Signor Presidente della Camera, signora Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, desidero associarmi alle felicitazioni che le sono state espresse, signora Presidente, dai tanti colleghi che mi hanno preceduto per l'alta responsabilità a cui, onorevole Meloni, lei è stata chiamata. Una donna Presidente del Consiglio è per l'Italia un fatto storico; ne sono lieta, ne siamo lieti. Coltivo, però, la speranza che una volta che grazie alla sua determinazione, alla sua passione e alla grande storia di emancipazione delle donne, frutto della lotta di tante che ci hanno preceduto e che lei oggi giustamente ha ricordato, questo tetto di cristallo è stato infranto, ora, non rischi di rinchiudersi a causa di una politica che - ci sembra di scorgere già dalle prime battute del suo Governo - vuole le donne un passo indietro rispetto agli uomini e dedite essenzialmente alla famiglia e ai figli. Speriamo di sbagliare.
Se questi nostri timori che, lo ripeto, sono motivati da alcune scelte iniziali, e infatti era lecito attendersi che nel suo Governo vi fossero più donne, se questi timori, lo ripeto, timori, dovessero trovare conferma, sappia che troverà in questi banchi e sicuramente nella grande maggioranza del Paese un'opposizione fermissima. Lei, signora Presidente, ci ha esposto oggi quello che ha definito il manifesto programmatico di legislatura.
Ora io qui non ricorrerò certo agli aggettivi usati da qualche suo alleato nei suoi confronti, ma non posso non osservare che, rispetto ad un manifesto che più che programmatico ha i tratti di un manifesto ideologico, sarebbe stato più produttivo, efficace e corrispondente alle difficoltà che stiamo vivendo un testo che indicasse come, con quali priorità, con quali strumenti, con quali risorse e con quali tempi questo Governo si ripromette di intervenire sulla sofferenza sociale e di guidare, se ne è capace, il Paese fuori dall'ennesima e drammatica crisi. Tanti, troppi cittadini stanno attraversando momenti di enorme difficoltà. I numeri delle persone in condizioni di povertà assoluta sono spaventosi nonostante, come dice anche l'Ufficio parlamentare di bilancio, le decisioni del precedente Governo abbiano ridotto di molto l'impatto dell'inflazione sulle famiglie con ridotti livelli di spesa. Ma la pandemia prima, che è andata a incidere su un sistema produttivo ancora ferito dalla crisi economica dell'inizio dello scorso decennio, poi l'esplosione dei prezzi delle materie prime e dell'energia e, infine, il colpo assestato dalla guerra, voluta da Putin, agli scambi internazionali e, di nuovo, ai prezzi dell'energia hanno ampliato a dismisura l'area del disagio, con un pesantissimo riflesso sulle diseguaglianze generazionali, territoriali e di genere. Se una scelta sciagurata e irresponsabile non avesse aperto la crisi di Governo a luglio, oggi saremmo molto avanti in quel dialogo sociale avviato con i sindacati e con le associazioni datoriali per l'introduzione, ad esempio, del salario minimo contrattuale e nella manovra di bilancio troverebbe spazio la riduzione del costo del lavoro, che noi democratici volevamo pari ad almeno una mensilità per i lavoratori e i pensionati e le imprese avrebbero avuto oggi l'orizzonte meno fosco. Questo gli italiani lo devono sapere, Presidente! Sul lavoro, sulla sua tutela, sia per quello dipendente che per quello autonomo, sulla lotta al precariato e alle diseguaglianze per giovani e donne, in particolare, noi concentreremo la nostra agenda di opposizione, incalzando il suo Governo e contrastando - lo diciamo a voce alta - quelle misure come la flat tax e i condoni più o meno mascherati che lei oggi ha riproposto, anche se - va detto - non nella forma ipotizzata dai suoi alleati. Quindi, staremo a vedere quello che proporrà. Abbiamo l'impressione, però, che siano, ancora una volta, strumenti che servono solo a chi ha di più e spingono ancora di più in fondo alla fila i più fragili e i meno garantiti, i più esposti a quella tassa iniqua che si chiama inflazione e che per i beni di prima necessità ha ormai superato la doppia cifra.
Sempre in quest'ottica, insisteremo su un'altra misura che non è retorico definire storica, cioè l'assegno unico e universale per le famiglie con i figli, che noi democratici abbiamo proposto sin dall'inizio della passata legislatura. Abbiamo già depositato una proposta di legge per potenziare, estendere e rafforzare le clausole di salvaguardia e modificare quelle parti che si sono rivelate troppo stringenti ai fini dell'attribuzione dell'assegno. Se lo ritiene, Presidente, può prendere già quel testo. L'assegno è un sostegno reale per correggere il ritardo storico nel riconoscimento del valore sociale ed economico delle famiglie. Contrastare la bassa natalità è una delle priorità, perché natalità significa anche sviluppo, tutela del sistema pensionistico e crescita.
Ascoltando le sue parole, è diventato più chiaro il motivo per cui non compare più nell'elenco dei Ministeri quello della Transizione ecologica: molto semplicemente perché non ci credete e perché la lotta ai cambiamenti climatici, che tutto oggi rende evidente e necessario, a voi sembra non interessare. Il nero dei combustibili fossili ancora esercita fascino su di voi. Ma la transizione ecologica - le rammento - è gran parte dei progetti per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che vengono finanziati proprio per rendere il nostro Paese più moderno all'interno del progetto verde dell'Europa, ed è la strada maestra per assicurare all'Italia uno sviluppo sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale. Naturalmente bisogna agire con intelligenza e lungimiranza, ma la risposta alle difficoltà inevitabili di un cambiamento epocale non può essere il rifiuto e la rinuncia; dobbiamo, invece, insistere sulla transizione ecologica. Lei oggi ha insistito molto anche sull'innovazione tecnologica: peccato che non c'è più il Ministero. Tenere il Paese bloccato sulla transizione ecologica sarebbe un errore gravissimo (oltre a mettere a rischio anche gran parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza). Insomma, parlate di Italia dei prossimi anni ma siete come quelli che camminano con gli occhi rivolti all'indietro.
La sofferenza sociale è la priorità. È una strategia efficace e accorta di lotta alle disuguaglianze che dovete mettere in campo e, invece, non dovete mettere in campo solo manifesti ideologici. Tra queste priorità c'è il Mezzogiorno. Invece di attardarvi in improbabili tentativi di riscrittura del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ci farebbero perdere miliardi e migliaia di posti di lavoro spingendoci velocemente nel buio della recessione, ponete la dovuta attenzione a un uso celere delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per lo sviluppo del Sud, che può essere il vero volano economico dell'Italia e non essere relegato a fanalino di coda del Paese. Mi pare, invece, che ci si preoccupi di chi dovrà gestire i porti. L'Italia ha bisogno che riparta la crescita, ha bisogno di lavoro sicuro, dignitoso e giustamente retribuito, ha bisogno di coesione, ha bisogno che famiglie e imprese ritrovino fiducia e sentano vicine le istituzioni e la politica. Concentratevi su questo e non concentratevi solo sul vostro manifesto ideologico.