Data: 
Martedì, 24 Giugno, 2014
Nome: 
Maino Marchi

 Signor Presidente, Presidente del Consiglio, nel suo discorso lei ha delineato la prospettiva per i prossimi mesi e anni. Ci ha parlato di un'Europa che siamo noi e dell'Italia che ha un ruolo forte per un'Europa non delle tecnocrazie ma dei popoli, per un'Europa protagonista nel mondo. Ci ha parlato del messaggio venuto dagli elettori da comprendere come richiesta di cambiamento. Ci ha detto che si cambia direzione di marcia o non ci sarà né sviluppo né stabilità. Un processo che la politica deve guidare nel rispetto delle regole ma con flessibilità, utilizzando tutti i margini possibili senza barare. Ci ha detto: prima le politiche che si vogliono fare, poi le nomine da intendersi complessivamente. Quindi il superamento delle politiche di austerità di questi anni e qui c’è un interrogativo che è emerso anche nel corso di questo dibattito: per questi obiettivi basta operare nell'ambito delle regole esistenti con l'utilizzo di spazi di flessibilità o occorre cambiare le regole perché nell'ambito di quelle regole non se ne esce, in particolare quelle del Fiscal Compact ? Non è un interrogativo banale. Credo che l'Italia si stia muovendo unendo obiettivi ambiziosi e realismo politico. Il risultato elettorale positivo in Italia ma molto meno in Europa non permette di mettere il cambiamento delle regole come primo, immediato obiettivo. Ma occorre cambiare le politiche dentro le regole esistenti e questo è certamente più praticabile, utilizzando i margini di flessibilità per politiche per il lavoro, politiche sociali, per l'educazione, rilanciando la questione degli investimenti, con glieurobond o gli eurounionbond come avevano proposto Prodi e Quadro Curzio, per supportare le riforme da portare avanti sul piano nazionale e anche per differenziare le politiche tra i vari Paesi. Margini di flessibilità che vi sono anche nelle normative che l'Italia si è data in questi anni, a partire dall'articolo 81 della Costituzione, flessibilità che deve sempre fare i conti con la pesantezza del nostro debito pubblico e le sue conseguenze sui bilanci. Quindi partiamo da qui perché realisticamente questo è possibile mentre altri obiettivi incontrerebbero forti resistenze. Però credo che non ci dobbiamo fermare qui. Se riusciamo a dimostrare che flessibilità non è furbizia per scansare ciò che ognuno deve fare ma è lo strumento per tenere insieme stabilità e crescita, che con la flessibilità si può aiutare la crescita e, quindi, garantire maggiormente anche la stabilità, probabilmente possiamo aprire una breccia per andare anche alle modifiche di alcune regole, in particolare le più rigide contenute nel Fiscal Compact, quelle regole che ricordo per primo ha accettato il Governo Berlusconi. 
  Lei poi ci ha delineato un programma di riforme in mille giorni e un pacchetto di riforme per cambiare radicalmente il nostro Paese. Un cambiamento non solo prospettato ma di cui si è già avviata la concretizzazione a partire da provvedimenti come il decreto-legge sull'IRPEF, quello degli 80 euro. Riforme come quella del fisco, la delega fiscale appena approvata dal Parlamento, della pubblica amministrazione, della giustizia; il ruolo della scuola, della sanità sono aspetti essenziali, come certamente tutto ciò che riguarda il lavoro, le riforme ma anche le politiche per dare una maggiore opportunità di lavoro. Ecco su questo solo una sottolineatura. Lei ha richiamato le riforme della Germania di dieci anni fa. Quelle riforme hanno permesso certamente un aumento della competitività, un aumento dell'occupazione, anche uno spostamento del PIL verso il lavoro complessivo ma, invece, per quanto riguarda il reddito pro capite, vi è stato uno spostamento a sfavore del lavoro: con bassi salari è più difficile che aumentino i consumi o la domanda aggregata e ora si parla di salario minimo a livelli più alti. Facciamo tesoro di questo. Nelle nostre riforme la ricchezza deve spostarsi dalla finanza al lavoro e alle imprese. Il reddito dei lavoratori deve aumentare. Nel decreto-legge Irpef e Irap questi obiettivi sono perseguiti nella pratica e nella realtà. Dobbiamo continuare con questa caratterizzazione delle nostre politiche. 
  Infine, io le propongo di portare in Europa anche questa idea: l'Europa sia protagonista per inserire... Ho quasi finito. ...nelle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio standard minimi di diritti sociali del lavoro e standard minimi sul piano ecologico per la produzione delle merci che devono rispettare tutti i Paesi, per passare da una competizione sui costi a una competizione sulla qualità, che è un'esigenza non solo dell'Italia e dell'Europa, ma del mondo intero.