Signor Presidente, colleghe e colleghi, per dare un giudizio sulla manovra e sull'efficacia della manovra, dobbiamo partire da una fotografia della situazione attuale, anche perché io penso che l'obiettivo che deve avere chi fa una manovra è sicuramente quello di migliorare le condizioni di famiglie ed imprese. Allora, non possiamo non considerare che noi oggi siamo di fronte a una congiuntura economica nel nostro Paese di bassa crescita, tant'è che la stessa Banca d'Italia ha rivisto al ribasso le stime di crescita predisposte dal Governo nella Nadef. Una situazione con alti costi dell'energia, dovuti anche alle crisi internazionali, ahimè, in corso, con un'inflazione a doppia cifra sui beni di consumo e noi sappiamo bene quanto l'inflazione sia la tassa più iniqua, in assoluto, perché colpisce tutti allo stesso modo e quindi incide maggiormente sulla popolazione a reddito medio-basso. Per contenere l'inflazione vi è stato un aumento da parte della BCE dei tassi di interesse, un innalzamento che in Europa non si vedeva da tempo.
Se questa è la situazione che ho sommariamente descritto e che abbiamo davanti e chiaramente nessuno qui vuole dare la colpa alla Presidente del Consiglio per la guerra o per l'inflazione, però ci saremmo aspettati sicuramente da parte del Governo una manovra coraggiosa che andasse a incidere sui problemi che ho citato prima. Quindi, una manovra fortemente orientata alla crescita e con scelte a sostegno del potere d'acquisto delle famiglie, ma non una tantum, bensì strutturali. Purtroppo, duole constatare che la manovra che abbiamo davanti fa esattamente il contrario di quello che avrebbe dovuto fare. Quella che abbiamo davanti, cari colleghi, è una manovra asfittica, senza slancio, dallo sguardo corto, con interventi tampone e molto frammentati.
Una manovra, in poche parole, in due parole, che non investe sullo sviluppo, che non investe sul futuro del nostro Paese. Infatti, sono previste zero risorse per sostenere gli investimenti, sia pubblici che privati, sulle grandi sfide che abbiamo davanti, sulle grandi sfide dell'economia di domani; penso alla transizione ecologica ed energetica, penso all'economia circolare, penso alla transizione digitale, all'intelligenza artificiale. Ecco, non basta dire che per questi investimenti, sia pubblici che privati, poi ci pensa il Piano nazionale di ripresa di resilienza, che sapete bene non essere diretto, se non in minima parte, a sostegno della piccola e media impresa, che è l'ossatura del nostro sistema produttivo e, in particolar modo, del nostro made in Italy, che sbandierate, a questo punto, duole dirlo, soltanto a parole.
Quindi, è una manovra che, da questo punto di vista, come ho detto prima, ha lo sguardo corto, ma è una manovra che non tende la mano nemmeno alle famiglie, che hanno visto calare sensibilmente il loro potere d'acquisto. Quella che ieri, in audizione, il Ministro Giorgetti ha definito la misura più importante di questa manovra, e cioè il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, a cui è stato riservato gran parte dell'importo - circa 10 miliardi - della manovra, in realtà - dobbiamo dire le cose come stanno -, è una proroga di quanto già è previsto ora, che, quindi, non aggiunge un euro nelle tasche degli italiani e che vale solo per il 2024, come ricordava molto bene la collega Guerra, che è intervenuta in precedenza, come vale solo per il 2024 anche quella che il Governo ha chiamato impropriamente la riforma dell'Irpef; ma anche qui, se vogliamo utilizzare le parole giuste, dobbiamo, in realtà, dire che è un intervento complessivamente modesto, di accorpamento di scaglioni, che non affronta i veri nodi del nostro sistema fiscale, che sono quelli dell'equità. E tralascio il fatto è che questo è l'unico Governo al mondo che fa le riforme, in particolar modo le riforme fiscali, che durano un anno; infatti, non si è mai visto un Governo che fa una riforma che ha un tempo così così limitato; generalmente, quando si fanno le riforme, si fanno per guardare al futuro, si fanno per guardare ai prossimi anni. Ecco, ricordo sommessamente che per riconfermare le misure - da una parte, il taglio del cuneo fiscale e dall'altra, l'accorpamento delle aliquote Irpef - vanno trovati, per il prossimo anno, se si volessero riconfermare, 15 miliardi di euro e sarà molto complicato trovare queste risorse, dal momento che questa manovra, come dicevo prima, non prevede misure per rilanciare la crescita, a meno che le risorse non si vogliono trovare in debito; ma sappiamo anche che l'anno prossimo avremo a che fare con le regole del Patto di stabilità appena approvato.
