Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 22 Giugno, 2022
Nome: 
Enrico Letta

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei domani a nome dell'Italia avrà il grande onere e il grande onore, la grande responsabilità di rappresentare il nostro Paese dentro il consesso di un Consiglio europeo che mai probabilmente come domani sarà un momento storico nella vita dell'Unione. Mi faccia dire che sarà un momento storico innanzitutto per un motivo che ho visto e che abbiamo visto tutti nella grande manifestazione di piazza di Tbilisi di qualche giorno fa, nella grande manifestazione di piazza di Chişinău, qualche giorno fa, città lontane da noi, ma città nelle quali la bandiera europea ha invaso delle piazze nelle quali quei cittadini, i cittadini della Georgia e i cittadini della Moldavia, hanno suonato e hanno cantato l'Inno alla gioia, l'inno che ci unisce: quella bandiera che ci unisce, quell'inno che ci unisce.

Mi faccia dire, signor Presidente, che lei domani, secondo noi, deve andare soprattutto a dare la forza della testimonianza dell'orgoglio di quella bandiera che è la nostra bandiera, la bandiera europea che è accanto alla bandiera italiana e che rappresenta per noi il completamento naturale della nostra identità nazionale, quell'orgoglio fatto di valori e fatto di ciò che, in questi cento giorni e passa, il nostro Paese, insieme a tutta l'Europa, ha fatto, con l'aspirazione alla pace che lei ha messo al centro del suo intervento stamattina e, ieri, al Senato e che è l'aspirazione di tutto questo Parlamento, l'aspirazione del nostro Paese, l'aspirazione che guida le nostre scelte, scelte che hanno visto un'Italia che, oggi, sta giocando un ruolo importante dentro l'Unione europea.

Mi consenta, onorevole Meloni, di non essere d'accordo con il passaggio del suo intervento nel quale non è riuscita a riconoscere un fatto storico nella vita del nostro Paese e dell'Europa, ma per un motivo molto semplice: le foto contano, contano nella storia, contano nelle immagini e la foto conclusiva della prima guerra di invasione della Russia nell'Ucraina era una foto che aveva due protagonisti europei, il Presidente francese e la Cancelliera tedesca, e basta, solo loro. La foto che è stata raccontata da tutto il mondo qualche giorno fa - l'Europa va a Kiev - è la foto che ha tre protagonisti: il Cancelliere tedesco, il Presidente francese e il Primo Ministro italiano.

E sappiamo tutti bene che la storia del nostro Paese e della sua politica estera è sempre una storia in bilico tra giocare i primi posti della serie B o giocare nella serie A e quella storia è legata al ruolo del G7, al fatto che noi siamo il terzo Paese europeo del G7 e non ce ne sono altri, al fatto che noi facciamo parte del G20, terzo Paese europeo del G20, e non ce ne sono altri, ma al fatto che non sempre questo nostro ruolo è riuscito a raggiungere i risultati che in questo caso sta raggiungendo. Mi faccia dire, onorevole Meloni, che per noi questo è l'interesse nazionale ed è l'interesse nazionale che il nostro partito, il nostro Governo e il nostro Paese stanno portando avanti col Governo Draghi.

Ma domani, signor Presidente del Consiglio, lei avrà il compito, insieme ai suoi colleghi, di cominciare i passi fondamentali per costruire la nuova Europa, quella nuova Europa che è necessaria dopo quello che è successo a partire dal 24 febbraio. Le voglio dire, qui, le parole che domani in modo più disteso esprimerò nella riunione del prevertice della nostra famiglia dei progressisti europei, insieme al Cancelliere tedesco e ai Primi Ministri spagnolo, portoghese, finlandese e svedese. Costruire la nuova Europa, avere l'ambizione domani di scegliere e di fare delle scelte impegnative, che non sono retorica, e sono scelte anche qui di dire: o di qua o di là.

La prima, lei l'ha citata nel suo intervento: bisogna aprire la stagione di una convenzione europea, come la Conferenza sul futuro dell'Europa ha chiesto, come il Parlamento europeo ha chiesto, sede della sovranità popolare dei cittadini europei. Quella convenzione, mi faccia dire, con l'obiettivo principale di togliere il diritto di veto e il voto all'unanimità all'interno dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Togliere quel diritto di veto vuol dire evitare che succeda, come è successo anche in questi mesi, avere il solito Orban, alleato di Putin in ogni passaggio, a fare di tutto per bloccare l'Europa. Non è questa l'Europa che possiamo costruire. Noi abbiamo bisogno di quella convenzione e di quelle scelte istituzionali.

