Lavoro

Ddl lavoro: un altro no al salario minimo e aumento della precarietà

10/10/2024

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TRASFORMANO IL MERCATO DEL LAVORO NEL SUPERMARKET DELLA PRECARIETÀ

 

Questo disegno di legge in materia di Lavoro, approvato dalla Camera con 158 voti favorevoli e 121 contrari, è un provvedimento che si distingue soprattutto per quello che non c’è.

Nei 33 articoli che lo compongono, infatti, non viene affrontata nessuna delle grandi questioni inerenti al mondo del lavoro in Italia: i bassi salari, la parità retributiva tra uomini e donne, la sicurezza sul lavoro. E soprattutto non viene affrontato il tema drammatico del lavoro povero e del lavoro sfruttato, preferendo concentrare l’attenzione su aspetti marginali della disciplina lavoristica, o peggio aumentando ancor di più la precarietà.

Il Partito democratico conduce, fin dall’inizio della legislatura, la battaglia per l’inserimento di un salario minimo legale, sostenendo che sotto i 9 euro lordi all’ora non è lavoro bensì sfruttamento. Ma maggioranza e governo fuggono dalla discussione in Parlamento, preferendo nascondersi dietro tecnicismi e sotterfugi pur di non affrontare un dibattito a viso aperto. Non solo hanno stravolto la proposta di legge delle opposizioni, trasformata in una delega al governo da esercitare entro sei mesi per affrontare l’emergenza salariale attraverso la contrattazione collettiva. Ma, come era stato evidenziato in Aula dal Pd, quella delega era solo un espediente per evitare di affrontare il tema. Ne sono passati dieci di mesi e di quella proposta non c’è traccia, visto che al Senato non è iniziato nemmeno l’esame.

Anche durante il dibattito alla Camera sul disegno di legge in esame, il Pd, insieme alle altre opposizioni, ha presentato un emendamento per introdurre il salario minimo di 9 euro lordi all’ora ma, nuovamente, la destra l’ha bocciato. Arrivando a bocciare perfino l’ordine del giorno che chiedeva al governo almeno di riaprire la discussione. Segno di una chiusura totale.

Nel frattempo il potere d’acquisto dei salari continua a scendere e gli oltre tre milioni di lavoratrici e lavoratori poveri si ritrovano ancora una volta senza risposte. Il governo preferisce voltare la testa da un’altra parte e fingere di poter ignorare un tema non più eludibile. Lo conferma anche il dato delle decine di migliaia di cittadini che hanno firmato, e stanno firmando, per una legge di iniziativa popolare per l’introduzione di un salario minimo.

 

Nella dichiarazione di voto finale, annunciando il voto contrario del PdElly Schlein ha detto che:

“Questa legge che approvate oggi trasforma il mercato del lavoro nel supermarket della precarietà; eliminate il tetto al lavoro in somministrazione, lo liberalizzate pienamente; (…) allargate l'uso dei contratti stagionali, superando la sentenza della Cassazione che ne limitava l'uso a determinati settori e in determinati periodi; eliminate anche la causa ostativa sul regime forfettario nei contratti misti, aprendo, quindi, la strada all'abuso delle finte partite IVA; ma, soprattutto, state superando il divieto di dimissioni in bianco, una scelta che lede l'autonomia delle donne e che rende più ricattabile chi lavora, caricandogli addosso l'onere della prova del licenziamento dopo 15 giorni di assenza. (…)

Nessun respiro strategico, nessuna analisi della qualità dell'occupazione; solo una lettura propagandistica dei dati. (…)

Vi abbiamo proposto di rivedere i criteri escludenti dell'accesso agli ammortizzatori sociali per i lavoratori autonomi, ma niente, ve ne fregate di 400.000 lavoratori autonomi che non arrivano ai 20.000 euro l'anno e non riescono ad accedere a un aiuto per il quale già pagano un contributo. L'obiettivo dovrebbe essere fermare l'esodo silenzioso dei giovani; e invece no, siete ossessionati dall'immigrazione e non vedete l'emigrazione di tanti giovani in gamba che vorrebbero restare, ma con contratti così precari e salari così bassi non ce la fanno e partono; 100.000 ragazze e ragazzi tra il 2022 e il 2023 sono andati via, perché se hai un contratto di un mese e non sai se ce l'avrai domani come fai a costruirti un futuro, come fai a costruirti una famiglia?

State offrendo loro lavoro povero, precarietà, lavoro nero, salari da fame.

Con questa legge, le condizioni materiali del lavoro si aggraveranno. Io direi che potevate sceglierle un altro nome: favoreggiamento dell'emigrazione sarebbe stato un nome più adatto”.

 

E Chiara Braga, capogruppo Pd, nell’intervenire sull’articolo 19, ha evidenziato, tra gli altri, il rischio di favorire la subdola pratica delle dimissioni in bianco. “La pratica delle dimissioni in bianco fu una delle prime cambiali pagate nel 2008 dal governo Berlusconi a chi voleva sfruttare i lavoratori. Un'ingiustizia, che colpiva soprattutto le donne, alla quale avevamo messo fine nel 2015 con una legge che ripristinava ambiti e limiti ai datori di lavoro (…).

Ridurre i tempi e i sistemi di controllo da parte degli ispettorati diventa ora il modo per avere lavoratori e lavoratrici più deboli. La maggioranza si appresta a ripristinare, pezzo dopo pezzo e in modo subdolo, una delle piaghe peggiori del mercato del lavoro in Italia, una clausola nascosta che prima del 2015 colpiva 2 milioni di dipendenti e che nell'80% dei casi restava un reato taciuto e, quindi, impunito”.

 

Un discorso simile può essere fatto per l’articolo 10, relativo ai contratti di somministrazione, con il quale, di fatto, travolgono gli attuali limiti per il suo utilizzo, favorendo così la liberalizzazione totale di questa tipologia contrattuale, arrivando al paradosso che potrà esistere un’impresa con il 100% dei dipendenti in somministrazione, senza più alcun rapporto tra datore di lavoro e dipendente. La somministrazione può avere un senso se limitata in momenti temporaneamente definiti, nei quali l’impresa ha un effettivo bisogno di questo personale, non può essere un modo per aggirare e sgretolare tutte le normative a difesa dei lavoratori.

Per questi motivi il Pd ha presentato un emendamento per riportare questo strumento allo scopo reale per cui potrebbe essere utilizzato nel mercato del lavoro, ma è stato bocciato.

La mancanza di norme efficaci per contrastare le morti sul lavoro è un altro grande buco di questo provvedimento, il quale – aumentando la precarietà – di fatto diminuisce anche la sicurezza sul lavoro. I numeri rivelano infatti un legame molto stretto tra morti sul lavoro da un lato e precarietà e utilizzo a intermittenza dei lavoratori dall’altro.

 

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