Questa, quindi, è una manovra che condanna il nostro Paese all'immobilismo e se lo dice la sinistra è lesa maestà, ma ricordo che lo ha scritto, nei giorni scorsi, il The Wall Street Journal, che non è esattamente un giornale di pericolosi rivoluzionari; peraltro, l'ha previsto per la manovra, ma l'ha previsto anche per l'assenza di riforme che sta caratterizzando - ahimè - l'azione di questo Governo. Sicuramente, dopo questa manovra noi ci troveremo in un Paese con più disuguaglianze, perché se, con una mano, si dice che si è messo in tasca qualche euro in più ai redditi medio-bassi, però poi bisogna avere l'onestà di dire che, con l'altra mano, si taglia sull'istruzione, si taglia sul trasporto, si taglia sulla sanità. E, guardate, non è stato il Partito Democratico, ma la Corte dei conti a dire che, se non si manterrà la qualità dei servizi offerti, si rischia di vanificare, specie nelle fasce più deboli della popolazione, il beneficio monetario che si propone di dare.
Per noi è inaccettabile, in particolar modo, tagliare sulla sanità, lo ricordava prima la collega Malavasi; cioè, gli italiani, con i soldi della riduzione del cuneo fiscale si dovranno pagare le visite diagnostiche in strutture private, oppure rinunciare a curarsi, come già succede per 3 milioni di persone, nel nostro Paese. Il Governo, purtroppo, ha dimenticato la grande lezione della pandemia; questa legge di bilancio prevede per la sanità poco più delle risorse che servono per il rinnovo del contratto di lavoro per medici e infermieri, ma non quelle che servirebbero per abbattere le liste d'attesa, per assumere nuovo personale, per investire sulla medicina territoriale, per garantire a tutti, a prescindere dal conto in banca, il diritto di cura. Capiamo che la coperta è corta e che bisogna tenere i conti in ordine, ma è una questione di scelte; scelta è alzare l'IVA sui prodotti dell'infanzia e abbassarla sugli interventi di chirurgia estetica, scelta è potenziare con 2 milioni di euro il budget per lo staff del Ministro dell'Agricoltura e depotenziare, con un taglio del 33 per cento, il contributo per contenere gli aumenti delle bollette energetiche per famiglie e imprese, scelta è anche quella di ridurre l'impegno per la difesa del suolo e per il dissesto idrogeologico, mentre il cambiamento climatico e le alluvioni colpiscono duro. Hanno colpito duro anche la mia regione - la Toscana -, che ancora aspetta i fondi del Governo e a cui non avete nemmeno concesso la proroga delle scadenze fiscali, se non per soli 15 giorni.
Ma torniamo alle scelte, e mi avvio a concludere. Scelta è anche quella di isolare il nostro Paese nel contesto europeo, non ratificando - unico Paese - la modifica del trattato del MES, con una maggioranza spaccata su un tema importante di politica europea e internazionale, per poi, però, accettare supinamente gli accordi penalizzanti come il nuovo Patto di stabilità e crescita. La verità è che Francia e Germania sul Patto di stabilità e crescita hanno deciso per noi, la verità è che siamo totalmente ininfluenti, totalmente inaffidabili e che raccogliamo il risultato delle nostre alleanze in Europa con i sovranisti di Vox, della Le Pen e di Orbán.
Nessuno qui - lo voglio dire - scommette sul fallimento del Paese e per questo, proprio per il bene del nostro Paese, ci auguriamo che si cambi passo il prima possibile, che si cambi sulla manovra e si cambi…
…sulla capacità di incidere - e concludo - nei consessi che contano. Noi non ci rassegniamo a condannare il nostro Paese, il Paese fondatore dell'Europa, all'immobilismo, perché crediamo che meriti di più.