Discussione generale
Data: 
Giovedì, 19 Dicembre, 2024
Nome: 
Mauro Berruto

A.C. 2112-bis-A

Grazie, Presidente. Parlo a nome del gruppo del Partito Democratico in Commissione cultura, che, fra le sue competenze, ha anche la scuola, l'università, la ricerca, l'editoria, lo sport e, quindi, mi concentrerò su questi temi. Non nascondo che sarei curioso di sentire anche il parere di qualche nostro collega di maggioranza che siede nella stessa Commissione, ma non mi pare che succederà, i banchi sono deserti. Per cui, mi piace pensare di parlare anche un po' a nome loro. Se vorranno, prenderanno la parola e mi smentiranno.

Incomincio, allora, dalla cultura, con un antefatto. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è venuta in Aula ieri l'altro, dopo aver incontrato Javier Milei, il Presidente dell'Argentina, e averlo anche gentilmente omaggiato di una cittadinanza italiana, in modalità fast, diciamo così, sulle cui modalità abbiamo depositato un'interrogazione. Fra i tanti passaggi, Giorgia Meloni ci ha spiegato che stima Javier Milei, ma che non ritiene il modello Milei applicabile all'Italia. Che dovrei fare - ha detto - “(…) come dice Milei: Ministero della Cultura, afuera!”? Ma per carità.

Ora, è vero, la Presidente Meloni non girava in campagna elettorale con una motosega, usava altri argomenti retorici, come il blocco navale o le accise sui carburanti. Dunque, le cose che diceva che avrebbe fatto non le ha fatte, mentre quelle che non diceva le ha fatte eccome. Questo perché il Ministero della cultura esiste ancora, ma l'afuera italiano sulla cultura riguarda un taglio complessivo di mezzo miliardo di euro rispetto all'anno scorso e riguarda un passaggio da 5,6 miliardi di risorse per gli investimenti in cultura nel 2015, quindi al netto delle risorse del PNRR, ai 3,1 miliardi di questa legge di bilancio, cioè 2,5 miliardi di euro afuera, firmato Presidente Meloni. Oltre a questo definanziamento, che commissaria il Ministro Giuli e il Ministero della cultura, nei due anni di melonismo al potere, il Ministero stesso si è rivelato del tutto incapace di attribuire un ruolo strategico alle politiche culturali, usate come semplice terreno di spartizione politica, a sfregio dell'immenso patrimonio culturale del Paese.

Se questo Paese ha un patrimonio immenso in cultura, che meriterebbe, dunque, una dignità proporzionale alla sua importanza, c'è un altro patrimonio immenso, intellettuale e culturale: l'università. È bene ricordare che non solo è italiana l'università più antica del mondo, quella di Bologna, ma sono 17 quelle fondate in Italia, dal Sud al Nord, ancora prima della scoperta dell'America. Ora, come commentare il taglio del quasi di 10 per cento al Fondo per il finanziamento ordinario per l'università, un taglio effettivo di 800 milioni di euro. Credo ci sia un solo commento possibile: una mannaia o, forse, la motosega, per citarla, della Milei senza le basette su molti atenei italiani, per i quali le risorse del Fondo rappresentano i tre quarti del bilancio. Dato che il rimanente quarto è rappresentato dalle tasse universitarie, queste non potranno che aumentare, se la stagione della motosega “melonista” dovesse continuare o se anche le cifre dovessero attestarsi su questi parametri nei prossimi anni. Questo perché nel frattempo, a carico totalmente loro, le università dovranno sostenere i sacrosanti aumenti di stipendio per docenti e personale amministrativo e li dovranno sostenere nonostante i finanziamenti statali siano in picchiata. Insomma, la tempesta perfetta: afuera anche l'università. A questa destra di Governo, la cultura, l'università e la scuola interessano solo per una ragione, quella ideologica.

Dunque, passiamo alla scuola. Per la prima volta dal 2008, cioè dei tagli lineari al personale varati dal Governo Berlusconi, verranno tagliati 5.660 docenti dell'organico dell'autonomia, mentre i tagli previsti dei 2,147 posti del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola vengono spostati avanti di un anno, ma restano lì all'orizzonte, così come resta l'appiattimento retributivo, previsto per i prossimi due contratti fino al 2030, con stanziamenti, previsti in legge di bilancio, che non sono sufficienti neanche per la tutela del potere d'acquisto degli stipendi di insegnanti e personale della scuola. Abbiamo visto in questi due anni la scuola al centro della discussione politica solo grazie a provvedimenti propagandistici, portati in questo Parlamento. Penso alla riforma del voto in condotta, alla controriforma del sistema di valutazione della scuola primaria. Si tratta di paradossi pedagogici, per lisciare il pelo a un modello fondato esclusivamente sul motto - tanto caro al Ministro Valditara - ordine e disciplina. Nessuna motivazione pedagogica, nessuna volontà di ascolto dei protagonisti del mondo della scuola e degli esperti, che loro sì hanno, invece, come obiettivo dare valore al processo di apprendimento delle bambine e dei bambini. Invece, per questa destra la scuola è un esercizio di prepotenza e di potere.

