Discussione generale
Data: 
Giovedì, 12 Giugno, 2025
Nome: 
Mauro Antonio Donato Laus

Grazie, Presidente. Grazie, Governo. Grazie a lei, Ministra, però non me ne voglia, lei oggi non è qui in Aula per un atto di cortesia nei confronti di questo ramo del Parlamento, ma per una precisa prescrizione normativa figlia di un emendamento del gruppo del Partito Democratico, a prima firma del capogruppo Arturo Scotto. Doverosa comunque questa premessa.

Sul tema della sicurezza nei luoghi del lavoro le parole non bastano più. I numeri parlano da soli: oltre 1.000 morti sul lavoro nel 2024, le malattie professionali sono in aumento e gli infortuni tra gli studenti sono in crescita. Oggi, però, vorrei che ci ponessimo alcune domande semplici, Ministra.

Domande non retoriche, domande che ci vengono poste dai cittadini, dalle famiglie, dai lavoratori. Allora, cosa rispondiamo a chi ci chiede: come è possibile che in un Paese avanzato i morti sul lavoro siano ancora in crescita, mentre ci viene detto che il sistema economico è in ripresa? Cosa rispondiamo a chi ci chiede se il Piano integrato per la sicurezza sia stato davvero concertato con regioni e parti speciali o calato dall'alto senza un vero confronto? Cosa rispondiamo a chi ci chiede perché la patente a punti in edilizia venga presentata come grande innovazione, quando la sua efficacia è già stata ridimensionata dalle stesse norme attuative? Una misura depotenziata, con deroghe e percorsi di recupero punti troppo facili, limitata solo ai cantieri edili; senza copertura di altri settori a rischio e senza un sistema premiale reale, né un rafforzamento adeguato dei controlli, rischia di diventare solo ed esclusivamente un adempimento formale e non uno strumento reale di sicurezza. Cosa rispondiamo a chi ci chiede come possiamo tollerare un mercato del lavoro basato su forme sempre più precarie? Ministra, nel suo intervento, nella sua relazione, non ha fatto un solo riferimento al precariato, quando sappiamo che la precarietà espone maggiormente i lavoratori agli infortuni. Su questo permettetemi di dire una cosa molto chiara. Ho una certezza, Presidente: quando un operaio sale su un'impalcatura, quando un'infermiera affronta un turno di notte, quando un giovane lavoratore entra in un magazzino, se sa che non ha un contratto stabile, se sa che, nonostante il suo impegno, il suo stipendio non basta a garantire il futuro della sua famiglia, se torna a casa e trova un familiare che aspetta da mesi una visita o un'assistenza che non arriva, se ogni giorno è costretto a vivere con l'angoscia della prossima scadenza, del prossimo rinnovo, della prossima incertezza, chi può pensare che, in quelle condizioni, una persona possa lavorare con la mente libera, concentrata, capace di percepire ogni rischio e di evitarlo? Chi può pensare che precarietà e sicurezza possano convivere? Non è così. La precarietà non è solo un problema di diritti, è un fattore che mette a rischio la vita stessa dei lavoratori. Perché un lavoro precario genera ansia, un lavoro precario genera paura, un lavoro precario genera fretta, un lavoro precario genera solitudine, anche nel mondo del lavoro e tutto questo, in un cantiere, in un laboratorio, su una strada, può costare una distrazione fatale; può costare ed è costata non una vita, ma tante vite. Allora, sì, combattere la precarietà significa anche fare prevenzione, significa anche salvare vite e questo chi siede al Governo non può continuare a far finta di non saperlo. Cosa rispondiamo a chi ci chiede perché nel disegno di legge sull'intelligenza artificiale - ci sono qui, collega Malagola, la citiamo l'intelligenza artificiale - non sia previsto alcun investimento per applicare le nuove tecnologie alla prevenzione della sicurezza sul lavoro? Cosa rispondiamo a chi ci chiede come pensiamo di combattere seriamente il caporalato se, nei provvedimenti recenti, non è stato stanziato un euro per rafforzare i controlli? Cosa rispondiamo a chi ci chiede: come mai il sistema ispettivo resta sottodimensionato, con centinaia di procedimenti che rischiano la prescrizione per mancanza di personale? Qui, Ministra, mi permetto, se c'è stato un aumento - a mio avviso, a nostro avviso, sempre modesto - degli ispettori del lavoro è sempre per un emendamento a firma, credo, del collega Scotto del gruppo del Partito Democratico; ne avevamo chiesti 1.000, ne sono arrivati 500.

Cosa rispondiamo a chi ci chiede se sia accettabile che un ragazzo in alternanza scuola-lavoro o una studentessa in un laboratorio possano essere esposti a rischi gravi, come purtroppo dimostrano anche gli ultimi dati. Cosa rispondiamo a chi ci chiede: perché il diritto alla disconnessione, già realtà consolidata in altri Paesi europei, in Italia stenti ancora ad affermarsi, lasciando i lavoratori esposti agli effetti più dannosi di iperconnessione e stress tecnologico. Cosa rispondiamo a chi ci chiede perché la responsabilità solidale negli appalti, essenziale per prevenire il ribasso sui costi della sicurezza, venga ancora affrontata in modo timido e parziale? Sono le domande che stanno fuori da quest'Aula, non sono le mie domande; le domande delle famiglie che hanno perso un padre, una madre, un figlio; le domande dei lavoratori che ogni mattina salgono su un ponteggio, scendono in una cava, lavorano in una corsia di ospedale o, come ho già detto, in un magazzino. Credo che su queste domande nessuno possa permettersi di tacere, né di rispondere con frasi fatte, né di rifugiarsi in slogan, perché quando si parla della vita e della salute delle persone ogni parola conta, ogni omissione pesa. Mi avvio alla conclusione. Allora, chiedo qui, ora, al Governo: siete pronti a dare risposte vere, concrete, ma soprattutto verificabili, a queste domande, che vengono dal Paese reale? Perché su questo, lo dico con chiarezza, si misura la civiltà di una democrazia e la sua capacità di onorare la dignità del lavoro e - lasciatemelo dire con forza - non ci servono “leggi vetrina” e non ci servono titoli di giornale. Perché un Paese che non protegge chi lavora è un Paese che non ha futuro.