Abbiamo bisogno di una scelta: noi l'abbiamo chiamata “confederazione europea”, l'espressione che oggi è più in voga è “comunità politica europea” o quella del Presidente del Consiglio europeo “comunità geopolitica europea”. Io insisto sul punto per un motivo molto semplice: se non creiamo questo luogo nel quale i 36 Paesi, i 27 più i 9 Paesi candidati, stanno insieme, condividono lo Stato di diritto, condividono alcune scelte di costruzione di un'area di libero scambio, si riporterà la storia all'ultimo decennio del Novecento, che è stato negativo da questo punto di vista, con tutti i Paesi candidati dell'Europa centrale e orientale a cui abbiamo fatto tante promesse, si sono create tantissime attese e, poi, ci sono voluti, per alcuni di loro, 15 anni per entrare. Tante frustrazioni di quei Paesi oggi sono figlie del fatto che quella scelta fu costruita in un rapporto esclusivamente bilaterale tra le singole capitali dei Paesi candidati e Bruxelles, senza la creazione di quello spazio multilaterale che, invece, noi vogliamo oggi e che non è - onorevole Valentini mi consenta di contraddire quello che lei ha detto prima - la sala d'attesa, ma è il modo migliore per far sì che questi Paesi comincino a condividere lo spirito multilaterale dell'Unione europea. La forza dell'Unione europea, come ripeteva sempre, come ha sempre ripetuto Romano Prodi, è che siamo l'unica istituzione al mondo fatta di un'unione di minoranze. Bisogna saper vivere dentro un'unione di minoranze, avere rispetto nei confronti degli altri e soltanto la vita dentro un organo multilaterale come quello lo consente.

Il terzo punto. Noi siamo perché venga dato lo status di Paese candidato all'Ucraina e alla Moldova. Glielo diciamo con forza: è una scelta che chiediamo che il Governo sostenga, crediamo che sia importante che venga fatto e che venga fortemente sostenuto. Crediamo anche che il suo viaggio con il Cancelliere Scholz e il Presidente Macron abbia, forse, consentito ai suoi due interlocutori di farsi più convinti di una scelta della quale Francia e Germania, fino a oggi, non erano così convinte. Altra dimostrazione di un ruolo guida del nostro Paese, che dobbiamo continuare a portare avanti sull'altra grande scelta che domani sarà toccata: quella dell'energia - il tetto sul gas di cui lei ha parlato -, ma, soprattutto, lo sforzo sulla sostenibilità. Non facciamo sì che Putin vinca anche la guerra di riportarci indietro sugli obiettivi di sostenibilità: portiamoli avanti, portiamoli avanti con determinazione. La siccità che stiamo vivendo in questi giorni è drammatica.

E anch'io voglio rivolgermi ai 539 mila studenti italiani che in questo minuto stanno scrivendo, a meno che non siano bravissimi e abbiano già consegnato il loro compito di italiano, a loro, a quella generazione che ci chiede di prendere impegni, impegni duraturi per il futuro. Noi dobbiamo evitare, signor Presidente, una guerra di civiltà: noi dobbiamo evitare che noi europei, noi occidentali ci troviamo contro il resto del mondo. Lo sforzo che chiediamo al resto d'Europa è quello di moltiplicare le relazioni; dobbiamo isolare la Russia, non dobbiamo isolarci noi, sono due scelte diverse.

E mi faccia completare il ragionamento su uno dei passaggi più importanti della vita europea di questi 100 giorni, al quale noi teniamo particolarmente. L'Europa ha svoltato, dopo 20 anni, sull'applicazione della direttiva sullo status di rifugiato. Basta con il Mediterraneo mare di morte, basta con la fine che abbiamo voluto costruire attorno a tutti questi temi.

Voglio concludere, signor Presidente, chiedendo al Governo un'attenzione particolare sul tema dell'inflazione, dei costi della guerra per i cittadini italiani, per le imprese italiane.

Abbiamo fatto tutti e stiamo facendo tutti campagna elettorale: gli elettori ci hanno chiesto un'attenzione particolare perché sono preoccupati e siamo preoccupati con loro. L'inflazione è la tassa più disuguale che ci sia: colpisce i più deboli molto di più di quanto colpisca più forti. Ecco perché la scelta che lei ha fatto di tassare gli extraprofitti delle grandi compagnie petrolifere ed energetiche è la scelta giusta, una scelta di redistribuzione sociale che abbiamo profondamente condiviso ed è la strada con la quale dobbiamo andare avanti.

Termino, signor Presidente della Camera. Non possiamo, in questa vicenda e nelle scelte che abbiamo davanti, farci guidare dalla nostra stanchezza, non possiamo farci guidare dalla stanchezza della nostra opinione pubblica o dalla stanchezza dei nostri talk show. Gli ucraini non sono stanchi, gli ucraini stanno morendo: noi continueremo a sostenerli e, insieme a loro, a sostenere la libertà e la democrazia che sono i valori al cuore della nostra civiltà.