Grazie, Presidente. Signora Presidente, è un tempo grave, è vero. Il mondo di ieri, quello che abbiamo conosciuto per tre o quattro generazioni, è finito e finisce l'età della sicurezza, avrebbe detto in quel libro Stefan Zweig, a fronte di questo che è uno sconvolgimento, a fronte dello spaesamento dei nostri cittadini. Dovremmo avere tutti maggiore rispetto, misura nelle parole che usiamo, anche tra di noi in quest'Aula, ma un altro dovere abbiamo, quello di non nasconderci e di parlare chiaro. Io parto da ieri, Presidente.
La rottura da parte del Governo israeliano della tregua a Gaza coi raid non contro Hamas, ma contro la Palestina, non è solo un dramma, è un crimine l'ennesimo crimine di guerra. Sono morti oltre 130 bambini, un numero mai così alto in un solo giorno. Lei ha espresso preoccupazione ieri, Presidente. Preoccupazione, Presidente. Quell'atto merita la condanna più ferma e netta di tutto questo Parlamento! Possiamo non essere d'accordo su tutto, sull'intero conflitto israeliano-palestinese, sulla sua risoluzione, sulle sistematiche violazioni del diritto internazionale, possiamo non essere d'accordo, ma su una cosa chiara come la luce del sole dobbiamo esserlo e dirlo oggi che è il 19 marzo: il Governo israeliano di Netanyahu non può uccidere i bambini e non può uccidere i bambini per mantenere il suo potere, per sfuggire dai suoi guai, per annientare un popolo, per mettere in pericolo di sicurezza il suo stesso popolo e l'intera regione. Se lo fa, come ha fatto ieri, è un criminale di guerra che merita sanzioni, lo stigma della comunità internazionale, non l'immunità che il suo Governo vorrebbe accordargli, non impegnandosi a rispettare le pronunce della Corte penale internazionale. Non si può rimanere in silenzio, non può rimanere in silenzio l'Europa, lo dica al Consiglio europeo. Presidente, dov'è la Kallas? Non può rimanere in silenzio l'Italia, perché questo silenzio non è degno della sua tradizione diplomatica, del sentimento del suo popolo, quel popolo che - me lo lasci dire - su questo lei non rappresenta minimamente e sarebbe, invece, suo dovere, Presidente, farlo.
L'Europa è stretta in una morsa, mai come oggi è in gioco il suo ruolo nel mondo, mai come oggi per noi è attuale lo spirito del Manifesto di Ventotene e l'ha detto quella meravigliosa piazza di sabato, unita nella diversità, proprio come l'Europa, e che merita ascolto, merita rispetto, non il dileggio di chi governa, perché questa è la democrazia.
Il filo diretto tra Putin e Trump, ben prima e ben oltre la telefonata di ieri o le annunciate partite di hockey, l'allineamento diplomatico emerso alle Nazioni Unite non solo ci taglia fuori, ma restituisce tutta la dimensione di una minaccia e di una sfida che per noi è strategica, politica, economica, di sicurezza. Lei ha rivendicato anche ieri il sostegno all'Ucraina, Presidente, lo abbiamo fatto insieme, ma l'Ucraina va sostenuta anche sul piano politico e diplomatico.
Per questo, di fronte all'umiliazione in mondovisione allo Studio Ovale non si poteva tacere e lei ha taciuto. Certo, è proprio sul fronte politico e diplomatico che anche noi, noi lamentiamo la mancanza di iniziativa dell'Europa e glielo diciamo da oltre due anni, ma ora è un'urgenza. È un'urgenza anche sua, per evitare di realizzare la pace degli imperi senza gli ucraini e senza gli europei, che è la resa alla legge del più forte e affermare, invece, la pace giusta, che con la fine del conflitto non segni la fine dell'ordine internazionale basato sulle regole, e sicura. Le garanzie di sicurezza, Presidente, lo sa meglio di me, si definiscono o in un negoziato o per mandato delle Nazioni Unite. Sediamoci al negoziato, allora, come Europa, difendiamo le Nazioni Unite anche da chi, come il suo amico Musk, le vuole affossare e poi torni in quest'Aula non a illustrare ipotesi, ma a fare una discussione seria, responsabile, su cui ci siamo anche noi, sul futuro di quella regione.
