentale ma essenziale a questo obiettivo è la creazione di una «vera unione di difesa», superando la mancanza di volontà politica degli Stati membri – attraverso cooperazioni rafforzate o altre forme di accelerazione nell'integrazione tra Paesi che condividono questo obiettivo (inclusi partner strategici europei fuori dall'Unione, come Regno Unito, Norvegia e Islanda) – che tenda all'orizzonte federalista di un vero e proprio esercito comune;

    35) all'Unione europea serve pertanto la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati. La Commissione europea sta preparando il Libro bianco sul futuro della difesa europea che rappresenta l'avvio di un percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune, per cui serve un cambiamento radicale del modo in cui agiamo e investiamo nella nostra sicurezza e difesa, per fare in modo che d'ora in poi pianifichiamo, innoviamo, sviluppiamo, acquistiamo, manteniamo e dispieghiamo le capacità insieme, in modo coordinato e integrato, per conseguire una difesa comune europea;

    36) la riluttanza del Consiglio europeo e degli Stati membri nell'affrontare le profonde sfide strutturali del panorama industriale della difesa europea e la mancanza di ambizione nella cooperazione tra le loro forze armate a livello dell'Unione europea, va superata con un decisivo impegno per aumentare i common procuremenis per strumenti di difesa europea, aggregare la domanda e migliorare l'interoperabilità delle forze armate europee, facendo economie di scala e superando la frammentazione tra gli Stati membri, chiamati a unire le forze e a sostenere un passo decisivo verso un quadro ambizioso e globale per la difesa;

    37) si ribadisce che il piano ReArm EU, ancora molto indefinito su aspetti fondamentali, va profondamente cambiato per garantire l'autonomia strategica in materia di sicurezza: trasformando lo strumento finanziario Safe – l'unico strumento che presenta un embrione di solidarietà europea, con 150 miliardi di euro destinati a potenziare alcune capacità strategiche comuni – da erogatore di prestiti (loans) che gravano sui bilanci degli Stati a fornitore di sovvenzioni (grants) capaci di garantire l'effettività dell'obiettivo; condizionando tutti gli strumenti previsti a progetti di difesa comune insieme a più Stati membri in modo da favorire l'interoperabilità, il coordinamento tra i sistemi di difesa e il rafforzamento della capacità industriale comune, anche con l'obiettivo di superare un sistema di acquisti dei Paesi membri che, privo dell'obbligo di coordinamento, favorirebbe i sistemi produttivi al di fuori dell'Unione europea (a partire da quello statunitense) che al momento pesano circa l'80 per cento dell'approvvigionamento complessivo, in questo modo rischiando di rafforzare le dipendenze strategiche anziché ridurle; escludendo la facoltà di utilizzare per il riarmo i fondi di coesione, che i Trattati dedicano all'obiettivo, cruciale anche per il nostro Paese, di ridurre i divari territoriali e favorire la convergenza socio-economica, e che pertanto non possono essere dirottati per il finanziamento dell'aumento delle spese militari;

    38) gli investimenti in sicurezza devono accompagnarsi e non sostituirsi a quelli necessari a realizzare l'autonomia strategica in altri settori prioritari, a partire da quelli per la coesione e la protezione sociale, garantiti dai Fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea su cui l'attuale Governo ha accumulato un drammatico ritardo nell'attuazione, che penalizza la necessaria convergenza delle regioni meno sviluppate, a partire dal nostro Mezzogiorno;

    39) la difesa non può essere considerata un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l'affermazione dei nazionalismi disgregatori dell'unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali;

    40) il processo di inclusione dei Balcani Occidentali nell'Unione europea è fermo al 2013, mentre nell'area scema drammaticamente l'interesse per l'Europa e cresce l'influenza della Russia. Anche la Cina ha forti interessi economici, che partono dal Pireo per raggiungere, con i traffici e le merci, il Centro e Nord Europa attraverso la costruzione di infrastrutture. La Turchia è pronta a intervenire a difesa della enclave musulmana, soprattutto alla luce degli sviluppi a Gaza e in Iran. Per un nuovo protagonismo dell'Unione europea e per scongiurare la frattura tra Occidente e Oriente, sono necessari rapidi e concreti passi avanti nel processo di inclusione;

    41) tra le sfide globali, è essenziale affrontare a livello europeo quella delle migrazioni, in una dimensione non emergenziale ma all'altezza della portata epocale del fenomeno: le soluzioni che si stanno definendo in materia di gestione dei flussi migratori appaiono un cedimento nei confronti delle posizioni più ideologicamente estremiste e propagandistiche, non rappresentano certo soluzioni efficaci e razionali;

