Grazie, Presidente. Questa legge di bilancio arriva in un momento molto difficile per l'economia del Paese e di grave sofferenza generale. È una legge asfittica, senza una linea di contrasto rispetto alla piega che le cose vanno prendendo, soprattutto a causa delle non scelte del Governo o delle sue scelte sbagliate di questo anno e mezzo. Una legge allestita su stime di crescita ottimistiche, di quasi il doppio del reale - l'1,2 per il Governo, lo 0,7 per cento nella realtà dei fatti - e queste stime ottimistiche hanno portato all'elaborazione di un testo non solo non credibile nei numeri, ma costruito sulla insidiosa palude del deficit.
Qui bisogna subito porre una questione, perché, nel frattempo, sono accadute cose che fanno di questa legge un documento privo di certezze e affidabilità sia per il Paese che per l'Europa. Mi riferisco alla vicenda del MES e alla posizione assunta dal nostro Governo in sede europea in merito all'accordo sul Patto di stabilità. Un Governo, da un lato, incapace di incidere sui nuovi meccanismi di stabilità e che ha accettato un accordo europeo senza avere un ruolo, da una posizione marginale, ma che, dall'altro, ha dato fiato a tutte le possibili riserve di demagogia, chiedendo alla maggioranza e al Parlamento un voto contrario alla ratifica delle nuove regole del MES, che potrebbero, alla fine, essere approvate senza la partecipazione dell'Italia e mettendo in una posizione imbarazzante il Ministro dell'Economia, sconfessato al cospetto di tutta l'Europa.
Quale affidabilità possono avere un Governo del genere e una politica del genere? E quale tutela, come Paese, abbiamo anche rispetto alle necessarie correzioni, di cui la nuova governance europea avrà comunque necessità, o alla più che probabile eventualità di una correzione della manovra, che dovrà avere un'interlocuzione con i partner europei? Questa è una legge di tagli, di ingiustizie sociali, in tutti i campi - sanità, scuola, casa, ambiente, trasporti, Mezzogiorno, lavoro, impresa - e lo sapete anche voi, colleghi della maggioranza, che siete stati imbavagliati dai vostri Ministri, rinunciando agli emendamenti e che siete stati costretti a spingere solo il bottoncino verde. Disciplina: ha ordinato ieri, in Commissione, il Ministro Giorgetti.
Io mi vorrei solo soffermare un po' sul tema dei trasporti e degli investimenti per le infrastrutture, perché è una questione che impronta tutta la legge: mi riferisco alla folle concentrazione di risorse sul ponte sullo Stretto. È un'opera che non ci ha mai visti contrari per principio, ma che, ancora oggi, è caratterizzata da troppe incertezze progettuali, in termini di sicurezza e soprattutto di costi. Ne abbiamo già ampiamente discusso in occasione dell'approvazione del decreto omonimo, ma il ponte ingoia ben 11,5 miliardi di euro in 8 anni, che sono stime superficiali e rischiose. Del resto, è la Corte dei conti a porre il suo accento critico su una strategia - se così la si può chiamare - che concentra su una sola grande opera così tante risorse, senza guardare al tema generale degli investimenti pubblici.
Il problema degli investimenti per le infrastrutture e le opere pubbliche è ancor più grave alla luce della confusa gestione del PNRR che, modificando la governance del programma, ne ha rallentato l'attuazione, ha messo in difficoltà centinaia di comuni che si sono fermati nella realizzazione di tante opere a causa della rimodulazione delle risorse, attuata con la promessa d'Egitto di reintegrarle con i Fondi per lo sviluppo e la coesione, fondi promessi da mesi e mai arrivati, con buona pace del Ministro Fitto. Un guazzabuglio che i comuni stanno pagando, comuni ai quali questa legge riserva l'amaro calice di un ulteriore taglio di risorse per la finanza locale.
Ma, per restare a questo campo, noi ci opponiamo al disinteresse del Governo e noi abbiamo presentato proposte alternative che questa legge ignora: mi riferisco al grave stato del trasporto pubblico locale, ormai letteralmente a pezzi in tutta l'Italia, per il quale a nostro avviso serve un aumento di almeno 700 milioni di euro nel Fondo nazionale trasporti; all'assenza di investimenti e di risorse per la mobilità sostenibile e per l'intermodalità, per le quali proponiamo un aumento di 500 milioni di euro; all'assenza di risorse per i bonus trasporti per i giovani, che chiediamo di rafforzare per i giovani sotto i 26 anni e sotto i 35.000 euro annui di reddito; all'assenza di investimenti sui ponti ferroviari per le zone alluvionate e altro ancora.
Devo aggiungere che guardiamo con sospetto e diffidenza a quanto scritto nella NADEF in materia di privatizzazioni, in cui si prevede un apporto di 20 miliardi di euro come riserva per quadrare i conti oggi in sbilancio. Ma da dove verranno queste risorse? Verranno dalla dismissione di quote delle società partecipate, in primo luogo, di Ferrovie dello Stato. Quelle risorse verranno anche dalla prevista riforma della legge sui porti, che punta - ormai è evidente - a una privatizzazione del sistema, rendendo ancor più appetibili per i privati le aree degli interporti, della logistica, ma, soprattutto, le stesse autorità di sistema portuale, che si intendono trasformare in Spa, con incalcolabili e non sufficientemente approfondite, spericolate conseguenze sulla sovranità del Paese, in un momento di gravi turbolenze geopolitiche, di planetarie riconfigurazioni delle rotte commerciali, che vedono nel Mediterraneo uno dei bacini nodali di incontro e di scontro, come, alla fine, dimostrano i conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente, che anche di questo ci parlano.
E, quando parliamo di appetiti dei privati, non facciamo una sterile e vetusta polemica anticapitalista, ma ci riferiamo a ben definiti interessi monopolistici che, all'interno del settore armatoriale marittimo, vedono ormai possibile la prospettiva di un'integrazione verticale che metta insieme trasporto marittimo, portualità, logistica, trasporto ferroviario e persino trasporto aereo, sia nel settore delle merci che in quello turistico.
Questo è, alla fine uno dei regali nascosti e più insidiosi dei documenti della NADEF e di questa legge di bilancio, se letti insieme e in controluce.
C'è quindi, signor Presidente, un modo alternativo di affrontare la crisi che il Paese attraversa fatta di scelte, di scelte concrete, di azioni progressive, tempestive e non di furbizie o di parole. Noi diciamo “no” a questa politica del Governo e a questa legge di bilancio delle tre “i”: ingiusta, inadeguata e inefficace, perché per noi conta una sola “i”, quella dell'Italia.