Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 10 Gennaio, 2024
Nome: 
Gianni Cuperlo

Grazie, Presidente. Diceva Niccolò Machiavelli, signor Ministro, che si fa la guerra quando si vuole, ma la si finisce quando si può. Oggi, noi siamo alle prese con due fronti di guerra: uno è interno a noi ed è l'aggressione all'Ucraina, l'altro in quelle protesi dell'Europa che sono Israele e Gaza. In entrambi i casi, raggiungere una tregua, un cessate il fuoco appare una missione ai limiti del possibile. Il problema è come impedire che questa impotenza temporanea della politica diventi una capitolazione storica. Noi pensiamo che, per riuscire in questo obiettivo, la politica, i Governi, i Parlamenti debbano assumersi le proprie responsabilità. Noi oggi lo facciamo dinanzi a milioni di cittadini, rinnovando le ragioni della condanna più ferma dell'invasione russa e di una violazione inaccettabile del diritto internazionale.

Da allora sono passati quasi 2 anni e mezzo milione di morti, parliamo di una nazione dove si combatte nelle trincee, come un secolo fa, in una guerra di logoramento e di attesa, attesa dell'inverno, attesa delle elezioni del giugno prossimo, con il Presidente del Consiglio europeo che abbandona il timone per candidarsi a casa sua, come uno Schettino qualsiasi. Lo sappiamo, nei territori occupati dalle truppe di Mosca continua l'uccisione di civili, i prigionieri vengono trattati in violazione di tutte le convenzioni internazionali, molti sono deportati oppure spariscono, il tutto, ricordiamolo, per denazificare l'Ucraina. D'altra parte, la guerra, qualsiasi guerra, estrae il peggio della disumanità da ogni parte. Negli stessi mesi, Putin ha introdotto leggi che hanno ristretto i limiti della libertà e dell'informazione.

Di fronte a tutto questo, l'Europa non ha il diritto di tacere, ma il dovere di agire. Per questo, nella nostra risoluzione noi confermiamo le ragioni, tutte le ragioni del sostegno politico, umanitario, economico e militare alla resistenza del Governo e del popolo ucraino, ma per gli stessi motivi, con maggiore forza, denunciamo i limiti di strategia e iniziativa politica e diplomatica che l'Europa ha conosciuto in questi mesi. È con l'Europa voi, signor Ministro che siete oggi al Governo dell'Italia. Più di 3 ore è durata la conferenza stampa della Presidente Meloni, il 4 di gennaio: ha trovato il tempo di evocare ricatti e scomunicare influencer, ma sulla tragedia più grande, la guerra nel cuore del continente, poche sillabe di circostanza.

Lei, signor Ministro, ha parlato stamane, in quest'Aula, di un fattore tempo che giocherebbe a favore di Mosca, di un fronte interno in Ucraina meno compatto. Lei ci ha detto del bisogno di commisurare deterrenza e diplomazia, evitando una narrazione pessimistica sull'esito del conflitto. Concetti giusti, interessanti, signor Ministro, ma che leggiamo al mattino nelle rassegne stampa. Ma lei non è un commentatore o un analista di politica estera, lei è il Ministro della Difesa del Governo italiano, di un Governo che non è in grado di esprimere la condanna per la posizione su questa guerra del vostro alleato ungherese Viktor Orbán.

Un anno fa, vi avevamo chiesto degli impegni precisi, offrendo in cambio la nostra collaborazione, perché il contrasto alla guerra precede tutto il resto. Voi, in un anno, non avete detto praticamente nulla e sul piano dell'iniziativa politica nulla avete fatto. Eppure, su quei vostri banchi, signor Ministro, si sono seduti donne e uomini, personalità che, in altri momenti della storia italiana ed europea, hanno tenuto la schiena diritta. Lo fece il Presidente Aldo Moro, rivendicando l'autonomia dell'Italia in una posizione mai subalterna, neppure verso i nostri alleati storici. Voi, invece, vi siete fatti concavi a quell'Europa che oggi appare impotente, perché è divisa nel giudizio su quanto ha preceduto la sciagurata politica del Cremlino. Quanta falsa coscienza si è consumata dopo l'annessione della Crimea, quando interessi commerciali e l'acquisto del gas hanno sacrificato la difesa di quel diritto internazionale che lei, giustamente, oggi ha richiamato.

Ma, vede, questo è il motivo che deve spingere l'Europa a farsi carico di quell'iniziativa che sino a qui non c'è stata, e va fatto adesso, quando Putin immagina che il fronte tragico aperto a Gaza gli consenta di agire con minore disturbo su quello ucraino. Volete aspettare che sia il voto americano - e il Cielo non voglia il ritorno di un miliardario corrotto alla Casa Bianca - a chiudere questa pagina nel modo peggiore? Noi no, noi questo non lo vogliamo. Signor Ministro, parlava di deterrenza senza agganciarla ad una difesa comune europea e al fatto che, oggi, i 27 spendono nel capitolo della difesa più della Russia equivale ad apparecchiare la tavola con la dispensa vuota. Il punto è che non c'è difesa comune europea senza una politica estera comune.

Noi restiamo convinti che difendere l'Ucraina sia un modo per difendere i valori della cultura del diritto, del diritto internazionale e pensiamo che sia compito della politica, nelle pieghe più drammatiche della storia, tracciare il sentiero che può condurre al compromesso, ad una tregua. A chi presenta questo conflitto come il duello tra le democrazie e l'autoritarismo, noi rispondiamo che il compito della democrazia è sempre distinguersi dalle dittature per la capacità di offrire uno sbocco diverso dalla distruzione e annientamento del nemico. Ecco perché quella frase di Niccolò Machiavelli che ho citato all'inizio - si fa la guerra quando si vuole, ma la si finisce quando si può - oggi parla di noi. E, se è così - chiudo, Presidente - la prova che abbiamo di fronte è dimostrare che quella frase, domani, può parlare per noi.

Se oggi assumiamo, ancora una volta, le nostre responsabilità di fronte a questo Parlamento e al Paese è con questo spirito, quello di chi è consapevole che un popolo aggredito ha il pieno diritto a difendersi e a battersi per la sua libertà e sovranità, quello di chi pensa che la parola “pace” debba ritrovare ora la sua prospettiva storica nell'Europa del dopo, come chiedono milioni di donne e uomini, quelli che nella pace continuano a credere, alcuni con il digiuno e la preghiera, altri con la ragione. Se non saremo capaci di fare questo, allora avremo fallito nel compito primo, che è lasciare in eredità il bene superiore: quella pace che, senza merito, noi abbiamo ereditato da chi è venuto, ha vissuto, ha combattuto e, poi, pacificato questo continente prima di noi.

Non di una sola posizione espressa nei due anni alle nostre spalle noi sentiamo di doverci pentire e a voi, al Governo del nostro Paese non chiediamo di pentirvi dei peccati che avete compiuto. Ho appena ascoltato l'onorevole Montaruli rivendicare il primato dell'interesse nazionale del vostro Governo: può darsi che sia vero, ma, a volte, sbagliate Nazione. A voi diciamo, se potete, di non dovervi pentire, domani, dei peccati che non avete avuto il coraggio di compiere, e ve lo diciamo perché oggi agire per allargare lo spiraglio di una tregua, per un cessate il fuoco, per una conferenza di pace e il ripristino dei confini ucraini a prima del 24 febbraio di due anni fa, tutto questo, oggi, signor Ministro, è il solo vero peccato che abbia un senso compiere.