19/03/2019
Graziano Delrio
De Luca, Quartapelle Procopio, Scalfarotto, De Maria, Fassino, Guerini, La Marca, Minniti, Berlinghieri, Giachetti, Mauri, Raciti, Rotta, Sensi
6-00057

La Camera,
   premesso che:
    nel prossimo Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, i Capi di Stato e di Governo esamineranno alcune questioni economiche inerenti l'occupazione, la crescita e la competitività le questioni relative ai cambiamenti climatici e alle relazioni esterne dell'unione, nonché altri punti tra cui la lotta alla disinformazione e la protezione dell'integrità democratica delle elezioni europee e nazionali in tutta l'Unione europea;
    il Governo italiano in Europa, al di là delle dichiarazioni formali, si è progressivamente andato isolando: il duro confronto sulla legge di bilancio, lo scontro sul tema dei migranti portato avanti dal Ministro dell'interno Salvini, iniziato la scorsa estate, le posizioni espresse sul Venezuela, in dissenso con la maggioranza dei Paesi europei, il contrasto con la Francia che ha portato il Governo di Parigi a richiamare il proprio ambasciatore a causa delle dichiarazioni del vicepremier Di Maio in occasione dell'incontro con la rappresentanza dei gilet gialli, sono solo alcuni esempi che testimoniano il progressivo isolamento del Governo;
    anche l'accoglienza riservata al nostro Presidente del Consiglio in occasione dal suo intervento nell'aula del Parlamento-europeo di Strasburgo, il 12 febbraio 2019 con il duro intervento del Presidente del gruppo Alde il liberale Verhofstatd, al quale si sono uniti, in un coro di critiche, i presidenti dei gruppi S&D, Verdi e Popolari, la dice lunga sullo stato delle relazioni del nostro Governo a livello europeo;
    si approfondisce la collocazione dell'Esecutivo a fianco dei Paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad, formato dai governi che si collocano più a destra dell'intera Unione europea, come le continue e recenti visite del Ministro dell'interno Salvini testimoniano;
    a peggiorare la situazione, le recenti «dimissioni» del Ministro Savona e l'interim assunto dal Presidente del Consiglio dei ministeri confermano l'assoluta assenza di prospettiva ed un'attenzione inadeguata al ruolo del nostro Paese all'interno dell'unione europea;
    per quanto riguarda il futuro dell'Europa, il 6 marzo 2019 a Bruxelles si è riunito Weuco, Women's European Council, che ha riunito deputate del parlamento europeo, rappresentanti della presidenza del Consiglio europeo, parlamentari provenienti da diversi Parlamenti dell'Unione. In quella occasione si è avuto modo di esaminare i punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo del 21 marzo 2019 in una prospettiva di genere, formulando al riguardo una serie di proposte, tenuto conto che le donne sono ancora sotto rappresentate in ambito europeo, sia nelle istituzioni che nel mercato del lavoro. Le elezioni del prossimo maggio costituiscono un'opportunità per rilanciare il progetto europeo, per far sì che le cittadine ed i cittadini se ne riapproprino partecipandovi attivamente. In questo senso appare fondamentale che i partiti politici europei assicurino un'adeguata rappresentanza di genere nella formazione delle liste elettorali;
    nei prossimi mesi deve essere posta al centro delle politiche europee la necessità di una riforma del mercato del lavoro in grado di colmare il divario non solo in termini di occupazione delle donne, ma anche di divario salariale. L'investimento nel capitale umano è essenziale per migliorare la qualità e la quantità dell'occupazione femminile. A partire dalla scuola dell'obbligo e durante tutta la vita professionale è necessario offrire un sistema di formazione volto a migliorare e aggiornare la qualificazione professionale delle donne e ad accompagnare la transizione in un mondo che cambia. L'alfabetizzazione finanziaria e la formazione nelle materie STEM fondamentale a tale scopo;
    lo scenario economico nel quale si svolge il Consiglio risulta condizionato da nuove incertezze e rischi. Lo slancio espansivo dell'economia mondiale ha di recente subito un rallentamento, anche in ragione di nuove tensioni di natura geopolitica e della vulnerabilità nei mercati emergenti. Il commercio mondiale ha subito una decelerazione verso la fine del 2018 a causa di tensioni commerciali irrisolte e di un rallentamento della crescita nelle economie emergenti. Sebbene le condizioni finanziarie siano nel complesso favorevoli, l'indebolimento dello slancio espansivo ha alimentato la volatilità dei mercati azionari;
