Data: 
Lunedì, 9 Giugno, 2014
Nome: 
Vincenzo Amendola

A.C. 2083-A

Relatore

Signor Presidente, cari deputati, la cooperazione tra l'Unione europea (UE) ed i Paesi del continente africano, dei Caraibi e del Pacifico, avviata dalla prima Convenzione di Yaoundé nel 1963 e proseguita poi con le cinque Convenzioni di Lomé (tra il 1975 ed il 1995), è attualmente realizzata nel quadro dell'Accordo di Cotonou, firmato il 23 giugno del 2000. 
  L'intento dell'Accordo, di durata ventennale, è quello di promuovere lo sviluppo economico, sociale e culturale dei Paesi ACP, di contribuire alla pace, alla sicurezza, all'eliminazione della povertà, di favorire un clima politico stabile e democratico, di assicurare uno sviluppo sostenibile e la graduale integrazione degli Stati ACP nell'economia mondiale, accordando un trattamento specifico ai Paesi meno avanzati. 
  Conformemente all'articolo 95 dell'Accordo, che prevede una revisione ogni cinque anni, nel 2005 ne è stata firmata a Lussemburgo la prima. Nel 2010 è stata sottoscritta la seconda revisione che ha apportato modifiche volte ad adattare il partenariato ai grandi cambiamenti occorsi in campo internazionale, in particolare, sui temi della sicurezza, dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e dell'integrazione regionale. 
  Il Fondo europeo di sviluppo (FES) rappresenta lo strumento finanziario tramite cui si realizza la cooperazione con i Paesi ACP. Esso è finanziato dagli Stati membri dell'UE, attraverso contributi obbligatori derivanti dall'Accordo di Cotonou. 
  L'Accordo fa seguito alla decisione del Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013, di destinare, nel quadro delle prospettive finanziarie 2014-2020, 30,5 miliardi di euro al finanziamento della cooperazione con i Paesi ACP ed i PTOM. Si tratta di un incremento dello 0,2 per cento rispetto alle risorse del X FES (2008-2013). 
  Tale volume di finanziamenti verrà veicolato dagli Stati membri attraverso l'XI FES, mantenuto autonomo dal bilancio dell'UE e pertanto formalmente fondo intergovernativo (ma la Commissione presenterà una proposta di inclusione del FES nel bilancio generale dell'Unione a partire dal 1o gennaio 2020). 
  L'Italia continuerà ad essere il quarto contribuente al FES dopo Germania, Francia e Regno Unito, con un contributo obbligatorio nazionale di circa 3 miliardi e 822 milioni di euro su sette anni (che corrispondono al 12,53 per cento del volume totale dell'XI FES, con una diminuzione rispetto alla chiave di contribuzione italiana per il X FES, che è stata pari al 12,86 per cento). Le decisioni sull'uso delle risorse restano affidate al Comitato di gestione del FES, presieduto dalla Commissione, dove all'Italia è attribuito un voto ponderato corrispondente a 125 (Germania 206, Francia 178, Regno Unito 147). 
  L'Accordo appare in linea con la posizione comune dell'UE per il quarto forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti (Busan, 29 novembre – 1 dicembre 2011). Segnalo che le Commissioni attività produttive e agricoltura hanno formulato alcune osservazioni di cui il Governo dovrà tenere conto nell'attuare l'accordo vigilando in sede europea contro fenomeni di concorrenza sleale. 
  Come evidenziato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, dal momento che non è possibile stimare fin d'ora a quanto ammonterà lo stanziamento annuale necessario, esso non viene quantificato nel disegno di legge e, pertanto, dovrà essere assegnato in sede di disegno di legge di bilancio. La relazione stima, tuttavia, che lo stanziamento medio annuo sia pari a 425 milioni di euro annui per circa 9 anni. Attesa la peculiare rilevanza che riveste per l'aiuto pubblico allo sviluppo del nostro Paese, la cooperazione in ambito multilaterale, segnatamente europeo, nonché alla luce della cooperazione decentrata e della riforma del settore in corso al Senato, auspico una rapida approvazione del provvedimento in esame, anche in vista dell'avvio imminente della Presidenza italiana dell'Unione europea.