Lavoro
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Con un colpo di mano, la maggioranza di destra stravolge la proposta unitaria del Pd e delle altre opposizioni sul salario minimo e con un emendamento la trasforma in una legge delega al governo, voltando le spalle a milioni di lavoratori poveri.
La proposta di legge unitaria, iscritta nel calendario dell'Assemblea in quota opposizione, diceva fondamentalmente due cose:
1) che bisogna rafforzare la contrattazione collettiva, facendo valere verso tutti i lavoratori e le lavoratrici di un settore la retribuzione complessiva prevista dal contratto firmato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative;
2) che sotto i 9 euro di minimo tabellare non si può andare, perché sotto quella soglia si calpesta la dignità del lavoro.
Il governo Meloni e la maggioranza di destra, di fronte a questa proposta e alla possibilità che venisse discussa in Parlamento, hanno scelto di fuggire. Di fuggire dal confronto, di fuggire da una discussione nel merito, e di voltare le spalle in maniera vigliacca a quei 3,5 milioni di lavoratori poveri, lavoratori sfruttati con un salario da fame.
Il Pd aveva anche raccolto oltre 500mila firme a sostegno del salario minimo ma la destra è rimasta sorda.
Con questo emendamento poi approvato in Aula, e con la conseguente bocciatura di tutti gli emendamenti delle opposizioni, la destra fugge dal confronto, esautora il Parlamento dalle sue funzioni legislative, calpesta i diritti delle opposizioni ma soprattutto volta le spalle a tutti quei lavoratori che aspettavano un salario minimo stabilito per legge. Ossia che venisse stabilito che sotto la soglia dei 9 euro all’ora non è più lavoro ma sfruttamento.
Il Partito democratico, come anche le altre opposizioni, ha ritirato la propria firma dalla proposta di legge, perché è diventata un’altra cosa, una legge di segno opposto, appunto una delega al governo che non contiene alcun salario minimo.