    nell'area euro, nel terzo e nel quarto trimestre del 2018 il Pil in termini reali dell'area dell'euro è aumentato dello 0,2 per cento sul periodo precedente, dopo una crescita dello 0,4 per cento nei primi due trimestri. I dati più recenti seguitano a indicare un'evoluzione più debole rispetto alle attese per via del rallentamento della domanda estera, a cui si sono aggiunti alcuni fattori specifici a livello di paese e di settore. Sebbene ci si attenda miglioramenti, la dinamica espansiva di breve periodo dovrebbe risultare più debole di quanto previsto in precedenza. In prospettiva, la crescita dell'area dell'euro continuerà a essere sostenuta da condizioni di finanziamento favorevoli, da ulteriori incrementi dell'occupazione e aumenti delle retribuzioni, da prezzi più contenuti dei beni energetici, nonché dal perdurare dell'espansione dell'attività mondiale, seppure a un ritmo lievemente inferiore;
    nel complesso, le prospettive di crescita nell'area dell'euro si sono orientate al ribasso per via delle persistenti incertezze connesse all'esito della Brexit, ai fattori geopolitici, alla minaccia del protezionismo, alle vulnerabilità nei mercati emergenti e alla volatilità nei mercati finanziari. Tale situazione conferma che è ancora necessario un ampio grado di accomodamento monetario. Il Consiglio direttivo della Bce ha recentemente deciso, infatti, di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della Bce almeno fino all'estate del 2019 e in ogni caso finché necessario per assicurare stabilità nell'area euro;
    in questo quadro, il nostro Paese si trova ad affrontare un clima di crescente instabilità i cui riflessi sono evidenziati, dall'andamento del Pil diminuito, dello 0,2 per cento nel terzo trimestre e dello 0,1 per cento nel quarto trimestre del 2018, dal peggioramento dei principali indicatori di finanza pubblica, a partire dal debito pubblico che è tornato a crescere superando nuovamente la soglia del 132 per cento, nonché dall'andamento dello spread, stabilmente al di sopra dei 250 punti base, e della spesa per interessi sui titoli del debito pubblico. Forte preoccupazione destano, poi, i dati sulla produzione industriale e sul fatturato, che nel 2018 ha registrato un forte ed inatteso decremento rispetto all'anno precedente. Ad aggravare il quadro, si aggiungono le forti tensioni che hanno caratterizzato in questi mesi i rapporti tra l'Esecutivo in carica e le istituzioni europee. Da molti osservatori, l'Italia è vista attualmente come l'anello debole dell'area euro;
    per quanto attiene in particolare ai temi dell'economia, il prossimo Consiglio europeo discuterà del futuro sviluppo del mercato unico, dell'Unione dei mercati dei capitali e della politica industriale nonché della politica digitale europea in preparazione della prossima agenda strategica;
    nel corso dell'ultimo decennio l'Unione europea ha intrapreso una profonda azione di regolamentazione della sua governance economica che non ha tuttavia raggiunto l'equilibrio migliore tra crescita e stabilità, nonché tra le specificità dei diversi sistemi economici e finanziari nazionali;
    fra limiti e azioni incompiute, l'Unione ha comunque mostrato capacità di reazione di fronte a crisi profonde e straordinarie, ma ad oggi è urgente completare e correggere l'agenda strategica comune per promuovere una crescita maggiore e più equa;
    in questa direzione il rafforzamento del mercato unico, anche attraverso un maggiore coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, resta la via prioritaria per garantire uno sviluppo economico come motore della crescita, per l'aumento dell'occupazione, la tutela dei lavoratori, in un contesto globale caratterizzato da interazioni tra sistemi di dimensione continentale che fa emergere sfide concorrenziali inedite;
    il mercato unico è uno dei grandi successi dell'Unione europea che ha apportato considerevoli vantaggi ai cittadini europei. Esso costituisce la principale risorsa per garantire il benessere dei cittadini, una crescita inclusiva e la creazione di posti di lavoro, oltre ad essere un elemento propulsivo essenziale per gli investimenti e la competitività globale;
    venticinque anni dopo la sua costituzione occorre portare avanti l'agenda per il mercato unico in tutte le sue dimensioni e sviluppare un approccio lungimirante. A tal fine, appare fondamentale, in primo luogo, portare a conclusione, prima della fine dell'attuale legislatura, il maggior numero possibile di proposte in discussione nelle sedi istituzionali riguardanti il mercato unico dei beni e servizi, il mercato unico digitale e l'unione dei mercati dei capitali, rimuovendo gli ostacoli ingiustificati rimanenti, soprattutto nel settore dei servizi, nonché prevenendo eventuali nuovi ostacoli e qualsivoglia rischio di frammentazione;
