Data: 
Mercoledì, 22 Ottobre, 2014
Nome: 
Maino Marchi

Signor Presidente del Consiglio, la ringrazio per le sue comunicazioni e mi soffermo sulla parte relativa alle questioni economiche.
  La crescita deve essere il nostro imperativo categorico. O l'Unione europea affronta la situazione, cambiando le politiche economiche e fiscali, o si rischia l'avvitamento tra recessione, stagnazione e deflazione; crescita che vuol dire occupazione, lavoro, competitività. C’è la necessità di politiche coordinate ed integrate per competere. Solo l'Europa può essere tra i grandi in futuro, un futuro che è già alle porte. Nessuno lo può essere da solo, nemmeno la Germania. Lei ha detto: «L'Europa o sarà comunità o non sarà», e condividiamo profondamente. E poi la necessità di politiche orientate alla crescita, per affrontare il dramma della disoccupazione.
  Se fino a pochi mesi fa poteva sembrare un problema di alcuni Paesi, denominati PIIGS, ora lo è di tutti. Le performance della Germania sono a dimostrare che politiche di solo rigore sono un boomerang anche per chi le vuole portare avanti, al di là di qualunque ragionevolezza. Perché non è così ovunque, come lei ci ha detto: il mondo cresce con altri ritmi, non solo i Paesi emergenti, ma anche gli Stati Uniti e, quindi, l'Europa deve, pertanto, cambiare le sue politiche.
  L'Italia, in questi mesi, non ha chiesto il cambio delle regole europee. Ci sarebbero tutte le motivazioni per farlo: sono regole scritte in un contesto mondiale molto diverso, che si è velocemente mutato con la globalizzazione e la crisi; anche le regole più recenti sono state scritte sotto la pressione dell'esplosione dei debiti pubblici, degli spread, più con l'ossessione di intervenire sui conti pubblici che con quella dello sviluppo. Ed alla fine bisogna pur prendere atto che non c’è lo sviluppo, ma la recessione o quanto meno stagnazione, che non c’è l'inflazione ma la deflazione, che il rapporto debito-PIL è cresciuto nei Paesi europei.
  Le ultime regole sono state approvate formalmente con il Governo Monti, ma sottoscritte con impegni in parte impossibili per l'Italia con il Governo Berlusconi. Quindi, una discussione sulle regole sarebbe opportuna, ma l'Italia ha preso atto di un quadro molto difficile. Anche a seguito delle elezioni europee: in Italia le ha vinte il Partito Democratico, che fa parte del Partito Socialista Europeo, ma in Europa le ha vinte il Partito Popolare Europeo. Ci si è quindi posto l'obiettivo del massimo di flessibilità dentro le regole esistenti e di interventi concreti per la crescita.
  È un successo che si sia affermato questo concetto, con la consapevolezza che non bastano le politiche monetarie. La BCE fa la sua parte pienamente, ma occorrono adeguate politiche di bilancio e fiscali, politiche di investimento.
  Si sta per insediare la nuova Commissione: deve «dare le gambe» ai 300 miliardi, aggiuntivi, altrimenti sarebbe una presa in giro, addizionali, ci ha detto, e questo è molto importante; 300 miliardi per gli investimenti europei: non sono un'enormità in grado di risolvere, ma da lì bisogna partire subito, discuterne e decidere subito le finalità di carattere europeo, i tempi, le procedure, la ripartizione fra i Paesi, tutto ciò che è necessario per metterle in campo concretamente ed al più presto.
  E dobbiamo fare la nostra parte per gli investimenti, con il superamento del Patto di stabilità interno, come è nelle proposte del Governo, con il buon uso dei fondi di coesione e con investimenti nazionali come sono previsti nello «sblocca Italia» e nella legge di stabilità.
