Trasporti
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E' IL CODICE DELLA STRAGE
I numeri relativi alle vittime della strada disegnano uno scenario inquietante, da teatro di guerra: nel 2022 ci sono stati 3.159 morti e oltre 220mila feriti. Questo vuol dire nove morti ogni giorno per tutti i giorni dell’anno, e circa 600 feriti al giorno.
Le morti in strada sono la prima causa di morte tra i giovanissimi e il 70% degli incidenti avvengono in ambito urbano. Anche per il 2023, purtroppo, i dati della sicurezza stradale confermano che l'Italia è uno dei Paesi europei con il peggiore tasso di mortalità e con la minore riduzione degli incidenti mortali. Dietro questi numeri terribili ci sono vite spezzate, famiglie distrutte, sogni e speranze persi per sempre. Non è più possibile parlare di semplici incidenti come fossero il frutto di una casualità sfortunata. Nella grandissima maggioranza dei casi si tratta di scontri, diretta conseguenza di azioni non corrette.
È necessario un cambiamento radicale del modo stesso di concepire e vivere le strade urbane ed extraurbane.
Purtroppo questo cambiamento radicale è totalmente assente dal nuovo codice della strada voluto dal centrodestra.
Il Partito democratico si era detto favorevole ad affrontare il tema della sicurezza stradale con spirito costruttivo, mettendo al centro la tutela della vita dei cittadini. Perché un tema come questo andava affrontato senza divisioni ideologiche. In quest’ottica il Pd ha presentato oltre 250 emendamenti in Commissione Trasporti, e molti in Aula, per tentare di migliorare il testo. Alcuni emendamenti sono stati accolti, o riformulati dai relatori, come per la sospensione breve immediata della patente per chi guida usando lo smartphone, l’apertura al ricorso ai simulatori di guida, l’apertura alle notifiche digitali immediate delle multe, l’apertura al rafforzamento delle iniziative sulla sicurezza stradale nelle scuole. Ma nell’insieme il testo è rimasto insufficiente. Non ha raccolto l’appello dei familiari delle vittime sulla strada a mettere la sicurezza al primo posto, non affronta il grande tema della velocità, della disattenzione e del rispetto delle regole e dei limiti attraverso il ricorso alle nuove tecnologie, non apre alla formazione permanente per consentire a tutte le persone di conoscere e applicare le nuove norme, non introduce dispositivi per salvare le vittime degli angoli ciechi dei mezzi pesanti. Porta invece avanti una assurda crociata contro i poteri dei Sindaci, contro la ciclabilità e la mobilità sostenibile. Ed è per questo che il Pd ha votato contro.
Il nuovo codice della strada, più che una riforma, appare una vera e propria controriforma: più velocità, meno controlli, meno tutele dai pericoli, meno tutele per i più fragili, più tolleranza per chi ignora i divieti, più punizioni per chi sceglie mezzi meno inquinanti e meno autonomia per i sindaci. Il nuovo codice della strada, infatti, riduce l'azione e l'autonomia dei Comuni, limita i controlli della velocità e diminuisce radicalmente lo sviluppo della mobilità ciclistica, sia con interventi di natura tecnica, come la cancellazione della segnaletica orizzontale, sia frenando la progettualità delle amministrazioni locali nel tracciare nuove piste ciclabili.
La maggior parte delle vittime in città sono pedoni (30%), ciclisti (29%) e motociclisti (11%). Dal governo nessun investimento e nessuna nuova regola per far rispettare i limiti di velocità, principale causa di incidenti mortali in città.
Sono state privilegiate misure che allontanano le città italiane dalle altre città europee, che favoriscono gli utenti più forti della strada e non tutelano invece i più vulnerabili come pedoni e ciclisti.
Il Pd ha portato avanti un’idea diversa di mobilità, che tenesse insieme sicurezza, tutela dell'ambiente e vivibilità delle città, che tutelasse il trasporto pubblico locale e l'autonomia dei comuni. Ma la maggioranza di centrodestra non ha voluto sentire ragioni. È rimasta sorda non solo alle proposte delle opposizioni, ma anche agli appelli delle associazioni dei familiari delle vittime della strada, che hanno chiesto al governo di fermarsi, di ragionare di più e meglio sulle norme da approvare. Associazioni che hanno ribattezzato questo nuovo codice della strada come il codice della strage, perché non solo non affronta e non riduce le cause delle migliaia di morti ma addirittura peggiora la situazione.
Questo testo non solo è inadeguato, ancorato all'impostazione del secolo scorso che vedeva l'automobile centrale, ma rafforza la dittatura delle automobili sulle strade e non riconosce le opportunità che arrivano dalla tecnologia per potenziare la sicurezza. E questo a discapito di tutti gli altri soggetti, a discapito dei pedoni (48 pedoni investiti ogni giorno in Italia), a discapito dei ciclisti (200 ciclisti uccisi ogni anno in Italia), a discapito del trasporto pubblico locale.
Era difficile immaginare un risultato che contraddicesse a tal punto le sue stesse premesse.
La destra ha bocciato, tra gli altri, gli emendamenti del Pd che prevedevano dispositivi obbligatori sugli angoli ciechi dei mezzi pesanti. Una norma per combattere una delle principali cause di morte sulla strada.
Il Pd ha chiesto insistentemente, in Commissione e in Aula, che la riforma mettesse al centro del progetto la persona e il suo diritto a scegliere una mobilità dolce e sostenibile, garantendo opportunità di spostamento diverse dal traffico, dal caos e dall'inquinamento.
La destra ha preferito rispondere con piccole misure spot su uso di alcool e stupefacenti, misure parziali e non risolutive, per poi scegliere la strada di ridurre le limitazioni, ridurre i controlli, ridurre le multe per i veicoli a motore. Aumentando, così, pericoli e insicurezza per tutti.
Non solo, ma da parte di Salvini è stata lanciata una vera e propria crociata contro l’autonomia dei comuni, togliendo loro la possibilità di creare le Zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le Zone 30 (o Città 30), che non significa che non si possono superare i 30 km/h in tutte le vie della città ma che nelle parti centrali, o dove c'è una maggiore incidenza di pedoni e utenti fragili, il limite deve essere più basso per tutelarli, e più alto dove possibile.
I presunti campioni del federalismo e dell’autonomia, alla prova dei fatti, si rivelano i più accentratori.