    in prospettiva, la discussione sulla prossima agenda strategica dovrà essere incentrata sulla realizzazione di un mercato unico più profondo ed equo, in grado di mettere al centro lo sviluppo di una legislazione adeguata, efficace e moderna, capace di produrre norme puntuali dal punto di vista della difesa dei consumatori e della concorrenza, dello sviluppo economico, industriale e degli investimenti, dell'occupazione e della salvaguardia dei diritti dei lavoratori, della tutela dell'ambiente. È tempo, inoltre, di iniziare a pensare ad un mercato unico in una visione integrata, in cui il mercato dei beni e servizi ed il mercato digitale siano considerati come un'unica entità, che deve essere ulteriormente sviluppata, dotata di norme moderne e considerata parte integrante e fondamentale dello sviluppo economico dell'area europea;
    relativamente alla politica digitale, l'Unione europea sta affrontando una rivoluzione digitale che sta avendo un grande impatto sulla vita dei cittadini, a livello politico, sociale, economico e culturale;
    appare fondamentale portare a compimento le proposte legislative rimaste in sospeso finalizzate al completamento del mercato unico digitale che comprendono tra le altre, il pacchetto sul diritto d'autore, le proposte sulla cybersicurezza, la proposta sull’e-privacy, la proposta sulla piattaforma online, la proposta sulla vendita online di contenuti digitali e sulla vendita di beni materiali;
    nei prossimi mesi, l'Europa dovrà essere capace di dotarsi di una politica digitale che garantisca il rispetto dei suoi valori chiave, ma che garantisca anche che le nuove opportunità digitali siano accessibili a tutti e non solo ai più potenti o più agiati. I vantaggi dell'economia digitale devono essere a beneficio di tutte le nostre comunità, in Europa e a livello globale, sostenendo i cittadini svantaggiati e meno alfabetizzati, aumentando l'accesso ai servizi pubblici digitali, anche in località remote, per assicurare che i cittadini che non hanno accesso a internet non siano lasciati indietro;
    la Commissione europea ha pubblicato, il 27 febbraio 2019, il winter package del Semestre europeo concernente l'analisi della situazione economica e sociale negli Stati membri. Esso comprende la Comunicazione introduttiva sui principali risultati delle 28 relazioni per Paese – integrate dagli esami approfonditi per gli Stati membri individuati nella relazione sul meccanismo di allerta del novembre 2018. Quanto all'Italia, il Country Report 2019 ha espresso forti preoccupazioni sulla situazione dell'Italia. Per l'esecutivo dell'Unione europea l'Italia presenta squilibri economici «eccessivi» che, unitamente al debito alto e alla protratta scarsa produttività, implicano rischi con rilevanza transnazionale e un rischio contagio per tutta l'Unione europea. La manovra di bilancio per il 2019, nonostante le modifiche introdotte nella fase finale d'esame del provvedimento, presenta misure che impattano negativamente su-deficit, debito pubblico e potenziale di crescita economica del Paese, e che inevitabilmente dovrà essere oggetto a breve di una manovra correttiva;
    negli ultimi anni, l'Italia è stata in prima fila nel dibattito istituzionale per la democratizzazione della governance e delle procedure dell'Unione europea e per la modifica sostanziale delle politiche di austerità, riuscendo ad ottenere una significativa flessibilità in favore degli investimenti. Una politica che ha consentito alla nostra economia di invertire, dopo diversi anni, il ciclo economico recessivo e di acquisire credibilità internazionale ed europea. Alla luce di quanto accaduto con l'esecutivo in carica a partire da giugno 2018, il patrimonio di credibilità è stato compromesso da iniziative scoordinate che, anziché rafforzare il ruolo del Paese nel contesto internazionale, lo hanno portato all'isolamento;
    parallelamente, una discussione sul completamento dell'Unione dei mercati dei capitali non può prescindere dalle valutazioni in materia di incompletezza dell'Unione bancaria, dal momento che l'integrazione finanziaria, da accompagnare alla tutela della diversità, del radicamento territoriale e del risparmio in senso ampio, è fondamentale per massimizzare l'efficienza del mercato dei capitali e dello stesso sistema bancario;
    se, da un lato, il rafforzamento del ruolo dell’equity e del mercato dei capitali nell'allocazione del risparmio nazionale e nel finanziamento delle imprese è indispensabile e va maggiormente promosso, dall'altro, è necessario continuare a sostenere il sistema bancario poiché è importante sia che mantenga una funzione centrale nell'erogazione del credito, in particolare in Italia per la presenza di un forte nucleo di piccole imprese per cui questo tipo di canale resta essenziale, sia che si dimostri in grado di accompagnare le medesime imprese proprio sul mercato dei capitali in espansione;
    sono prossime in ambito comunitario le revisioni della Brrd e di Solvency II e l'introduzione nel quadro legislativo europeo del completamento di Basilea III: in questa cornice, è fondamentale che il nostro Paese mantenga salda la rotta europeista dal momento che l'interesse dell'Italia può essere perseguito solo nel quadro di un più generale interesse europeo e ricoprendo un ruolo forte e credibile nell'ambito del processo di discussione e di decisione ad ogni livello;
