Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 18 Marzo, 2015
Nome: 
Michele Bordo

Signor Presidente, colleghi, permettete anche a me di cominciare l'intervento esprimendo, anche a nome del gruppo del Partito Democratico, sentimenti di vicinanza e cordoglio nei confronti del popolo tunisino e di tutte le famiglie delle persone colpite dall'ennesimo vile attentato di questa mattina a Tunisi. L'atto terroristico di oggi ai danni di un Paese che ha scelto la via della democrazia ha dimostrato, ancora una volta, che la sicurezza dei cittadini in tutto il mondo è a rischio di fronte all'avanzare di queste forme di estremismo e quanto sia necessario agire in fretta per contrastare tali fenomeni. 
Vi è bisogno di una risposta adeguata, che, però, solo l'Europa intera può dare; e invece, occorre ammetterlo, l'Unione europea ha fatto a lungo da spettatore rispetto alle diverse crisi internazionali. In Ucraina, in Libia, nel Medio Oriente, l'Europa ha delegato ai singoli Stati o a gruppi di Stati membri o a terzi la gestione delle emergenze e delle relazioni diplomatiche, che hanno, invece, rilevanza per tutto il continente. 
Di fatto, la politica estera e la sicurezza comune non hanno avuto sinora contenuti e strumenti concreti, privando l'Unione di una leva essenziale per affermare non solo i propri valori e principi, ma anche per rendere più effettive le sue politiche. Si deve, innanzitutto, all'Italia e al nostro Governo se il dossier della Libia e del Mediterraneo, e, più complessivamente, della stabilizzazione dell'intera area del Mediterraneo, è diventato una priorità per tutta l'Europa. 
L'Unione europea, in questi anni, ha purtroppo commesso il grave errore di occuparsi essenzialmente di parametri, vincoli, percentuali di bilancio, sottovalutando, invece, il fatto che il mondo intorno stava esplodendo. Questo è il momento di tornare tutti ad avere uno sguardo condiviso e unitario sui grandi temi di politica estera, perché soltanto così l'Europa può rimettersi al centro del mondo e incidere sugli scenari geopolitici. 
Il Consiglio europeo deve allora confermare, per esempio rispetto alla crisi russa-ucraina, il sostegno all'Accordo di Minsk, assicurando che tutti gli attori di quella crisi rispettino le intese raggiunte, così come deve riaffermare una posizione comune sulla Libia, Paese nel quale, come si è detto, bisogna agire in fretta, per fermare, da un lato, la crescente minaccia terroristica, e, dall'altro, l'aggravarsi del dramma delle migliaia di persone che fuggono verso il nostro Paese. 
A tale proposito, i dati che abbiamo a disposizione sono molto chiari e ci dicono che il numero degli sbarchi è molto aumentato rispetto allo scorso anno, a dimostrazione del fatto che non era Mare Nostrum, come noi abbiamo sempre detto, ad attirare i migranti verso il nostro Paese, bensì il dramma delle aree di crisi, su cui speculano bande criminali molto agguerrite. 
Di fronte a questa crescita dell'onda migratoria, una cosa è certa: noi non possiamo voltarci dall'altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), non possiamo lasciare i migranti al loro destino, non possiamo farlo, come ha detto il Ministro Gentiloni in più circostanze, perché sarebbe non degno di un Paese grande e importante come l'Italia. 
Dobbiamo, piuttosto, batterci per contrastare le cause delle migrazioni nei Paesi di origine, per esempio rafforzando Triton. L'Unione europea può e deve fare molto di più in termini di risorse finanziarie e di disponibilità di mezzi. In questo quadro così difficile e complicato, dobbiamo lavorare per accelerare il dialogo politico, con l'obiettivo di giungere quanto prima ad un quadro di riconciliazione e, speriamo, ad un nuovo Governo di unità nazionale in Libia. 
L'Italia, dentro questa cornice, ovviamente, è pronta ad assumersi responsabilità di primo piano. Possiamo contribuire al mantenimento della pace, lavorare per riabilitare le infrastrutture, operare per l'addestramento militare, riprendere il vasto programma di cooperazione purtroppo sospeso per via del conflitto. Per quanto ci riguarda, insomma, la politica estera e, soprattutto, la stabilizzazione di quell'area devono diventare una priorità per tutta l'Europa. 
