Discussione generale
Data: 
Giovedì, 14 Marzo, 2024
Nome: 
Claudio Mancini

Grazie, gentile Presidente. Colleghe e colleghi, componenti del Governo, noi oggi siamo qua in Aula per analizzare la quarta relazione sullo stato di avanzamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, una relazione, possiamo dire, che, grazie ai suoi numeri, racconta, molto accuratamente, il reale rapporto che questa maggioranza ha con il più importante piano di investimenti della storia del nostro Paese, un rapporto che potremmo tranquillamente definire travagliato e conflittuale. Il Governo ci dice infatti che al 31 dicembre 2023 siamo riusciti come Paese a spendere 45,6 miliardi su 101,93 miliardi che abbiamo ricevuto finora.

Con un dato di spesa che si ferma a 21,1 miliardi, una cifra di poco inferiore a quella che avevamo cumulativamente registrato nel biennio 2021- 22 quando il piano era in piena fase di avviamento.

Ministro, 21 miliardi è una cifra largamente inferiore a quella di 34 miliardi che avevate preventivato di spendere nella terza relazione semestrale dell'estate scorsa, ed è ancora più ridotta rispetto a quei 40 miliardi che si diceva sarebbero dovuti essere spesi all'interno della NADEF del 2022. Al nostro Paese restano adesso da spendere circa 151 miliardi, di cui un terzo ancora da ottenere nelle prossime tranche, quindi quasi 50 miliardi all'anno da impegnare e da utilizzare da qui al fatidico 30 giugno 2026. Potremmo definirla, Presidente, una scalata eroica a questo punto, visto che la riduzione della quota e della capacità di spesa è stato il marchio di fabbrica di questo Governo. Adesso ormai possiamo dirlo con certezza purtroppo, il primo anno di Meloni a Palazzo Chigi non è stato in grado di garantire i livelli di spesa precedenti, i livelli di spesa che servivano all'Italia. Un dato, quindi, che rende quei 50 miliardi l'anno da spendere che ci attendono ancora, purtroppo, quasi un miraggio.

Noi l'abbiamo ascoltata signor Ministro e la tranquillizzo, anche noi, all'opposizione pro tempore, sappiamo leggere i giornali e ascoltare le notizie del mondo, sappiamo che la situazione globale è complessa e che le guerre, l'inflazione e i vari effetti macroeconomici di queste dinamiche hanno un effetto sulla dinamica dei prezzi e sulla capacità di spesa e di iniziativa delle imprese. Però, siete stati voi, Ministro, a scegliere di voler cambiare completamente la governance del Piano, siete stati voi a voler ridiscutere per intero il PNRR invece di fare piccoli e condivisi aggiustamenti, come veniva da noi proposto, e questo ha creato i ritardi dei quali noi vi avevamo già avvertito lo scorso anno e che non sarà facile recuperare. Ma se andiamo più a fondo, per quanto possibile dato che i dati non sono così dettagliati come dovrebbero, cerchiamo di capire come sono stati spesi realmente questi fondi. Il MEF ci spiega che 28 miliardi sono stati in concessione di contributi a unità produttive, parliamo principalmente di crediti d'imposta, quindi Industria 4.0, la quota di superbonus, mentre per la parte delle opere pubbliche, dei lavori pubblici, su una stima complessiva di 80 miliardi che prevede il Piano fino al 2026, al momento ne sono stati spesi solo 10, quindi quella percentuale di 50 su 200, circa il 25 per cento sul piano complessivo, nell'ambito delle spese per lavori pubblici scende a poco più del 12 e solo 3 miliardi sui 45 del Piano complessivo sono stati spesi per la realizzazione di servizi e per la loro acquisizione. Per dirla con parole semplici, gran parte delle risorse finora spese effettivamente sono quelle di spesa automatica attraverso gli automatismi previsti dai crediti d'imposta, mentre l'unico attore della vita politica e istituzionale italiana, cioè gli enti locali, gli enti di prossimità, sono il soggetto che più ha avuto capacità di spesa sia del PNRR che nel complesso degli investimenti del Paese e - ci tornerò - per questo voi li colpite.

Lo scorso anno, Ministro, voi ci assicuravate che i cambiamenti che stavate facendo, accentrando tutto nelle sue mani, non erano fatti per nascondere le vostre mancanze, ma che sarebbero stati recuperati i tempi persi grazie a una velocizzazione nell'impiego delle risorse ma, al momento, questo risultato non lo abbiamo visto.

Vado a concludere ricordando - come ha fatto ieri il presidente Decaro nel corso dell'audizione svolta in Commissione bilancio - che, appunto, è venuta dai comuni la maggiore capacità di impegno delle risorse e di capacità di spesa. Concludo Presidente, associandomi alle considerazioni finali della collega Carmina, voi state sbagliando su questo Piano, state sbagliando perché non lo vivete come un Piano di unità nazionale e di ripartenza del Paese, avete interpretato il vostro arrivo al Governo come l'occasione per cambiare tutto, nel provare a cambiare tutto avete semplicemente rallentato la capacità di spesa e di utilizzo dei fondi, ma come ha spiegato qui, il collega Bagnai, non utilizzare al massimo i fondi e creare le condizioni perché il debito comune europeo non venga rinnovato è il vostro obiettivo politico. Voi pensate dopo le elezioni europee che si possa tornare indietro sulla costruzione del debito comune e che si possano anche non spendere una parte dei fondi del PNRR, quelli a debito. Questa è una politica contro l'interesse dell'Italia, Ministro, perché lo capisce chiunque. Oggi il debito pubblico italiano costa e costa di più del debito comune europeo, quindi l'interesse nazionale dell'Italia è che si vada avanti su quella strada, che è stata tracciata nella legislatura europea che si va concludere, grazie all'iniziativa del Governo “Conte 2”, ma grazie soprattutto all'azione che l'Italia ha fatto in Europa con il Presidente Sassoli, con il Commissario Gentiloni, a cui noi del Partito Democratico abbiamo dato un grande contributo.

L'unica domanda è: perché non c'è preoccupazione tra gli investitori e nei mercati finanziari sul fatto che voi cercate di mettere l'Italia su una linea di riduzione della capacità di spesa? È semplice: perché nessuno crede seriamente che voi abbiate una possibilità di vincere le prossime elezioni europee e di cambiare il corso del lavoro della Commissione europea, a cui noi abbiamo contribuito. Quindi, sereni di questa conclusione, ci vedremo alla prossima relazione quando i numeri certificheranno ancora più chiaramente come la sua impostazione, Ministro, è un danno per il Paese.