Data: 
Mercoledì, 16 Ottobre, 2024
Nome: 
Enrico Letta

Grazie, Presidente. Grazie a lei e agli uffici di questo Parlamento per avere accolto questa nostra richiesta di fermarsi, nella solennità del luogo principe della democrazia e della sovranità popolare, qui, in Aula, per ricordare e riflettere - soprattutto riflettere - sulla personalità unica e straordinaria che è stato Francesco Merloni. Lei ne ha tratteggiato molto bene tutto il corso della sua vita e il suo impegno istituzionale. Per me, mi permetta, è un'emozione particolare, giacché questo mio intervento sarà l'ultimo in quest'Aula, ma Francesco Merloni merita questo e merita molto di più.

La politica tutta e le istituzioni del nostro Paese devono rendere un doveroso tributo, che si trasforma in ringraziamento e soprattutto in lezione di rispetto per le istituzioni e per la grandezza della politica. Sono state dette, colleghi, tante cose su Francesco Merloni nelle Marche, a livello nazionale e a livello internazionale in queste 2 settimane dalla scomparsa. Io stesso ne ho dette il 4 ottobre, il giorno di San Francesco, quando ho avuto il grande privilegio di prendere la parola nel duomo della sua Fabriano, davanti a tutti i suoi amici, a tutti i suoi dipendenti, alla famiglia, a Cecilia, a Francesca, a Claudia, a Paolo e ai suoi amati nipoti.

In questa stessa Aula c'è stato un primo dibattito e intervenne per il nostro gruppo l'onorevole Irene Manzi. Ma qui, nella solennità di quest'Aula, mi preme che rimangano alla nostra riflessione due fondamentali insegnamenti che ho appreso nei miei 30 anni di vicinanza quotidiana a Francesco Merloni e che hanno per me un senso particolare, in questo tempo soprattutto. Il rispetto sacro per le istituzioni e per la Costituzione è sempre stato parte integrante della vita, del pensiero e dell'opera di Francesco Merloni. Qualunque fosse stata la posizione che teneva, parlamentare di maggioranza, Ministro, parlamentare di opposizione, questa differenza non lo portava mai a parlare un linguaggio diverso.

La stessa saggezza, lo stesso parlare franco ma rispettoso, la stessa attenzione ai fatti e alla verità, lo stesso amore per l'Italia. Per lui, in quest'Aula risiedeva la sovranità popolare, che era molto di più della semplice somma aritmetica della sua persona e di quella degli altri membri di questo Parlamento: entrare in quest'Aula non era come entrare in una sala riunioni, era entrare nel luogo sacro della democrazia.

La trasformazione di quest'Aula nel concetto costituzionale di sovranità popolare era parte fondante della forza della democrazia e della superiorità della democrazia rispetto a qualunque altra forma di organizzazione istituzionale della società. Questa trasformazione di 945 persone ieri, 600 oggi, con i loro - con i nostri - pregi e difetti in sovranità popolare un corpo unico, reso sacro dalla Costituzione e dal voto popolare, rappresentava una constatazione e un obiettivo: una constatazione perché voleva dire, Presidente, rispetto per tutti e per tutte le parti politiche e rispetto per le regole e le procedure, come per la sostanza; un obiettivo perché voleva dire un lavoro continuo, che Francesco Merloni svolgeva in continuazione, di formazione e costruzione di ponti, perché crescesse e si fortificasse il dialogo tra idee diverse. Aveva sempre vissuto con il medesimo rigore il rapporto tra maggioranza e opposizione, essendo stato, tra l'altro, nella sua lunga militanza politica sia parlamentare di maggioranza che di opposizione: non invocava da membro dell'opposizione atteggiamenti e regole che non avrebbe rispettato da membro della maggioranza e viceversa.

Il secondo insegnamento - e concludo, signor Presidente - che voglio consegnare al ricordo e alla riflessione di quest'Aula era l'idea, sempre presente nelle sue azioni, che se quest'Aula era il cuore della nostra democrazia, questo cuore pulsava solo se vi entrava la vita vera, quella che si svolge fuori da qui e che vive nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche - le sue amate fabbriche - e sui territori. La sua attenzione al mondo dell'impresa e del lavoro, alla competitività dell'economia italiana ed europea, ai valori di libertà e di solidarietà - lei ha già accennato alla sua attenzione al valore sociale del lavoro - era l'ispirazione delle mille iniziative che portò avanti in tutti questi anni, a partire dalla Fondazione Merloni, da presidente dell'Arel, da animatore del Foro di Dialogo Italia-Spagna con la voglia di far crescere i giovani - termino su questo -. Tutto ciò lo vide impegnarsi con dedizione e generosità, con la voglia di far crescere i giovani - penso alle iniziative a favore dell'istruzione, portate avanti nelle sue Marche e alla scuola di politiche qui a Roma, intitolata al suo grande amico Beniamino Andreatta - e con un'attenzione straordinaria al territorio, che non ha mai fatto venire meno col crescere delle sue responsabilità e dei suoi ruoli nazionali ed europei, anzi quell'attenzione al territorio è forse cresciuta, come dimostra quell'applauso straordinario, 2 settimane fa, nella piazza di Fabriano. L'Italia europea e l'Italia dei borghi appenninici, insieme, cittadino di Fabriano, abitante del mondo. Francesco Meloni ci lascia insegnamenti che non devono rimanere parole retoriche che ci scambiamo in una formale seduta dell'Aula, devono essere vita vissuta per un impegno corale di rafforzamento di ciò che lui amava e che ci unisce tutti: l'amore per la democrazia, per la Costituzione repubblicana e per l'Italia.