Ma il prossimo Consiglio europeo, come sappiamo, si occuperà anche di economia, sarà chiamato anche a confermare la significativa inversione di tendenza maturata in questi mesi da parte dell'Europa nell'approccio a questo tema. 
Fino a ieri l'Unione – lo diceva il Presidente del Consiglio – era solo austerità e rigore, oggi è anche flessibilità, crescita, investimenti, e questo grazie soprattutto al contributo che noi abbiamo dato, soprattutto durante la fase del nostro semestre di Presidenza. 
Abbiamo avuto la forza in Europa di pretendere questo cambiamento, non solo perché in occasione delle elezioni abbiamo ottenuto uno straordinario risultato elettorale a favore del Partito Democratico, ma perché siamo stati capaci di avviare, finalmente, una straordinaria e feconda stagione di riforme che ha ridato, finalmente, al nostro Paese quella credibilità e autorevolezza da tempo smarrite nello scenario internazionale. 
La riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, il Jobs Act, la riforma della pubblica amministrazione e della scuola, la stessa riforma costituzionale su cui ci stiamo misurando in questi mesi, sono stati il più potente sostegno all'azione negoziale condotta dal nostro Governo per chiedere all'Europa un nuovo inizio. E i risultati, anche grazie a questa azione, hanno certamente contribuito a portare il nostro Paese verso l'uscita da una lunga e complicata fase di recessione e a porre le basi per una ripresa dell'economia. 
Ormai tutti i segnali che abbiamo a disposizione sono univoci e ci dicono costantemente che ci sono tutte le condizioni per guardare con maggiore fiducia alla crescita per il 2015, ma soprattutto per il 2016. 
Questi timidi segnali di ripresa adesso vanno consolidati e resi stabili nel tempo e possiamo farlo soltanto se non ci chiudiamo nel fortino nazionale come chiede qualche demagogo nostrano, ma continuiamo a scommettere sull'Europa. Mi fanno un po’ tristezza quelli che, pur di raccattare qualche voto in più alle elezioni, soffiano sulla paura e sulle difficoltà della gente, promettendo l'uscita dall'euro e dall'Unione europea. Ma vi immaginate cosa sarebbe l'Italia in uno scenario di questo genere ? Che fine farebbero i risparmi dei cittadini ? Quale sarebbe la fuga dei capitali ? I titoli di Stato diventerebbero una spazzatura. 
Allora, raccontiamo la verità agli italiani, basta con le urla di chi pensa di essere sempre in campagna elettorale, perché i cittadini aspettano dalla classe dirigente una risposta, non demagogia e chiacchiere. 
Abbiamo bisogno di più Europa, non del contrario, ma di un'Europa certamente diversa da quella che abbiamo vissuto soprattutto negli ultimi anni. L'Europa ha fatto fatica ad uscire dalla crisi, non perché aveva la moneta unica, ma perché ha dato le risposte sbagliate, perché ha scelto con le politiche soprattutto della destra di chiudersi negli Stati nazionali, pensando che l'austerità fosse sufficiente per ripartire e che la cancellazione di un valore per noi sempre importante, il valore della solidarietà, che è sempre stato alla base della costruzione europea, fosse indispensabile per superare le difficoltà. 
Abbiamo visto, però, che questa era la risposta sbagliata, dettata dalla paura e che ha generato solo nuove povertà. In questi anni l'Europa si è concentrata ossessivamente sulla verifica del rispetto dei parametri di finanza pubblica, ignorando il disagio sociale, ma così facendo abbiamo smarrito un faro che per noi è sempre stato importante nel corso di questi anni e, cioè, che prioritarie per l'Europa sono, soprattutto, le politiche per l'inclusione sociale e la lotta alla povertà. 
Ecco perché dobbiamo lottare affinché l'Europa torni presto ad essere innanzitutto questo, un'istituzione che rimette al centro della sua azione i valori della solidarietà, dell'unità e dell'attenzione, soprattutto, verso i più deboli. 
Basta allora con gli egoismi nazionali ! Sì, invece, ad azioni comuni e condivise necessarie per rilanciare l'economia e il processo di costituzione europea ! 
L'Europa deve tornare – e mi avvio alla conclusione, signor Presidente – ad essere protagonista del suo futuro, anche perché ad essa non ci sono alternative. Per tutte queste ragioni preannunzio il voto favorevole del Partito Democratico sulla risoluzione a prima firma Speranza.