    condizione necessaria per orientare le decisioni all'equilibrio fra riduzione e condivisione dei rischi, soprattutto in ambito finanziario, è scongiurare le conseguenze di una sterile contrapposizione tra Roma e Bruxelles, e definire una combinazione reciprocamente virtuosa tra obiettivi nazionali e comuni tanto sul mercato unico, che va rafforzato al fine di potenziare l'integrazione di filiere e catene di valore ad oggi esistenti e di far fronte alle possibili conseguenze, in particolare sui lavoratori europei, del recesso del Regno unito dall'Unione europea quanto in materia di unione dei mercati dei capitali e di unione bancaria;
    contestualmente, implementare una politica industriale comune in grado di definire una dimensione europea che resti competitiva a livello globale anche nel lungo periodo è quanto mai urgente e da attuare promuovendo le tecnologie strategiche attraverso ingenti investimenti, pubblici e privati, e la ricerca pura e applicata, mediante una maggiore sinergia tra imprese e università da realizzare attraverso commesse e progetti comuni, e sostenendo una più forte crescita del mercato unico europeo anche in settori nei quali per il momento risultiamo svantaggiati, attraverso la collaborazione fra i Paesi dell'Unione, che sia inoltre in grado di fornire efficaci risposte alle ritorsioni sul piano degli scambi economici del riemergere di politiche di chiusura commerciale a livello globale;
   per quanto attiene al tema dei cambiamenti climatici:
    solo qualche giorno fa, il 15 marzo 2019, centinaia di migliaia di studenti e giovani di oltre 98 Stati in ogni parte del pianeta – in Europa, negli Stati Uniti, in Sud America, ma anche in Russia, India, Cina – si sono riuniti in uno sciopero internazionale per chiedere con forza ai Governi dei Paesi di tutto il mondo azioni concrete contro i cambiamenti climatici;
    gli interventi volti ad affrontare i cambiamenti climatici e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra sono da sempre una priorità dell'Unione europea, tesa a garantire la transizione del Continente verso un'economia ad alta efficienza energetica e a basse emissioni di carbonio; l'Unione europea e i suoi Stati membri sono stati in effetti in prima fila negli accordi internazionali per il clima: dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), al Protocollo di Kyoto, al nuovo Accordo di Parigi del 2015;
    il primo pacchetto di misure dell'Unione europea è stato adottato nel 2008, fissando gli «obiettivi 20-20-20», per poi avanzare su impegni integrati a più lungo termine, giungendo all'approvazione del Quadro per il clima e l'energia 2030, che individua una serie di obiettivi di medio e misure di intervento per il periodo 2020-2030 in vista del raggiungimento dell'obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 per cento rispetto ai livelli del 1990;
    in questo quadro, il Consiglio europeo del dicembre 2018, seguito alla presentazione a fine novembre della comunicazione della Commissione europea «Un pianeta pulito per tutti» (COM2018(773)), e alla Conferenza sul clima di Katowice (COP24) tenutasi a inizio dicembre, si è impegnato a fornire nel primo semestre del 2019 orientamenti sulla direzione generale e sulle priorità politiche in materia di cambiamenti climatici, così da consentire all'Unione di presentare una strategia a lungo termine entro il 2020 che fosse perfettamente in linea con l'Accordo di Parigi di mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale al di sotto dei 2oC, proseguendo gli sforzi di limitarlo a 1,5oC;
    la citata comunicazione della Commissione «Un pianeta pulito per tutti» nasceva dall'ambizione di rendere l'Unione guida nell'azione internazionale per il clima, e di individuare gli elementi imprescindibili della transizione verso una economia a zero emissioni entro il 2050, equa sul piano sociale ed efficiente dal punto di vista dei costi, delineando quindi l'insieme delle trasformazioni economiche e sociali che dovrebbero essere intraprese per realizzare l'azzeramento delle emissioni entro il 2050; sette sono gli ambiti strategici individuati: efficienza energetica; diffusione delle energie rinnovabili; mobilità pulita, sicura e connessa; competitività industriale ed economia circolare; infrastrutture e interconnessioni; bioeconomia e pozzi naturali di assorbimento del carbonio; cattura e stoccaggio del carbonio per ridurre le emissioni permanenti;
    nella COP24 di Katowice di dicembre 2018, nella quale pure non si è potuto segnare il raggiungimento di impegni vincolanti sull'adozione di un quadro normativo condiviso per l'attuazione dell'Accordo di Parigi, si è quanto meno addivenuti ad adottare, come nelle intenzioni delle istituzioni europee, un corpo di regole per l'implementazione dell'Accordo di Parigi, che tocca gli aspetti della trasparenza, dei finanziamenti, della mitigazione e dell'adattamento;
