Presidente, il prossimo 13 e 14 dicembre il nostro Paese avrà l'occasione, in sede di Consiglio europeo, di mandare alcuni messaggi importanti, sia all'Unione europea e ai Paesi che guardano a questi primi mesi di Governo con preoccupazione, sia alle imprese italiane, che vivono momenti di grande incertezza sul futuro. Tra i temi che caratterizzeranno la discussione vi sarà quello del completamento del mercato unico, in tutte le sue sfaccettature: un mercato di oltre 500 milioni di consumatori, dove, nelle intenzioni, devono essere assicurate quattro libertà di circolazione, quella dei beni, dei servizi, del capitale e del lavoro. Il percorso di costruzione del mercato unico va a rilento, e necessita di un'accelerazione, sia per la tutela dei consumatori, che troverebbero in un'economia integrata, basata su norme omogenee e tutele universali, un vantaggio diretto, sia per l'aumento della competitività delle nostre imprese.
Sono stati anni di profondissima crisi, quelli che abbiamo superato nell'ultimo decennio: anni in cui il gap tra il nostro sistema Paese e quello di altri Paesi vicini è aumentato, anni in cui economie emergenti, meno regolate, hanno trovato spazi e agibilità. Molte imprese italiane hanno resistito, e molte sono addirittura cresciute, perché hanno saputo giocare in un campo aperto ed europeo, mantenendo le relazioni con clienti e fornitori stranieri o esplorando nuovi mercati con il coraggio che caratterizza l'essere imprenditori oggi. L'hanno fatto pur sentendo forte la voce di chi, incapace di affrontare le sfide globali e che oggi siede al Governo, preferisce raccontare la favola del “facciamo da soli”, dell'Italietta chiusa e con lo sguardo al passato.
Oggi è tempo di parlare chiaro al sistema produttivo del nostro Paese: è tempo di farlo, perché il costo dell'incertezza e della sfiducia è troppo caro, e perché a pagarlo saremo tutti. Sviluppo e crescita dovrebbero essere le parole quotidiane di un Governo che sta portando il Paese verso la prima procedura di infrazione per eccesso di debito, parole a cui devono seguire però - permettetemi - scelte coerenti.
Mentre il Parlamento affronta la discussione di una legge di bilancio che ancora ad oggi non c'è, che è oggetto di trattativa estenuante con l'Unione europea, il Governo dia almeno su questo fronte alcune certezze. Io chiedo che il Presidente del Consiglio vada a Bruxelles a dire con forza che l'Italia è in prima linea per il completamento del mercato unico e che, sostiene, si adopererà per la collaborazione commerciale contro una guerra di dazi che ci vedrebbe vittime. Lo faccia, Presidente, pensando ai cittadini italiani che, già oggi, vivono l'Europa come una casa comune, a quelli che lavorano all'estero e hanno bisogno di tutele e diritti riconosciuti, a quelli che fanno impresa e che non vogliono essere azzoppati nella loro competizione da una legislazione frammentata e confusa o da handicap digitali. È necessario agire, è necessario rimuovere gli ostacoli che impediscono ancora di realizzare un mercato unico pienamente funzionante.
Diverse sono le strade che la Commissione europea ha individuato, sul fronte dei consumatori e delle piccole medie imprese, sul fronte dell'armonizzazione delle norme, sulla necessità di sostenere l'economia dei dati e dei servizi attraverso un mercato unico digitale, sul quale, sì, è necessario intervenire in maniera omogenea, sul fronte della tassazione e non credo che iniziative singole che sono state annunciate in questi giorni, da parte del nostro Paese, siano realisticamente efficaci in un mercato digitale davvero inclusivo, che non veda escluso nessuno.
Aggiungo, però, Presidente che, accanto a queste linee di intervento, vi sono altre due questioni fondamentali, una, riguarda le opere infrastrutturali strategiche per il nostro Paese e, l'altra, è il completamento, anche, del mercato unico dell'energia, perché le nostre imprese hanno bisogno di chiarezza anche su questi fronti, in un Paese che deve affrontare e percorrere il processo di decarbonizzazione e, mi permetta, le imprese sono molto attente, anche, ovviamente, al tema dei costi e dei maggiori costi che ancora subiscono rispetto ai competitor stranieri. Su questi tre fronti c'è bisogno di parole chiare, da parte del Governo.
E non posso non citare due grandi opere: la TAV e il TAP, questioni che voi, ancora, mantenete in un clima di piena incertezza, di indecisione che è legata solamente a dissidi interni ad una maggioranza fittizia che è ancora in campagna elettorale, anzi in due campagne elettorali diverse, una della Lega e una del MoVimento 5 Stelle e, credetemi, questo continua a danneggiare le imprese e il Paese intero.
La fiducia di un sistema produttivo non si conquista con un caffè o con un incontro durante la discussione della legge di bilancio, ma con le scelte, le scelte mancate in questa bozza di legge di bilancio, scelte che non ci sono e le scelte sbagliate che sono state contenute nel decreto dignità. Il Governo esca dalla sorda e miope strada che ha imboccato, sorda ai dati che il Paese reale restituisce e alle voci degli imprenditori preoccupati; miope rispetto al campo nel quale si giocano le sfide del futuro, un campo che non è chiuso dentro i confini nazionali, ma che, necessariamente, è europeo. E, lì, in campo europeo, non si può giocare con la sfilata delle strette di mano del Presidente del Consiglio e con le dichiarazioni di retrovia dei due Vicepresidenti, non stiamo giocando a Risiko, nemmeno a braccio di ferro; in Europa abbiamo bisogno di partner, non di strumentali alleanze con le quali prendete in giro gli italiani.
Abbia il coraggio, Presidente, nel pieno delle sue funzioni, di portare il Paese fuori dall'ambiguità e dall'isolamento; parli a chi lavora, a chi, in questo Paese, crede e in cui investe. Le misure assistenzialistiche che mettete in campo, non parlano a questo mondo e non parlano al futuro del Paese. Restituisca all'Italia la dignità che i Governi Renzi e Gentiloni hanno faticosamente riconquistato negli ultimi cinque anni.