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Grazie, Presidente. Il Consiglio europeo di giovedì e venerdì ha all'ordine del giorno soprattutto l'Ucraina. Si parlerà di Ucraina, si parlerà di allargamento all'Ucraina e alla Moldova, si parlerà di bilancio europeo con riferimento agli aiuti sull'Ucraina. Questa discussione non è e non deve essere uno stanco ripetersi di un rituale. Ogni volta che negli ultimi due anni i Capi di Governo a Bruxelles hanno discusso dell'Ucraina, spesso alla presenza di esponenti del Governo di Kiev, sono state prese decisioni essenziali per l'Europa, per il nostro futuro, per la guerra e per la vittoria e così noi speriamo sarà anche questa volta. In un momento in cui in varie capitali serpeggia la tentazione del disimpegno e il Presidente Zelensky si trova a Washington, proprio in queste ore, a sollecitare gli aiuti della maggioranza repubblicana che controlla il Congresso, discutere dell'avvio del negoziato di adesione dell'Ucraina e della Moldova all'Unione europea e discutere di Georgia e di Bosnia è e sarà carico di significato. Infatti, nonostante le pesanti interferenze russe che sono arrivate persino all'invasione, l'Ucraina e la Moldova liberamente iniziano un percorso di avvicinamento alla nostra unione politica. È un appuntamento, questo, che non possiamo mancare, tanto più in un inverno così difficile per Kiev e con l'anno elettorale denso di eventi dalla Russia all'Unione europea e fino agli Stati Uniti. Dando l'avvio dei negoziati per Kiev, possiamo ribadire la forza dell'Unione europea: noi siamo Paesi che si riuniscono liberamente con l'obiettivo di preservare e garantire insieme interessi comuni. È così che l'Unione europea fa da più di 70 anni, dando pace, stabilità e benessere a tutti i nostri cittadini. È a questo e non ad altro che aspirano i cittadini ucraini, i moldavi, i georgiani, i bosniaci e anche noi in queste ore, se guardiamo a quanto sta accadendo tra Israele e Hamas, al terrore, agli orrori, alle vittime civili, ci rendiamo conto di quanto sia unico e prezioso vivere dove abitiamo e di quante fatiche sia costato questo lavorare insieme degli Stati. Ci aspettiamo, ovviamente, che il suo Governo si esprima favorevolmente per l'avvio dei negoziati dell'Ucraina, della Moldova e del Kosovo e per lo status di candidato della Georgia ma, Presidente, non basterà che lei dica un “sì”. Due anni fa, in occasione dell'invasione russa contro l'Ucraina, lei si è guadagnata la considerazione degli avversari e dell'opinione pubblica italiana e internazionale quando scelse di sostenere il Governo Draghi a fianco dell'Ucraina. Allora parve chiaro che lei era pronta per una questione ad accantonare la pregiudiziale da capo dell'opposizione per contribuire a un interesse più grande: la sicurezza del nostro continente minacciato da Putin. Due anni dopo, giovedì, lei sarà chiamata a una prova più difficile.
Come sa molto bene e come si è totalmente guardata dal dire oggi, il Presidente Orbán ha già annunciato che metterà il veto sui negoziati dell'Ucraina e della Moldova. Orbán, il giocatore d'azzardo, quello che usa il diritto di veto in ogni Consiglio europeo per ricattare gli altri Paesi ed estorcere concessioni; Orbán, il primo leader europeo a prendere un volo fino in Cina e a stringere lì la mano a Putin dopo l'invasione dell'Ucraina. Sì, parlo proprio del Presidente Orbán, Presidente, quello con il quale lei, insieme al polacco Morawiecki, ha provato a costruire un'altra Europa. Per fortuna dell'Europa e anche nostra, dell'Italia, i polacchi la pensano diversamente da lei e poche settimane fa hanno votato per mettere fine all'era sovranista, oscurantista e aggressiva del PiS e per fortuna di tutti noi a questo Consiglio europeo la Polonia sarà rappresentata da Donald Tusk.
Parlo proprio di Orbán, Presidente, lo stesso che lei - non altri - ha definito un modello, un vero patriota europeo. Proprio il suo Orbán metterà il veto al negoziato dell'Ucraina con la UE. E non c'è solo Orbán. Poche ore fa anche il Cancelliere austriaco Nehammer ha annunciato il veto all'avvio dei negoziati dell'Ucraina, proprio quel Cancelliere Nehammer con cui lei ha avuto calorosi incontri basati su una comunanza di intendere sfoggiata a più riprese. Che alleati che si è scelta, Presidente. È per questo che giovedì non basterà un suo “sì”.
Io non credo ci sia da ridere, però, Presidente, come preferisce. Non credo che ci sia da ridere, perché noi da lei non ci aspettiamo risate né artifici retorici: noi da lei ci aspettiamo leadership, Presidente. Non ci aspettiamo le formule di rito con cui è venuta in Parlamento in questi giorni. Lei ha peso politico in Europa. Ce lo fa pesare spesso e parla spesso del suo ruolo come presidente dei conservatori. Lei guida un grande Paese europeo. Non basterà, quindi, un suo “sì”. Chi ha guidato l'Italia prima di lei, il Presidente Draghi, ha dato prova di leadership sull'Ucraina sul treno con Scholz e Macron. Noi non pretendiamo altrettanto da lei, ma chiediamo quantomeno che lei sappia tenere a bada i suoi sodali, che in questo momento vogliono boicottare una strada di ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea, che è la vera strada per la pace. Le chiediamo chiarezza su questo punto, una chiarezza che lei non ha neanche sfiorato qui in Aula, e le chiediamo un comportamento inflessibile a Bruxelles.
Sinceramente, non ci rassicura averla sentita parlare di fatica sull'Ucraina. Ci preoccupa molto la continua ricerca di flessibilità sulle spese militari del suo Ministro dell'Economia. Se non ci sarà data la flessibilità, che cosa farà il suo Governo? Interromperà le spese e le forniture militari all'Ucraina? E ci inquieta poi profondamente - e dovrebbe inquietare lei e il Ministro degli Affari esteri - l'armata Brancaleone con cui il Ministro Salvini ha iniziato la campagna elettorale per le elezioni europee; un'armata Brancaleone tenuta insieme da un profondo sentimento antieuropeo, da sentimenti di odio contro il diverso e da una grossa pregiudiziale a favore della Russia. Ci preoccupa anche che negli Stati Uniti la famiglia politica a cui lei è vicina in queste ore sta bloccando gli aiuti all'Ucraina.
Presidente, non si può essere insieme amici di Zelensky e amici di Orbán. Lei giovedì dovrà scegliere: l'Europa o Orbán, i repubblicani o Zelensky. Questa epoca così dura e così perigliosa non richiede artifici retorici ma richiede la capacità di guidare e di decidere. È alla prova di queste scelte che noi la aspettiamo.