    in questo quadro di azione, dunque, un passaggio fondamentale è la presentazione da parte degli Stati membri dei progetti di Piani nazionali integrati per l'energia e il clima (Pnec) fondamentali per conseguire gli obiettivi al 2030 in questi settori, che poi dovranno essere definitivamente approvati entro il dicembre 2019, fissando i nuovi obiettivi vincolanti a livello europeo;
    il nostro Paese avrebbe dunque in questo campo un ruolo rilevante da svolgere, se – a differenza di quanto sembra purtroppo oggi avvenire – sapesse proseguire quel percorso di sviluppo sostenibile inaugurato dai Governi della scorsa legislatura, che grazie anche ad ingenti investimenti di risorse avevano saputo raggiungere importanti realizzazioni in campo ambientale con azioni concrete di ampio respiro a favore dello sviluppo della green economy; sul piano interno, invece, i segnali che vengono oggi dall'azione di Governo non lasciano ben sperare, stanti anche gli importanti tagli a quelle risorse che consentirebbero la transizione ecologica per realizzare un modello di sviluppo sostenibile;
    è necessario portare avanti, a livello europeo e internazionale, una strategia che indichi la centralità della crisi climatica ed ecologica quale occasione per la trasformazione dei processi produttivi basata sulla green economy passando da modelli di produzione e consumo lineari al modello circolare che veda coinvolti il sistema dei trasporti, la rigenerazione delle città, la produzione alimentare, la qualità dei prodotti e dei processi industriali, e realizzando innovazione ecologica in tutti i settori industriali, nei servizi, nell'agricoltura, con l'uso efficiente dell'energia e delle materie prime, e una corretta gestione del ciclo dei rifiuti;
   per quanto attiene in particolare al tema delle relazioni esterne:
    per quanto attiene alla Brexit l'evoluzione attuale della situazione conferma un quadro confuso e problematico con cui anche il Governo italiano dovrebbe confrontarsi lucidamente, con proposte adeguate;
    non sono ancora chiari gli sviluppi delle future relazioni tra l'Unione europea e la Gran Bretagna, stante anche l'indisponibilità delle istituzioni europee a rinegoziare i termini di un accordo che, nel frattempo, sono stati respinti dal Parlamento britannico;
    nell'ultima settimana, la situazione si è fatta se possibile ancora più confusa. A pochi giorni dalla data del 29 marzo 2019; al momento in cui si scrive ancora ipotizzata come data di inizio del processo di fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, il Parlamento britannico ha votato no all'ipotesi di un « no deal» vale a dire l'uscita dall'Unione senza alcun accordo;
    la House of Commons, infatti, il 13 marzo 2019, ha approvato con 321 voti a favore e 278 contrari la mozione del Governo, come emendata a seguito dell'approvazione dell'emendamento presentato dalla deputata conservatrice Caroline Spelman, con cui si respinge la possibilità di recedere dall'Unione europea senza un accordo in ogni tempo e circostanza;
    anche la possibilità di un secondo referendum sulla Brexit, intanto, è stata bocciata dal Parlamento britannico che, in un susseguirsi di votazioni, il 14 marzo 2019 ha approvato la mozione del Governo per chiedere a Bruxelles un'estensione dei tempi di uscita dai 3 ai 9 mesi. Spetterà dunque al Consiglio europeo del 21 e 22 marzo 2019 decidere all'unanimità su tale richiesta;
    la confusione regna comunque sovrana non solo a Londra, ma anche a Roma, dove il Ministro degli esteri Moavero Milanesi, nel corso di una audizione di fronte alle commissioni esteri e politiche europee della Camera, ha dichiarato essere favorevole ad eventuale proroga termini per accordo, che vada oltre il 29 marzo, mentre il suo sottosegretario Picchi ritiene che No Deal o rinvio siano più o meno la stessa cosa, e da ultimo il vicepremier Salvini ha annunciato che Lega non ha ancora posizione al riguardo;
    intanto, nessuna concreta iniziativa è delineata in difesa delle priorità dell'Italia nelle negoziazioni sulla «Brexit», stante il gran numero di cittadini italiani residenti nel Regno Unito, al fine di assicurare ai nostri connazionali garanzie sociali, lavorative, sanitarie e di libera circolazione già previste dal diritto comunitario. Il Regno Unito rappresenta un importante mercato di sbocco per l'Italia. Nel 2017 l’export made in Italy verso il mercato britannico ammontava a 23,1 miliardi di euro. L'esito del voto del Parlamento britannico comporta, pertanto, un'indubbia serie di ricadute negative per le imprese esportatrici italiane, che potrebbero trovarsi a dover utilizzare le regole tariffarie del Wto. Il comparto «Bevande, vini e bevande spiritose» e il comparto «Agrifood», sono certamente tra quelli più esposti con esportazioni per un valore rispettivamente pari a 1,1 miliardi di dollari e 2,6 miliardi di dollari solo nel 2017. Accanto ai predetti comparti, pesanti ricadute verrebbero a verificarsi anche per il comparto «Legno e arredi» e per tutto il settore automobilistico. Inoltre, altre importanti attività che si troverebbero esposte sono tutte le attività finanziarie e di intermediazione che necessiterebbero di apposite autorizzazioni, nonché il comparto relativo alle imprese e ai materiali di difesa italiane, che da sempre intrattengono stretti rapporti commerciali con il Regno Unito;
