Grazie, Presidente. Presidente, deputati, lo dico senza retorica: da quel 24 febbraio, il nostro mondo - lo sappiamo - è completamente cambiato. Prima di allora, c'era un mondo in cui i confini non si cambiavano con la forza, in cui la dipendenza economica tra Paesi assicurava stabilità, perché non era conveniente per i governanti rompere le relazioni e fare la guerra. Abbiamo vissuto convinti, per tanti anni, che fosse più importante investire nel cosiddetto soft power, cioè nella capacità di influenzare le altre Nazioni attraverso la cultura, attraverso i valori, piuttosto che attraverso la forza e la violenza.
L'aggressione russa ha intaccato quindi le convinzioni su cui abbiamo costruito le condizioni di vita dei nostri cittadini in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Proprio per questo, perché Putin non vinca questa guerra - come lei ha detto più volte - dobbiamo dimostrare quanto i suoi calcoli siano sbagliati. L'unico modo per uscire più forti da questa guerra è fare in modo che il metodo europeo ed il progetto europeo abbia successo, è l'unica arma nelle nostre mani. Possiamo e dobbiamo continuare a sostenere l'Ucraina economicamente, con le armi - e ringrazio il Ministro Guerini per il lavoro che sta facendo e che ha fatto, in questi mesi, di continuo raccordo con le autorità ucraine e in ambito NATO -; possiamo e dobbiamo farci promotori, come lei ha proposto ieri, di una iniziativa internazionale per evitare la carestia. Ma l'esito della guerra, le condizioni della pace, la possibilità di sbloccare i porti ucraini non sono nelle nostre mani; l'unica cosa che è interamente nelle nostre mani è la forza, la convinzione con cui intendiamo proseguire nell'integrazione europea, abbiamo l'occasione storica di dimostrare che le Nazioni prosperano quando collaborano e si rispettano, abbiamo l'occasione di dimostrare che i cittadini vivono meglio in democrazia, perché sono liberi e al sicuro. Per questo, la decisione di concedere a Ucraina e Moldavia lo status di Paesi candidati è una decisione storica. Il successo dell'Unione europea è una potente forza di attrazione, perché Europa significa pace, soprattutto ora e anche fuori da noi. In Europa c'è, più che mai, bisogno dell'Italia e di questo Governo. Senza Italia non c'è Europa - diceva lei quando ha chiesto la fiducia di questo Parlamento -: in questo momento c'è bisogno d'Italia, perché la costruzione della casa comune non vacilli; c'è bisogno d'Italia anche per evitare strappi e fughe in avanti che possono mettere tutto il sistema in tensione. In queste ore seguiamo con apprensione gli sviluppi della situazione a Kaliningrad, ma mi lasci dire che sarebbe stato meglio consultare tutti gli alleati europei prima di prendere quella decisione. L'Italia in questo momento ha un peso che è maggiore di quello che la nostra Nazione ha in Europa e chi di noi in queste settimane è stato a Kiev, in Polonia, o in Moldavia lo ha visto; ha visto il rispetto e la considerazione per le azioni del nostro Governo e per la posizione che lei personalmente ha preso - primo tra i Primi Ministri dei grandi Paesi europei - e chi di noi ha parlato con i colleghi ucraini ha ascoltato la freddezza con cui sono state invece commentate le incertezze ed i ritardi di altri Paesi. Dobbiamo avere ben chiaro il ruolo storico del nostro Paese: non siamo uno dei suonatori dell'orchestra, ne siamo il direttore, siamo in questo momento il primo violino, quello a cui tutti guardano per vedere quando attacca e per seguirlo. È questo che dobbiamo fare; è su questo - e non su altro - che il PD vuole discutere; questo è il livello di ambizione che vogliamo tenere. Vogliamo andare al di là degli interessi di parte, vogliamo condividere una visione di Europa, di futuro e di pace. Lo vogliamo fare innanzitutto continuando a sostenere il suo Governo e il suo impegno personale. Per questo, mi lasci ringraziare in particolare il sottosegretario Amendola, che ieri si è incaricato di portare a sintesi una difficile mediazione per arrivare al testo di oggi che voteremo in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma vogliamo anche farlo nella discussione politica, in Italia e in Europa. Siamo l'unico partito che finora ha proposto alcuni punti organici complessivi per rafforzare l'integrazione europea. Ci piacerebbe ascoltare cosa ne pensano gli altri gruppi politici, chi dice improvvisamente di essere filoeuropeista, quando stava organizzando un viaggio a Mosca senza che il Governo lo sapesse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); ci piacerebbe ascoltarlo anche dai partiti di opposizione, con cui in queste settimane abbiamo trovato una convergenza sulle linee di politica estera, ma che vediamo che in Europa sostengono partiti e Governi che, troppo spesso poi, nei consessi europei, minano la posizione del nostro Paese. Vogliamo farlo e continuare a farlo con gli altri partiti e con le opinioni pubbliche europee. Lo stiamo facendo, stiamo avendo un grande dialogo con i partiti europei, a partire dalla famiglia a cui noi apparteniamo, che è la famiglia socialista. Nel passato abbiamo usato il “ce lo chiede l'Europa” per non fare la fatica di spiegare ai nostri cittadini le difficoltà, ma anche i vantaggi del cammino di integrazione. Non è più quel tempo!
Oggi siamo noi che possiamo proporre ai cittadini europei, ai Parlamenti dei Paesi europei, ai Governi europei di avanzare ancora più uniti e determinati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).