Naturalmente, il Ministro Valditara dà il buon esempio, come nel caso di Christian Raimo, sospeso dal suo ruolo di docente per aver criticato il Ministro non dentro una scuola, ma sul palco di un partito a un evento politico; come nel caso di Giulio Cavalli, giornalista che il Ministro Valditara ha querelato, chiedendo un risarcimento di 10.000 euro, per un articolo sulle festività non riconosciute dallo Stato nel calendario scolastico; come nel caso di Nicola Lagioia, scrittore, per anni straordinario direttore del Salone del libro di Torino, querelato dal Ministro Valditara, con una richiesta di 20.000 euro di risarcimento, per avere ironizzato sul suo tweet sgrammaticato. Beh, a loro va, naturalmente, la nostra solidarietà, perché il Ministro non vuole giustizia penale, il Ministro dell'istruzione e del merito e delle querele vuole risarcimenti economici. Non vorremmo fosse a causa dello stipendio, essendo un Ministro non eletto, non perché sia arrivato da tecnico, sia chiaro, Giuseppe Valditara era candidato alle ultime politiche. Non è stato eletto e, poi, è stato scelto per fare il Ministro.

Che cosa bizzarra questo accanimento, che cosa bizzarra, visto che, parlando di cultura, occorre ricordare che Dario Fo, l'ultimo italiano a vincere il premio Nobel per la letteratura, lo ricevette con questa motivazione: perché seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere, restituendo la dignità agli oppressi.

Passo allo sport, materia che mi è cara. Abbiamo condiviso alcuni provvedimenti senz'altro utili, ma sottolineiamo l'assurda decisione del Governo di non prorogare il Fondo per il professionismo sportivo femminile, respingendo l'emendamento a prima firma della collega Chiara Gribaudo, sottoscritto da tante donne, in modo trasversale, in questo Parlamento. Stigmatizziamo la riformulazione di un nostro emendamento, che, invece, portava la mia prima firma, per sostenere l'accesso economico alla pratica sportiva per le famiglie in difficoltà. Il provvedimento riformulato prevede oggi che questo bonus non vada più alle famiglie, ma le società sportive, che di fatto diventano accertatori di ISE, peraltro abbassato clamorosamente. Il bonus diventa alternativo perfino alla detrazione fiscale esistente per tutti, facendolo diventare un provvedimento irrealizzabile, poco conveniente per le famiglie che ne hanno davvero necessità. Insomma, voi continuate a erogare denaro per i grandi eventi sportivi, mentre l'accesso allo sport di base resta possibile, in questo Paese, solo per chi se lo può permettere. Alla faccia dell'articolo 33, modificato in questo Parlamento con voto unanime.

Chiudo rivendicando il nostro lavoro, i nostri emendamenti: quello sul fondo contro la povertà alimentare, perché, come ci ricorda Save the Children, per migliaia di migliaia di ragazzi e di ragazze del nostro Paese l'unico modo per accedere a un pasto completo e proteico è la mensa scolastica; quello per il sostegno psicologico a scuola; l'emendamento, a firma congiunta, sulla stabilizzazione dei ricercatori del CNR; l'aumento di 50 milioni rispetto alle risorse messe dal Governo sul Fondo per il pluralismo e l'editoria.

Abbiamo fatto il possibile rispetto al poco o nulla che era concesso, non ci fermiamo e non ci fermeremo, invece, sulla testimonianza, sulla denuncia di una legge di bilancio agghiacciante, su temi strategici per un Paese come la scuola, l'università, la cultura e lo sport.

Ma questa è l'immagine del Paese che questa destra vuole, abbassare l'asticella, affinché possano continuare a spiccare figure inadeguate che rispondono a un solo principio: non conta la competenza, ma la fedeltà al capo. E attenzione intellettuali, giornalisti e scrittori, insegnanti, artisti, donne e uomini di cultura, se li dileggiate non vincerete il premio Nobel, ma una convocazione in tribunale per una querela.