Data: 
Martedì, 28 Maggio, 2024
Nome: 
Gian Antonio Girelli

Grazie, Presidente. Sono trascorsi 50 anni da quella tragica mattina del 28 maggio 1974. A Brescia, piazza della Loggia era gremita di persone, riunite in una manifestazione organizzata dalle sigle sindacali per esprimere la ferma condanna degli attentati neofascisti di quegli anni. Dal palco stava parlando Franco Castrezzati della CISL, quando alle 10,12 esplodeva una bomba collocata in un cestino sotto i portici. Furono otto le vittime - Giulietta, Livia, Alberto, Clementina, Euplo, Luigi, Bartolomeo e Vittorio i loro nomi - e 102 i feriti.

Brescia e l'Italia venivano nuovamente colpite dallo stragismo fascista, dopo piazza Fontana, prima dell'Italicus e della stazione di Bologna, senza dimenticare gli altri attentati avvenuti successivamente. La reazione che ne seguì fu immediata e decisa: nelle fabbriche, negli uffici, nelle strade e nelle piazze, nell'intera realtà socio-economica; quasi in ogni paese della grande provincia bresciana le comunità si ritrovarono ad ascoltare la registrazione di quella mattina, le parole di Castrezzati interrotte dallo scoppio, il suo invito a mantenere la calma, a portarsi al centro della piazza per sicurezza, la disperazione che aveva improvvisamente avvolto quella piazza. I terribili scatti fotografici di quei momenti ci ricordano quei corpi straziati, quei visi sfigurati dallo scoppio o dal dolore.

Da quel giorno, Brescia, la Leonessa d'Italia, la città delle Dieci giornate e della Resistenza non ha smesso di ribellarsi, di chiedere verità e giustizia. Lo hanno fatto i familiari delle vittime che con associazioni partigiane e non, istituzioni e politica hanno dato vita alla Casa della Memoria, baluardo del ricordo e dell'impegno che ha nel suo presidente, Manlio Milani, la massima espressione, sempre presente nell'infinito iter giudiziario che ne è seguito, caratterizzato da alcune condanne e da alcune assoluzioni, da tante colpevoli omertà e collusioni da parte di rami deviati dello Stato, con un'unica e fondamentale certezza: la matrice neofascista, dove se rimane il bisogno di ulteriore verità sugli esecutori materiali, non vi sono dubbi sui mandanti culturali, le organizzazioni neofasciste.

Con lei, quale espressione dell'Italia intera, è il Presidente Mattarella, con l'autorevolezza e la straordinaria umanità che lo caratterizzano, per chiedere piena verità e piena giustizia, per dire lo stesso “no” di quel giorno ad ogni rigurgito fascista, ma anche per ribadire con forza il valore e la difesa dei principi di libertà, giustizia e democrazia, che quegli attentati volevano minare.

Oggi, spetta anche a noi, in quest'Aula, farlo, in virtù di quella rappresentanza che indipendentemente dalle appartenenze politiche ci è stata affidata e che trova nella Carta costituzionale i principi e i valori ispiratori e di assoluto riferimento. Certo, dispiace vedere l'assenza completa del Governo. Lo dobbiamo fare con forza, contro ogni forma di sovversione e di eversione. È stato fatto contro le Brigate rosse e i movimenti affini, deve essere fatto, senza alcun tentennamento, senza alcuna rilettura o interpretazione, nei confronti del fascismo e contro ogni suo tentativo di espressione. È scritto in Costituzione, ma ancor di più dovrebbe essere scritto nel sentimento di ogni italiana e di ogni italiano, perché significa la spontanea condanna di una vergognosa e tragica pagina vissuta della nostra storia e il rifiuto di un suo qualsivoglia richiamo. Lo dobbiamo a Giulietta, Livia, Alberto, Clementina, Euplo, Luigi, Bartolomeo e Vittorio, lo dobbiamo alle loro famiglie, alla comunità bresciana, all'Italia intera, fedeli al compito che ci è stato affidato: costruire una Nazione libera, democratica e solidale, dove non c'è spazio per ingiustizia, diseguaglianza, autoritarismo e negazione di libertà. Lo dobbiamo fare con la capacità di vivere il presente, guardando al futuro, senza dimenticare il passato; lo dobbiamo fare con la forza e il coraggio di chi difende i valori in cui crede, come stanno facendo a Brescia, oggi, e come stavano facendo a Brescia quella tragica mattina di cinquant'anni fa.

Mi conceda un'ultima citazione, Presidente: “Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti”. Lo scriveva Primo Levi, l'8 maggio del 1974, 20 giorni prima della strage.