Data: 
Giovedì, 27 Aprile, 2017
Nome: 
Laura Garavini

Presidente, Presidente del Consiglio, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, la Gran Bretagna vuole abbandonare l'Unione europea e fa male: fa male il fatto che un grande ed importante Paese come il Regno Unito non voglia più essere parte della nostra comunità ma non possiamo non tenere conto che questa decisione è frutto di una scelta espressa democraticamente che non possiamo che accettare. I britannici, sia pure attraverso una risicata maggioranza, si sono espressi contro l'Unione Europea. La richiesta ufficiale di recesso presentata alcune settimane fa non è che la logica conseguenza del referendum. Rincresce molto che la Gran Bretagna se ne vada perché è stata parte integrante dell'Europa e della storia europea, nonostante che i britannici in più occasioni abbiano dato filo da torcere all'Europa con i loro ostruzionismi, con le loro pretese ma, tutto sommato, anche questi conflitti in passato sono stati costruttivi e in ogni caso il contributo della Gran Bretagna all'economia e alla cultura a tutta una serie di settori è assolutamente fuori discussione. L'addio di Londra è una perdita vera e profonda per tutti gli europeisti più convinti. Adesso ci aspettano tre compiti importanti: organizzare per bene l'uscita del Regno Unito; creare le condizioni per una corretta collaborazione futura; potenziare la nostra attrattività così da rendere in grado di cogliere eventuali opportunità che possono scaturire per l'Italia dalla Brexit. Nessun atteggiamento vendicativo ma chiarezza, per quanto ci addolori essere arrivati a questo punto: questo divorzio non può determinare trattamenti di favore. Per prima cosa dal punto di vista finanziario la Gran Bretagna deve rispettare tutti i suoi obblighi o, detto in altri termini, citando una famosa frase dell'allora Premier Margaret Thatcher, l'Europa nel corso degli accordi deve dire chiaramente “I want my money back”, voglio indietro i miei soldi perché, se in campagna elettorale i sostenitori della Brexit si sono ben guardati dall'ammettere che l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa avrebbe costato un sacco di soldi e avrebbe comportato grosse perdite il Paese, la realtà è che Londra deve ancora la bellezza di 60 miliardi di euro all'Europa e il Presidente della Commissione Juncker fa bene a pretendere indietro questa cifra. I britannici hanno scelto autonomamente di imboccare la strada della Brexit: il conto per uscire dall'Europa è salato ma, nonostante la grande stima e affetto che noi nutriamo per il Regno Unito, qui non c'è motivo che debba indurre a concedere sconti speciali. Inoltre, secondo punto, bisogna creare i presupposti per una collaborazione futura che sia seria e all'insegna della correttezza. Ha fatto bene il Parlamento europeo a precisare che non si può uscire dall'Unione europea e contemporaneamente aspettarsi di continuare a godere degli stessi privilegi di prima. Non ci può essere la moda di togliere l'uvetta sultanina dal panettone lasciando il resto agli altri. Questo concetto va rimarcato. In altri termini non è che si possa pretendere di continuare a godere della libera circolazione di merci e di capitali tra l'Europa e la Gran Bretagna e poi non ammettere la piena libertà di movimento per le persone. Se, come mi auguro, la Gran Bretagna vorrà continuare ad avere stretti rapporti con l'Europa, allora non è che possa limitare la mobilità degli europei. Questo sarà sicuramente uno dei temi più complicati all'interno delle trattative ma ritengo che l'Europa non possa lasciare che i propri cittadini diventino merce di scambio sul tavolo delle trattative. L'Europa deve dare massima priorità agli interessi della propria gente: europei oltre 3 milioni, dei quali 600.000 italiani. Giovani, professionisti, italiani, studenti, semplici lavoratori, cuori e teste che hanno maturato diritti ed esattamente vanno tutelati questi diritti sia che siano diritti di cittadinanza, diritti previdenziali, diritti sociali, diritti all'istruzione, alla ricerca. Allo stesso modo è auspicabile che si garantisca ancora l'acquisizione della cittadinanza britannica dopo cinque anni anche nelle ipotesi in cui si abbia avuto la residenza in Gran Bretagna prima o dopo la Brexit. Ma non ci sono solo sfide, ci sono anche opportunità per l'Europa e per l'Italia. È importante adesso prodigarsi per cogliere tali occasioni proprio nella direzione che il nostro Governo sta già seguendo nel rafforzare il ruolo dell'Italia fra i Paesi guida l'Europa, nel fare sì che l'Italia concorra da protagonista alle possibili chance in divenire in tutti i settori: ad esempio nel tentativo di intercettare il possibile trasferimento di alcuni organismi europei così come pure nel migliorare la nostra attrattività per la localizzazione in Italia di segmenti di elevata specializzazione vuoi nel settore bancario e finanziario o altri.

Insomma serve una linea chiara, una linea netta nelle trattative: dobbiamo restare buoni partner anche perché l'Italia presenta il maggiore avanzo commerciale nei confronti del Regno Unito dopo la sola Germania, quindi abbiamo tutto l'interesse a mantenere buoni rapporti, ma ci devono essere fondamenta di correttezza per questa collaborazione. In ogni caso, Presidente, bisogna che Bruxelles prenda molto sul serio le cause che hanno determinato la Brexit e tutte le critiche antieuropeiste che si moltiplicano nei diversi Paesi membri. Abbiamo bisogno di un'Europa migliore, il che non significa criticare l'Europa, significa battersi per cambiarla in meglio in modo convinto e costruttivo, esattamente la sfida a cui stiamo lavorando come Partito Democratico. Viceversa, chi critica l'Europa sono quelli che stanno con i Farage, con i Le Pen, con i populisti antieuropeisti che aizzano le paure della gente. Noi vogliamo migliorarla l'Europa, vogliamo un'Europa più vicina ai bisogni della gente. Noi non stiamo con i sovranisti che seminano angoscia, stiamo con le centinaia di migliaia di giovani e di persone che per rilanciare i 60 anni dei Trattati di Roma sono scesi nelle piazze in tutta Europa al motto di “Pulse of Europe”, proprio per dire “noi siamo l'Europa”. L'Europa continua ad essere il più grande successo della nostra generazione, e noi ci battiamo perché questo successo sia in futuro ancora più forte, più equo e più solido, esattamente ciò a cui sta lavorando il nostro Governo. Grazie Presidente