Data: 
Martedì, 17 Giugno, 2014
Nome: 
Antonino Moscatt

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Signor Presidente, colleghi, mi corre l'obbligo di avviare la trattazione della nostra mozione con alcuni spunti giuridici, non per un mero vezzo dottrinale, ma per fare la necessaria chiarezza.
  La libera circolazione dei lavoratori, una delle libertà fondamentali dei cittadini europei, sancita dall'articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sancisce l'abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro e prevede ulteriori diritti relativi alle famiglie dei lavoratori stessi, al fine di assicurare l'effettivo ed integrale perseguimento del principio.
  La sicurezza e la protezione sociale dei cittadini, parte della natura stessa del modello sociale europeo, sono collegate al principio di solidarietà e al valore della coesione sociale, rappresentando un orizzonte ineludibile, insito nei principi fondanti dell'ordinamento dell'Unione, anche al di là del legame strettissimo con il diritto alla libera circolazione.
  Per tali ragioni, pur non essendo contemplata dal diritto dell'Unione europea un'uniforme regolazione dei sistemi di welfare, i Trattati vigenti indicano alcuni principi fondamentali, che fungono da parametri invalicabili per la legislazione dei Paesi membri, tra cui si rileva il principio di non discriminazione e di cittadinanza.
  Accanto a questi, naturalmente, vi sono tutte le regole che disciplinano la mobilità, la permanenza, la cittadinanza e che solo per ragioni di tempo non citerò, ma che mi permetto di dire che sono senza dubbio delle importanti, importantissime conquiste.
  Ciò detto, insieme agli elementi giuridici, che già da soli basterebbero per giustificare la bontà della nostra proposta, mi permetto di aggiungere alcuni spunti, chiamiamoli utilitaristici, chiamiamoli di convenienza: dal punto di vista economico e dei lavoratori in cerca di occupazione, la cittadinanza europea e la libera circolazione rappresentano indiscutibilmente un vantaggio e un elemento chiave per consentire ai cittadini di accrescere la propria formazione ed esperienza, cogliendo nuove opportunità di lavoro: secondo alcune stime, ad esempio, della Commissione europea, restano vacanti nell'Unione europea circa 2 milioni di posti di lavoro, nonostante la crisi.
  È chiaro e palese che ancora vi è molta strada da fare, che vi è un lungo percorso per costruire un'Europa dei cittadini, sociale, solidale, giusta, sostenibile e per garantire uno spazio effettivo di circolazione, di opportunità e lavoro per i cittadini europei. In tale direzione va, ad esempio, la proposta di regolamento di riforma della rete europea dei servizi per l'impiego – Eures – all'esame del Parlamento europeo.
  Ripeto che vi è tanta strada da fare e questo è indubbio, però altrettanto indubbia è la necessità di contrastare alcune visioni che mi permetto di chiamare miopi e primitive, che, strumentalizzando per fini politici le paure causate dalla grave crisi economica, vorrebbero rialzare gli steccati tra gli Stati, rinazionalizzare il mercato del lavoro, ridurre il diritto delle genti di cercare un lavoro, meglio retribuito nello spazio comune europeo; tali visioni hanno l'unica conseguenza di impoverire e danneggiare proprio coloro che si pensa di voler sostenere, ad esempio i giovani che si muovono per l'Europa in cerca di nuova occupazione, di formazione, per migliorare le proprie competenze o tutti quegli italiani, sì, tutti quegli italiani che hanno acquisito negli anni diritti pensionistici perché hanno lavorato all'estero. Cosa si propone, abbassando il livello del welfare ? Di togliere pure a loro, ad esempio, le pensioni ?
  Ebbene, tale impostazione, errata e dannosa, emerge in alcuni dibattiti sviluppatisi in Paesi dell'Europa, è vero, e su questo aspetto, particolarmente sentito, quello dei turisti del welfare, vi è un tema in Germania. Ma attenzione, attenzione a strumentalizzarlo, perché le proposte che in questo periodo si stanno facendo in Germania mirano semplicemente a meglio definire ipotesi di abuso in tema di prestazioni sociali, con l'introduzione di maggiori verifiche circa i requisiti, con l'obiettivo di colpire con misure più severe i casi irregolari, come per i cosiddetti matrimoni di comodo, l'attestazione di false residenze, il mantenimento di figli non residenti nel Paese ospitante o i casi di lavoro nero.
  Quindi, attenzione alle strumentalizzazioni, perché nonostante la strumentalizzazione da parte di alcune forze, tali previsioni non mirano assolutamente a scardinare il sistema di welfare minimo europeo esistente e non potranno comunque in nessun caso risultare in contrasto con i principi stabiliti dai Trattati europei e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea.
  L'esclusione dal welfare di coloro che provengono da altri Stati e in cerca di lavoro è considerata dalla Commissione europea una violazione del principio di uguaglianza e di trattamento, sancito dai Trattati e ribadito dalla direttiva europea sulla libera circolazione.
  Occorre fare anche chiarezza sui flussi migratori, che vengono definiti così abnormi e che in realtà non lo sono. Bisogna anche capire il perché di questi flussi migratori interni anche alla stessa Comunità, molti dei quali sono italiani, come dicono i dati ISTAT, che vanno via a causa di una forte crisi nel nostro Paese. E soprattutto bisogna sottolineare che i dati e le ricerche che vengono fatte mostrano con forza come coloro che si spostano dagli stessi Paesi appartenenti alla Comunità europea lo fanno per trovare un lavoro e negli altri Stati lavorano, pagano le tasse che contribuiscono a migliorare lo Stato sociale. Altro che turisti del welfare.