    nulla, infine riguardo al responsabile del coordinamento tecnico interministeriale per l'addio di Londra, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, incarico vacante da mesi in una situazione di così grave instabilità;
    per quanto attiene alla politica estera con particolare riferimento alla situazione del Venezuela, il 23 gennaio 2019 il leader dell'opposizione e capo dell'Assemblea nazionale Juan Guaidò è stato proclamato «presidente ad interim» – in base all'articolo 233 della Costituzione venezuelana che da questa facoltà al presidente dell'Assemblea nel caso in cui il presidente in carica non abbia adempiuto ai basilari compiti del suo ufficio – sfidando apertamente il capo di Stato Nicolas Maduro;
    sin dal primo momento, la comunità internazionale si è attivata per risolvere la crisi: gli Stati Uniti e l'unione europea hanno supportato Guaidò e con loro il Gruppo di Lima (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Paraguay e Perù), Ecuador, l'Organizzazione degli Stati Americani (Osa). Cuba, Nicaragua e Bolivia in America Latina; Russia, Cina, Iran, Siria e Turchia a livello mondiale, invece, si sono schierati a fianco di Maduro;
    sono finora 21 i Paesi europei, tra cui Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania, che legittimano le rivendicazioni del presidente dell'Assemblea nazionale venezuelana e lo hanno riconosciuto come presidente del Venezuela;
    il 31 gennaio il Parlamento europeo ha riconosciuto Juan Guaidò come legittimo presidente ad interim del Venezuela;
    mentre gli eurodeputati di Lega e Movimento 5 stelle si sono astenuti dal voto della risoluzione al Parlamento europeo, il Governo italiano ha messo il veto sul tentativo europeo di arrivare a una dichiarazione comune dei 28. L'intesa era stata promossa dalla Svezia. La Grecia, che si era schierata a favore di Maduro, non si è esplicitamente opposta;
    da quel momento le dichiarazioni dei leader di maggioranza sono state una in contraddizione con l'altra: il vicepremier Salvini ha incontrato una delegazione di rappresentanti di Guaidò, al contrario del vicepremier, Di Maio che, invece, si è rifiutato, mentre il Ministro degli esteri Moavero rilasciava dichiarazioni circa un ruolo di mediazione dell'Italia;
    relativamente al tema della disinformazione, nel mese di dicembre 2018, è stato presentato, congiuntamente dalla Commissione e dall'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, un piano d'azione contro la disinformazione che si concentra su quattro settori chiave, che dovrebbero potenziare le capacità dell'Unione europea rafforzare la cooperazione con gli Stati membri: 1. Un'individuazione più efficace, anche attraverso il ricorso a personale specializzato; 2. Una risposta coordinata, attraverso l'istituzione di un apposito sistema di allarme rapido; 3. Piattaforme on-line e industria, chiamate all'attuazione degli impegni assunti nel codice di autoregolamentazione, concentrandosi sulle azioni urgenti in vista delle elezioni europee del 2019; 4. Sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini, anche attraverso campagne di alfabetizzazione mediatica;
    in questa occasione l'Alta rappresentante/Vicepresidente Federica Mogherini ha dichiarato: «Una democrazia sana si fonda su un dibattito pubblico aperto, libero ed equo. È nostro dovere proteggere questo spazio e non permettere a nessuno di diffondere notizie false che alimentano l'odio, le divisioni e la sfiducia nella democrazia. Abbiamo deciso di agire insieme, come Unione europea, e di rafforzare la nostra risposta, promuovere i nostri principi, sostenere la resilienza delle nostre società all'interno delle nostre frontiere e nel vicinato. Questo è il modo europeo di rispondere a una delle principali sfide dei nostri tempi.»;

    il recente scandalo Facebook – Cambridge Analytica ha dimostrato la facilità con la quale è possibile manipolare le opinioni dei cittadini, tracciando il loro profilo politico dai dati personali degli utenti e quanto sia altrettanto facile fame un cattivo uso per influenzare poi le scelte politiche;
