LE LINEE DELLA RIFORMA
Il tema della prescrizione dei reati ha assunto in questi ultimi anni un ruolo centrale nel dibattito parlamentare e politico, anche perché i frequenti casi di estinzione di processi per intervenuta prescrizione, con conseguente proscioglimento degli imputati prima di una pronuncia definitiva, hanno suscitato indignazione e polemiche soprattutto con riferimento a reati ambientali ed a gravi reati contro la pubblica amministrazione.
L'esigenza di intervenire sulla disciplina della prescrizione è stata sottolineata dal primo Presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, nella Relazione sull'amministrazione della giustizia dell'anno 2014, svoltasi il 23 gennaio 2015.
Il rilievo dell'eccessiva brevità del termine di prescrizione è emerso nel Consiglio d'Europa. In particolare vorrei citare il rapporto del GRECO (il Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione), pubblicato nel 2009, nel quale si sottolinea che l'estinzione dei reati per prescrizione costituisce motivo di sfiducia della collettività nella giustizia.
Quando si parla di prescrizione si evoca subito la ragionevole durata del processo, citata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 6. Questo parametro rimane certamente violato nei riguardi della vittima nelle eventualità in cui – senza sua colpa – l'imputato usufruisce del maturare della prescrizione. In altre parole ogni processo che si conclude con l'estinzione del reato lede il sentimento di giustizia della collettività e, in particolare, si ledono le giuste aspettative delle vittime dei reati per effetto della sostanziale impunità dei loro autori.
Tradizionalmente la prescrizione serve ad assicurare la ragionevole durata del processo
L’abnorme verificarsi della prescrizione comporta, come ha segnalato anche il Procuratore Nazionale Antimafia, tre tipi di inconvenienti:
- di tipo economico: spreco di spesa (denaro pubblico) per attività giudiziarie, come indagini e processi, vanificate dall’estinzione del reato;
- di tipo sostanziale: molti reati rimangono impuniti, causando di fatto, sia un vulnus al principio dell’uguaglianza davanti alla sia un pregiudizio del diritto dell’imputato ad un processo di durata ragionevole;
- di tipo funzionale: l’incidenza sui tempi del processo conduce ad una irragionevole lunghezza in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, evenienza da cui, tra l’altro, derivano le ripetute condanne del nostro Stato da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il testo di riforma della prescrizione approvato dalla Commissione giustizia alla Camera tiene conto dell’impostazione della riforma della prescrizione varata dal Governo e inserita del disegno di legge AC 2798 che riguarda la più ampia riforma dei tempi del processo penale; si ispira, inoltre, ai lavori della Commissione Fiorella e in particolare interviene modificando la disciplina delle cause di sospensione della prescrizione previste dall’art. 159 c.p.
Il nucleo della proposta fa leva sulla sentenza di condanna di primo grado che, affermando la responsabilità dell'imputato non può che essere assolutamente incompatibile con l'ulteriore decorso del termine utile al cosiddetto oblio collettivo rispetto al fatto criminoso commesso. Non si tratta però di far cessare da quel momento la prescrizione, quanto di introdurre specifiche parentesi di sospensione per dare modo ai giudizi di impugnazione di poter disporre di un periodo congruo per il loro svolgimento, senza che vi sia il pericolo di una estinzione del reato per decorso del tempo pur dopo il riconoscimento della fondatezza della pretesa punitiva dello Stato, consacrato dalla sentenza di condanna non definitiva.
L’idea di fondo da cui muove tale previsione è che ad ogni riscontro processuale della fondatezza dell’ipotesi accusatoria corrisponda la necessità di bloccare, cioè sospendere almeno temporaneamente il decorso della prescrizione, così da assegnare alla giurisdizione un tempo ragionevole per compiere la verifica della correttezza della decisione nei gradi di impugnazione e di temperare così la logica del “tutto o niente” propria della disciplina attuale. Infatti, pur permanendo un termine massimo entro il quale l’esercizio dello ius puniendi risulta definitivamente precluso, la giurisdizione ha la possibilità di sfruttare al meglio il tempo concessole per l’attività di accertamento dei fatti e irrogazione delle sanzioni previste ex lege: il lavoro processuale svolto non viene vanificato alla prima occasione di superamento dei limiti temporali previsti dalla legge per lo svolgimento dei giudizi di impugnazione, ma, salvo per i casi in cui la fase preliminare e il giudizio di primo grado abbiano interamente “consumato” il termine di prescrizione, l’autorità giudiziaria ha la possibilità di attingere a ciò che resta (perché risparmiato nelle precedenti fasi di giudizio) del tempo complessivo che la legge le riconosce per pervenire ad una pronuncia definitiva sui fatti, prima che le ragioni poste alla base dello ius puniendi vengano meno, privando di legittimità l’intervento sanzionatorio dello Stato nei confronti della commissione di un reato.
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