  È evidente che interventi restrittivi, attuati o paventati, in materia di libera circolazione, di mobilità dei lavoratori nello spazio europeo e di sicurezza sociale risentono di un clima antieuropeo e anti-immigrazione in tutta Europa. Questa è la verità. Occorre affrontare con forza e respingere i tentativi di far saltare i principi fondanti dell'identità europea e diversamente promuovere un'azione costruita sui diritti concreti, che rimodellino e diano vita a una cittadinanza europea non retorica ma che si assuma la responsabilità di una nuova generazione europea maggiormente mobile rispetto al passato.
  Per tali ragioni, con una mozione completamente, diametralmente diversa da quella dei colleghi, degli amici della Lega, chiediamo al Governo di rilanciare nelle sedi opportune una nuova programmazione e una nuova linea di politica economica volta a superare l'esclusivo ricorso al contenimento dei bilanci nazionali, al rigore e all'austerità che rischiano di minare alla base diritti, il welfare e gli stessi presupposti della costruzione europea, ostacolando la ripresa e la crescita nei Paesi del sud Europa e, di conseguenza, di tutta l'Europa.
  Chiediamo al Governo di farsi promotore di un nuovo patto sociale, inserendo tra le priorità del semestre europeo di Presidenza italiana azioni decisive in favore di una vera Europa sociale che attui concretamente i cosiddetti obiettivi faro del programma Europa 2020, per garantire standard minimi comuni per i diritti dei lavoratori, uniformare le condizioni salariali e impedire la delocalizzazione industriale nei Paesi più poveri o con più debole legislazione sociale.
  Chiediamo al Governo di sostenere le proposte legislative europee e le azioni politiche in favore di una migliore protezione e inclusione sociale, la libera circolazione dei diritti dei lavoratori, in particolare delle prestazioni previdenziali maturate, di forme di assicurazione contro la disoccupazione a carico del bilancio dell'Unione, di percorsi di ricollocamento per chi ha perso il lavoro durante la crisi, quale primo tassello per l'armonizzazione del sistema di assistenza sociale dell'Unione.
  Vedete, infine, il dibattito di questi giorni e anche attraverso queste nostre mozioni, ha un significato profondo che ci permettiamo di dire che va oltre il tema stesso delle mozioni che sono state presentate, perché riportano in discussione il tema centrale, il modello di Europa possibile, la differenza tra i diversi modelli di Europa che abbiamo in mente e che vogliamo realizzare e francamente, sia nel cogliere lo spirito di alcune delle mozioni presentate e soprattutto il dibattito che ogni volta, dentro e fuori l'Aula, si innesca su questa tematica, mi sorge spontanea una domanda. Mi dispiace che i colleghi della Lega non possano sentirmi perché sono andati via. Perché mi piaceva chiedere loro, tramite lei naturalmente, signor Presidente, che Europa volete, che Europa volete riproporci: quella dei castelli medievali, con le loro piccole bandiere issate sulla torre e un po’ di soldati armati fino ai denti a difendere i confini di cartapesta ? Che Europa volete riproporci, quella dei recinti alti, così alti da non far intravedere l'orizzonte, dentro i quali si sta asserragliati con le proprie povertà, con i propri piccoli piatti di minestra, per parafrasare il nostro collega, utili solo per alimentare e cavalcare i peggiori incubi ? Che Europa ci state riproponendo, quella delle campagne contro l'inforestieramento della destra Svizzera, quella del disastro di Marcinelle o della strage delle saline di Camargue dove il fomentare l'odio produsse alla fine vittime innocenti dei lavoratori italiani ? Questa è l'Europa che immaginate per i vostri figli, questa è l'Europa che ci proponete, che Europa ? Quella dei cartelli davanti ai bar dove vi era su scritto, con una ferocia atroce: qui non si può entrare e si proibiva l'ingresso agli italiani o agli stranieri.
  Questa è l'Europa che voi oggi ci volete riproporre, un'Europa proibizionista. Mi spaventa l'idea – sapete ? – che possano esserci classi dirigenti che per qualche consenso in più si trasformano in untori della politica, baionette cariche contro il diverso: oggi l'immigrato, domani il meridionale, dopodomani il meno abbiente, ma sempre contro. Noi a questo non ci stiamo, noi quel piatto di minestra lo distribuiamo su chi ha più bisogno (Applausi), noi quel piatto di minestra lo facciamo diventare parte di chi ha più bisogno. Abbiamo un'idea diversa, totalmente diversa, dell'Europa e con la nostra mozione e con il nostro dibattito che si svilupperà ribadiremo ancora una volta che noi all'Europa dell’austerity contrapponiamo quella solidale delle opportunità, la socialità e la condivisione, e non la paura e il pregiudizio.
  Un'Europa che dia cittadinanza alle donne e agli uomini, aperta alla fantasia e ai talenti delle nuove generazioni, solidale, solidale con il bisogno diffuso. Questa è l'Europa che vogliamo costruire e lo dobbiamo ad una generazione che non si rassegna, che, malgrado gli untori della politica, ha negli occhi l'orgoglio di esserci e che oggi ci chiede, ci ha chiesto e ci chiederà un'Europa più giusta in un modo diverso.