    il 14 novembre 2018 il Parlamento Europeo in seduta plenaria ha svolto un intenso dibattito sul tema dell'influenza degli attori stranieri per la prossima campagna elettorale per il Parlamento europeo, nel corso del quale è emersa la necessità di adottare misure urgenti per garantire che le difese contro le interferenze straniere siano efficaci;
    è ormai evidente che assicurare un alto livello di sicurezza ai cittadini europei significa andare oltre il controllo delle frontiere fisiche e dello spazio. I cyberattacchi, il cybercrimine non conoscono infatti frontiere fisiche. Il loro impatto sul mondo reale ha ormai superato una soglia limite, cosicché ogni minaccia di carattere cibernetico e ibrido pone un chiaro e crescente rischio per la società e l'economia. La risposta europea a tali minacce è stata a lungo troppo lenta, e per prima cosa è necessario monitorarle e controllarle in maniera più continuativa e più solida. In tal senso, sono state avanzate dalla Commissione europea alcune proposte relative alla rapida rimozione dei contenuti on-line di stampo terroristico, sulla cybersicurezza europea, sulle modalità per assicurare elezioni libere e trasparenti, specialmente nel contesto delle prossime elezioni per il Parlamento europeo, contro le campagne di disinformazione e l'utilizzo illegale di dati personali;
    l'adozione delle suddette misure di sicurezza e di lotta alla disinformazione appaiono tanto più urgenti in vista della prossimità delle elezioni europee e nazionali in tutta l'Unione europea previste nel mese di maggio 2019, e devono vedere il nostro Paese in prima linea nell'attuazione di efficaci interventi contro le attività di disinformazione dei cittadini elettori e le possibili interferenze straniere sul voto,

impegna il Governo

   1) a proseguire nel sostenere il rafforzamento del mercato unico e il completamento dell'Unione dei mercati dei capitali, orientando le discussioni e le decisioni all'equilibrio tra stabilità e crescita, tra rischi di mercato e rischi di credito e tra mutualizzazione e riduzione dei rischi nei mercati finanziari, in particolare per accelerare il contestuale completamento dell'Unione bancaria, condizione imprescindibile per il rafforzamento dell'Uem;
   2) al fine di tutelare il risparmio e la stabilità finanziaria, ad avviare iniziative per rilanciare il negoziato per il sistema europeo di garanzia dei depositi, che può essere introdotto con la necessaria gradualità, ma che va incardinato e deve svilupparsi sia sul piano del sostegno alla liquidità sia su quello dell'assorbimento delle perdite e per migliorare la proposta della Commissione europea che introduce urna funzione di stabilizzazione macroeconomica per l'area euro;
   3) ad adoperarsi affinché si prosegua nel lavoro per la costruzione di un mercato unico europeo pienamente efficiente, anche in considerazione delle conseguenze del recesso del Regno unito dall'Unione europea, rafforzando la cooperazione tra gli Stati membri, procedendo sulla strada della costruzione di norme omogenee, superando l'attuale frammentazione normativa nel mercato dei beni e servizi; a sostenere l'adozione di norme moderne ed efficaci capaci di considerare il mercato unico in tutte le sue forme, ricomprendendo anche quelle sviluppate sulle piattaforme digitali, ferma restando la difesa dei diritti dei lavoratori e dei consumatori;
   4) relativamente alle politiche digitali, ad adoperarsi per il completamento del mercato unico digitale e per rafforzare in prospettiva le iniziative in tema di innovazione tecnologica e sviluppo dell'economia digitale allo scopo di favorire lo sviluppo di commercio elettronico, della ricerca e innovazione, dell'intelligenza artificiale, delle innovazioni pionieristiche, della fiscalità nell'ambito dell'economia digitale, adeguando i sistemi di tassazione tenendo conto della crescente economia digitale, su nuove soluzioni per combattere l'evasione e l'elusione fiscali e sui modi per garantire al meglio le sinergie a livello Unione europea e internazionale;
   5) ad assumere iniziative per rafforzare le esistenti misure di sostegno delle attività commerciali maggiormente meritevoli di tutela, estendendo in particolare lo Sme supporting factor, strumento essenziale per contrastare la tendenza ad un restringimento dei canali di finanziamento per le piccole e medie imprese per effetto del quadro prudenziale esigente, aprendo un percorso per riconoscere la specificità e il valore del sostegno all'economia sociale e a quella green;
   6) a sostenere l'implementazione di una politica industriale comune orientata alla crescita e allo sviluppo del mercato unico europeo in particolare nei settori in cui si rilevano degli svantaggi competitivi, favorendo le sinergie fra gli apparati industriali dei paesi dell'Unione, europea al fine di potenziare reintegrazione di filiere e catene di valore, nell'ambito delle sfide industriali, energetiche, ambientali che hanno un impatto non solo sulle imprese, ma anche sulla vita dei cittadini, e tutelando l'interesse nazionale in un'ottica costruttiva e di collaborazione attiva fra gli Stati membri;
