Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 28 Gennaio, 2020
Nome: 
Walter Verini

Grazie, Presidente. Dico subito di avere ascoltato come il mio gruppo, e già ieri in discussione Bazoli sul tema collaterale e poco fa il collega Zan hanno portato dei contributi significativi, la relazione del Ministro; l'abbiamo ascoltata con attenzione, condividiamo la sua ispirazione, gran parte dei punti. È una relazione, più che di prospettiva, di rendiconto, che noi approveremo; però credo che sarebbe utile, in questi momenti così anche delicati, provare a ragionare tutti insieme su una necessità che non credo appartenga a una forza politica, ma dovrebbe appartenere al dibattito politico, e quindi al dibattito parlamentare, cioè l'esigenza di togliere, dopo troppi anni, la giustizia come terreno quasi principale di scontro politico-elettorale. È un'esigenza matura. Durante i Governi della precedente legislatura, in particolare quelli guidati da Renzi e da Gentiloni, nei quali il Ministro della Giustizia era Andrea Orlando, noi lavorammo per questo, cioè per evitare di fare riforme che servissero ad aiutare qualcuno o a colpire qualcun altro.

Noi lavorammo per fare - si potevano dare giudizi diversi nel merito delle riforme - delle riforme di sistema, organiche, che aiutassero il sistema giudiziario in termini di efficienza, in termini di giusto processo, in termini di rapidità; quindi non contro o a favore di qualcuno. Ecco, credo che si debba riprendere quell'ispirazione e cogliere finalmente, finalmente, l'occasione per uscire anche da due pericoli ricorrenti, troppo ricorrenti: quelli di un giustizialismo - lo dico con un termine giornalistico - radicale, manettaro, e quelli di un garantismo peloso, un garantismo a corrente alternata. È un appello che faccio a tutti per ritrovare le ragioni profonde di quello che la Costituzione assegna al tema giustizia. Allora, mentre vogliamo rivalutare, in maniera, io dico, implacabile, ogni iniziativa di prevenzione e di contrasto, ma anche, nel campo della giustizia, di lotta alla corruzione, di lotta alla penetrazione dei poteri criminali, al tempo stesso noi dobbiamo rivalutare alcuni concetti cardine della nostra Costituzione. Penso al principio della presunzione di innocenza, penso al principio che l'avviso di garanzia non può essere, non è una condanna definitiva, ma è uno strumento a tutela dell'indagato. Penso alla necessità di considerare come sacra l'indipendenza della magistratura, ma, al tempo stesso, la necessità che mai la magistratura invada campi che debbono appartenere ad altri soggetti della democrazia italiana.

Insomma, dobbiamo lavorare perché l'avvocatura, magari con il concetto dell'avvocato in Costituzione, divenga sempre più parte integrante della giurisdizione e del procedimento, così come lo è la magistratura; cioè dobbiamo lavorare per ridare un clima di serenità a questo Paese in un campo delicatissimo, che non può essere usato per scorribande partitiche. Ho ascoltato le critiche - uso un eufemismo - che i rappresentanti di Forza Italia hanno rivolto al Partito Democratico. Vedete, come dico spesso, accetto lezioni quasi da tutti, perché c'è sempre qualcosa da imparare.

Non dico che non accettiamo lezioni, tuttavia, francamente, mi chiedo come sia possibile proclamarsi, come ho sentito dire ripetutamente, garantisti e poi stare insieme, senza mai prendere le distanze da atteggiamenti come quelli di chi dice - e c'è un nome e un cognome in particolare e uno di questi, come è noto porta, spesso le felpe - ogni volta: “Marciscano in galera, buttiamo via la chiave”. Ma è garantismo questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Ma si può pensare di essere garantisti e non dire una parola, non proferire parola quando si adottano atteggiamenti pericolosi di giustizia sommaria, di caccia all'uomo, come di chi va a suonare ai citofoni dei ragazzi per indicare un colpevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Questa è giustizia sommaria, questo è medioevo, questo è pericolo per la democrazia.

Allora, perché insistere, Forza Italia, di cui sicuramente ho ascoltato interventi che hanno anche una coerenza con le loro posizioni. Però, attenzione: di strumentalità si può morire politicamente e per voi mi pare che vi sia l'ossessione di voler dare una spallata a questo Governo, che avrà mille limiti ma che, secondo noi, può dare delle risposte positive al Paese e come Partito Democratico siamo impegnati solo su questo. Non consideriamo il Governo un fine ma un mezzo per cambiare il Paese e anche per avere le necessarie riforme nel campo della giustizia e mi riferisco, quindi, anche ai nostri alleati, a tutti i nostri alleati. Siamo in un Governo di coalizione. Dunque, le certezze che ognuno ha devono essere messe a confronto con le ragioni degli altri e cercare le sintesi, le più avanzate possibili. Così si lavora in termini di coalizione e se uno ha ereditato dal proprio vissuto, dal proprio passato delle idee e delle riforme allora noi dobbiamo essere pronti anche a metterle in discussione, sapendo, insomma, che di certezze è lastricata la via dell'incomunicabilità.

Ecco, allora, perché si deve cogliere l'occasione di un rendiconto annuale come quello che il Ministro guardasigilli compie davanti al Parlamento per dire, come noi del Partito Democratico diciamo, avanti, avanti senza paura e con coraggio con le riforme. Avanti con la riforma del processo civile che non rappresenta solo una garanzia per i cittadini ma rappresenta una garanzia per le imprese, per gli investitori, per uno Stato più efficiente e per un'Italia più attrattiva; avanti con la riforma del processo penale, che conduca finalmente a un obiettivo storico che è quello di portare tempi certi e ragionevoli dei processi. Riprendiamo, anche se non siamo riusciti noi ad arrivare all'ultimo miglio e il Governo precedente ha affossato ogni possibile speranza, lo ricordava Zan, la riforma civile dell'ordinamento penitenziario per far sì davvero che il carcere sia una pena rieducativa e riabilitativa. È anche un investimento in sicurezza, perché un detenuto che sconta la pena certa ed esce rieducato e riabilitato non tornerà a delinquere e, quindi, è un investimento in sicurezza perché noi abbiamo a cuore, davvero e non strumentalmente, la sicurezza dei cittadini.

Insomma, c'è un campo vasto di lavoro e ci sarebbe anche un campo vasto per lavorare insieme come maggioranza e poi come tutto il Parlamento. Questo è lo spirito con cui noi ci approcciamo a questo dibattito e ai successivi appuntamenti parlamentari, sapendo che il Partito Democratico non si presterà a giochi strumentali ma cercherà di lavorare per i cambiamenti necessari della giustizia assieme ad altri cambiamenti in altri settori, non sventolando bandierine identitarie ma cercando di avere il faro che tutti noi dobbiamo avere: si chiama Costituzione della Repubblica italiana