    42) il piano di rimpatri proposto dalla Commissione Unione europea che formalizza l'esternalizzazione delle frontiere rischia di creare aree extra-UE dove concentrare migranti da rimpatriare senza il loro consenso. Sebbene un maggiore coordinamento delle normative europee sui rimpatri sia necessario, è fondamentale che venga attuata in modo che siano garantiti i diritti umani e nel rispetto degli accordi bilaterali, evitando clamorosi fallimenti come il cosiddetto «modello Albania», non solo contrario alle convenzioni internazionali e al diritto di asilo, ma che rappresenta uno spreco di circa un miliardo di denaro pubblico italiano,

impegna il Governo:

   1) a scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l'interesse europeo, all'interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai Paesi fondatori dell'Europa, per collocare l'Italia sulla frontiera più avanzata dell'integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti;

   2) a ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un'iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autodeterminazione, l'ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura;

   3) a sostenere il riconoscimento, anche in sede europea, dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell'obiettivo di «due popoli, due Stati»; a sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite;

   4) a sostenere in sede europea l'adozione di sanzioni nei confronti del Governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario e a proporre azioni efficaci contro le violazioni del diritto internazionale e umanitario, inclusa la sospensione dell'accordo di associazione Unione europea-Israele, per le ripetute violazioni dell'articolo 2 del suddetto accordo da parte del Governo israeliano e la violazione delle fondamentali regole dello Stato di diritto in atto, come denunciato dalle forze di opposizione israeliane;

   5) ad agire con urgenza e compiere ogni sforzo, nell'ambito dell'Unione europea e di tutte le sedi multilaterali, in particolare presso le Nazioni Unite, per fermare la guerra tra Israele e Iran e riprendere la via diplomatica e negoziale, prevenendo conseguenze di portata incalcolabile e potenzialmente devastanti nonché un allargamento del conflitto su scala regionale e globale;

   6) ad affermare con chiarezza, anche in sede di Consiglio europeo, che a seguito dell'attacco di Trump all'Iran non parteciperà ad azioni militari né consentirà che il nostro territorio possa essere utilizzato per fornire sostegno a una guerra che la comunità internazionale deve fermare;

   7) a sostenere una risposta europea unitaria alle politiche dei dazi dell'amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, e a promuovere l'istituzione di un Fondo europeo di sostegno per rispondere agli effetti dei dazi sul sistema economico e sociale, attivando anche un meccanismo simile a Sure per rafforzare la rete di protezione sociale dei lavoratori;

   8) a promuovere una politica commerciale europea volta alla diversificazione dei mercati di sbocco, anche accelerando la ratifica di nuovi accordi commerciali di libero scambio, a partire dal Trattato Mercosur, e a rilanciare anche l'iniziativa multilaterale per l'introduzione della Global Minimum Tax;

   9) a promuovere un'iniziativa decisa per una risposta all'altezza delle sfide strategiche, politiche, economiche, sociali e di sicurezza poste all'Europa, avanzando nel completamento del mercato interno e mobilitando le risorse necessarie al rilancio della competitività e della coesione europea, con un grande piano strutturale di investimenti comuni finalizzato alla realizzazione della piena autonomia strategica, sull'esempio del Next Generation EU;

   10) ad adottare una posizione forte e determinata in sede europea, chiedendo un sostanziale raddoppio delle risorse per il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale, al fine di renderlo più ambizioso e adeguato a realizzare le politiche necessarie a fronteggiare le nuove sfide globali;

   11) a collocare l'Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un'unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri;

   12) a promuovere un percorso di reale costruzione di una difesa europea, attraverso una governance democratica chiara del settore e investimenti comuni necessari a realizzare l'autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all'integrazione della capacità industriali e dei comandi militari, all'interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo: a promuovere, pertanto, una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l'acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un'unione della difesa;

   13) a ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei e del Next Generation EU per il finanziamento e l'aumento delle spese militari;

   14) a sostenere la realizzazione di corridoi umanitari sicuri e l'istituzione permanente di una missione europea di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, a promuovere la costruzione di un sistema comune, coordinato e solidale per la gestione strutturale del fenomeno migratorio, a garantire procedure e percorsi equi, sicuri e legali per migranti e richiedenti asilo, in particolare i minori, nonché a contrastare efficacemente il traffico di esseri umani, anche attraverso partenariati responsabili e trasparenti con i Paesi di origine e transito, evitando in ogni caso disumane, inefficaci e costose forme di esternalizzazione delle frontiere dell'Unione europea, come gli hub di rimpatrio in Paesi terzi;

   15) ad adoperarsi affinché tutti gli Stati membri dell'Unione europea rispettino e diano piena attuazione a tutte le decisioni assunte dalla Corte penale internazionale.