   7) relativamente ai cambiamenti climatici;
    a) ad agire in sede di Consiglio europeo al fine di garantire nei prossimi mesi la fissazione di orientamenti sulla direzione generale e sulle priorità politiche in materia di cambiamenti climatici, per permettere la compiuta realizzazione entro il 2020 di quella strategia politica in materia di cambiamenti climatici a lungo termine, equa sul piano sociale ed efficiente dal punto di vista dei costi, che sia perfettamente in linea con l'Accordo di Parigi di mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto dei 2oC, proseguendo gli sforzi di limitarlo a 1,5oC;
    b) ad adoperarsi affinché gli obiettivi fissati a livello europeo in materia di politiche per il contrasto dei cambiamenti climatici siano poi concretamente e puntualmente portati avanti da ciascuno Stato membro e nelle relazioni commerciali dell'Unione europea, favorendo, da un lato, l'incremento delle risorse del bilancio europeo per clima e ambiente che, pur registrando un significativo aumento del 70,3 per cento rispetto al precedente QFP, con 5,4 miliardi di euro, non raggiungeranno nemmeno lo 0,5 per cento del bilancio dall'altro prevedendo meccanismi che impegnino, salvo l'eventuale applicazione di misure sanzionatorie, gli Stati membri all'immediato abbandono dei combustibili fossili più inquinanti;
    c) a favorire il raggiungimento, con ogni azione a livello europeo ed internazionale, da parte dell'Unione, di un ruolo di leadership a livello globale affinché, nelle prossime riunioni internazionali in materia di cambiamenti climatici, sia raggiunto il traguardo dell'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso per l'attuazione dell'Accordo di Parigi;
    d) a favorire nuovi impegni a livello europeo per il sostegno di politiche virtuose nei settori dell'energia, dell'ambiente, della neutralità carbonica, venendo incontro a quella domanda di azioni concrete da parte dei Governi mondiali che in questi giorni proviene con forza dai giovani di ogni parte del pianeta riuniti nel Global Climate Strike for future;
   8) per quanto attiene alla questione della Brexit:
    a) ad assumere iniziative per condividere in tempi rapidi una posizione il più possibile unitaria con i Paesi europei, capace di esprimere un voto condiviso in seno al Consiglio, qualora questi si esprimano a favore di una proroga del termine del 29 marzo 2019 al fine di scongiurare l'ipotesi di un « no deal» vale a dire l'uscita del Regno Unito dall'Unione senza alcun accordo;
    b) a difendere le priorità dell'Italia nelle negoziazioni sulla «Brexit», stante il gran numero di cittadini italiani residenti nel Regno Unito, al fine di assicurare ai nostri connazionali garanzie sociali, lavorative, sanitarie e di libera circolazione già previste dal diritto comunitario vigente, nonché ad adottare le iniziative necessarie ed urgenti al fine di tutelare le imprese italiane che si troverebbero esposte a pesanti ricadute economiche;
    c) a mettere in atto misure di emergenza in caso di mancato accordo tra l'Unione europea e Regno Unito con il fine di proteggere i diritti dei cittadini italiani che rientreranno in Italia, salvaguardare i diritti dei cittadini britannici in Italia, assicurare la circolazione di merci e persone e soprattutto chiedere al Governo britannico reciprocità delle misure quali la salvaguardia dei diritti acquisiti degli oltre 600 mila cittadini italiani residenti nel Regno Unito;
   9) in materia di disinformazione;
    a) a sostenere l'adozione di norme comuni, in sintonia con quanto stabilito dal Piano d'azione della Commissione europea, al fine di favorire la libera informazione e la difesa del diritto dei cittadini a disporre di notizie certe e non inquinate da ingerenze esterne, capaci di manipolare l'orientamento dell'opinione pubblica e lo stesso regolare svolgimento delle prossime consultazioni elettorali. In particolare, ad assicurare l'appoggio ad ogni opportuna misura di carattere europeo relativa alla resistenza dei sistemi democratici dell'Unione contro gli attacchi informatici e le attività illegali nel cyberspazio in occasione delle prossime elezioni europee, garantendo, anche attraverso la sua azione in sede europea, che sia raggiunto il giusto equilibrio tra una efficace azione di contrasto alla disinformazione e alle attività illegali nel cyberspazio e la tutela dei diritti fondamentali quali la libertà di espressione, il rispetto della vita privata dei cittadini e la tutela dei dati personali, con una attenzione particolare a social network e piattaforme digitali.

Seduta del 19 marzo 2019

Interventi di Piero De Luca e Massimo Ungaro

Dichiarazione di voto di Ivan Scalfarotto