  E poi la flessibilità: torno su questo. C’è stato un gran discutere su cosa significhi. Io credo che con la Nota di aggiornamento al DEF e con la legge di stabilità, il Governo italiano abbia fatto capire cosa significa. Abbiamo votato il rinvio ulteriore di un anno del pareggio di bilancio strutturale. Lo abbiamo fatto due volte in un anno e la maggioranza lo ha votato convintamente.
  È la dimostrazione che l'articolo 81 della Costituzione non è una gabbia e rivendico questo per merito del Partito Democratico che ha voluto l'equilibrio tra le entrate e le spese tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico e non del pareggio di bilancio tout court.
  E, poi, la decisione di rispettare la regola del 3 per cento, ma di non fare una manovra recessiva nel 2015, come sarebbe stato a legislazione vigente, con il 2,2 per cento, ma espansiva rispetto al tendenziale e alla legislazione vigente. E questa scelta non poteva essere una scelta che non suscitasse quantomeno una forte attenzione.
   Presidente, su questo vada avanti, arriverà la lettera e si risponderà. C’è il pieno appoggio del Partito Democratico. Il cambiamento delle politiche europee passa da qui, da questa decisione che dobbiamo portare avanti con forza in Europa.
  E, poi, le riforme e le politiche industriali. Le politiche per i cambiamenti climatici e le politiche energetiche sono il cuore delle politiche industriali. Non mi ci soffermo, l'hanno fatto altri colleghi del Partito Democratico, ma certamente avere l'ambizione più alta possibile e un piano industriale della green economy sono obiettivi pienamente condivisibili.
  A queste politiche si accompagnano altre scelte forti per le riforme. Non le riforme che, come spesso si dice, ci chiede semplicemente l'Europa e noi le dobbiamo fare, ma riforme di cui abbiamo bisogno per la crescita, a partire da quella del fisco. La riduzione delle tasse sul lavoro per le imprese è una rivendicazione, è una questione che è sempre stata posta da questi banchi, dal Partito Democratico, dalle forze di centrosinistra. Non è una decisione che va in senso opposto alle posizioni che abbiamo assunto in passato. E su questo stiamo investendo con forza, come ripeto, sia sul lavoro, sui lavoratori dipendenti, che per quanto riguarda le imprese.
  E sempre sul lavoro, più risorse per gli ammortizzatori sociali, gradualmente, ma si inizia ad andare in questa direzione, e lavorare con la parte fiscale per fare in modo che il lavoro flessibile costi di più del lavoro stabile. Anche questi sono due obiettivi che da tempo noi ci ponevamo e che con la legge di stabilità, insieme al Jobs Act, si stanno perseguendo.
  La scuola è l'investimento più importante per il futuro, a partire dall'edilizia scolastica, ma ovviamente anche dai contenuti della scuola e dell'università. La pubblica amministrazione: sburocratizzare e ridefinire l'organizzazione della Repubblica e dello Stato. La giustizia civile e i provvedimenti contro la criminalità economica: c’è il decreto-legge del Governo all'esame del Senato e poi arriverà qui alla Camera; c’è il reato di autoriciclaggio che finalmente è stato inserito con il provvedimento approvato la scorsa settimana dalla Camera dei deputati, dopo che se ne discuteva per anni e mai nessun Ministro della giustizia è stato d'accordo di inserirlo e solo il Ministro della giustizia di questo Governo l'ha fatto; e la proposta del falso in bilancio e le stesse riforme costituzionali ed istituzionali per far funzionare meglio la democrazia.
  In sostanza, i provvedimenti settoriali e la legge di stabilità sono coerenti con questi obiettivi. C’è bisogno di un ampio dibattito, soprattutto con le regioni e gli enti locali, i comuni, con le articolazioni della Repubblica, ma anche con le parti sociali, dove ognuno possa dare il proprio contributo. Ma credo che senz'altro crescita, lavoro e occupazione sono la direzione da perseguire fino in fondo, come sta facendo il Governo e come lei oggi ha confermato con le sue comunicazioni.