Lei ha detto ieri che c'è chi sta scavando un solco - cito testualmente - tra le due sponde dell'Atlantico per ragioni ideologiche. È vero, Presidente Meloni, e non è uno spettro, è Donald Trump e lo ha dichiarato dal suo insediamento, mentre lei si spellava le mani. Lo ha fatto aprendo le ostilità nei confronti dell'Europa. Chi ha dichiarato la guerra commerciale? Noi o il suo amico Trump?
E la risposta deve essere forte, unita e compatta dell'Europa. La via bilaterale è una scorciatoia inutile, perché siamo pienamente integrati nell'economia europea.
E se questa, invece, è la via che lei ha scelto, penso debba dirlo, in quest'Aula, con grande onestà e dirlo ai lavoratori e agli imprenditori che, ben oltre il settore agroalimentare, saranno colpiti dai dazi americani.
È preoccupata, ci ha detto, da una spirale che aggravi la guerra commerciale. Guardi anche noi siamo preoccupati da questo e, per questo, dobbiamo guardare alle altre aree del mondo, ma non abbiamo dubbi sul fatto che dobbiamo difenderci e difenderci con intelligenza, Presidente, magari andando a colpire le big tech americane, che rappresentano il cuore del potere negli USA, la cui pervasività nell'economia, nella società e nella democrazia europea è diventata una minaccia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Certo questo significa scegliere tra il nostro interesse è l'interesse di Musk, un soggetto politico funesto, a cui, dopo le vergognose minacce all'Ucraina, io spero davvero che il Governo non voglia svendere la nostra sicurezza e i nostri.
Ma non basta, nemmeno, una risposta difensiva, dobbiamo puntare su noi stessi, rilanciando gli investimenti comuni, i consumi, alzando i salari. Quello che lei non vuole fare in Italia, serve farlo in Europa, proprio per rendere forte l'Europa. E come pensiamo di farlo, con un bilancio europeo all'1 per cento del PIL? È ridicolo. Noi siamo per raddoppiarlo - lo ha chiesto la Spagna - e lei ci dica qual è la sua posizione su questo.
Le chiediamo di battersi per un next generation, per l'autonomia strategica - lo dirà la segretaria - che significa competitività, indipendenza energetica, industria, automotive, transizione ecologica, coesione sociale e territoriale che è un elemento distintivo del momento del modello europeo. Servono veramente 800 miliardi di euro, ma all'anno, per affrontare le sfide che abbiamo di fronte.
Non c'è autonomia strategica, Presidente e chiudo, senza una vera politica estera comune a servizio dell'ideale fondativo di un'Europa progetto di pace. A questo serve la difesa europea, a nostro avviso.
Abbiamo messo a punto una risoluzione, Presidente, che, su questo, la invito a leggere senza pregiudizio. Contiene le ragioni e le proposte per realizzare una vera difesa comune e riafferma la nostra critica e la nostra proposta di radicale revisione del piano von der Leyen.
Perché quel piano favorisce, soprattutto, una corsa al riarmo dei singoli Stati, senza vincoli di coordinamento, integrazione delle capacità operative industriali e che è, del tutto, inadeguata a garantire la deterrenza, da un lato, e l'indipendenza strategica dall'altro.
Ieri lei lo ha liquidato come un annuncio roboante, ma perché non l'ha detto al Consiglio europeo? E Tajani è d'accordo, su questo? Avete salutato, voi come una vittoria, l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale, salvo poi dover fare i conti con la prudenza, giustamente, di Giorgetti perché sa che un aumento di spese militari, che gravano sui bilanci nazionali, crea asimmetrie tra gli Stati - anche sui sistemi di difesa - penalizzando maggiormente i Paesi più indebitati tra cui, vi do la notizia, c'è la nostra Patria.
È un piano pensato per il riarmo tedesco …
Concludo, Presidente. Una decisione sulla quale, forse, dovremmo fermarci a riflettere, non solo guardando alle borse, ma con una maggiore consapevolezza storica e politica. Siamo pronti ad affrontare una discussione seria, ad ampio raggio come ieri lei ha detto, sulla sicurezza e su quello che significa oggi.
Ma la denuncia del rischio di armare i nazionalismi, noi abbiamo il dovere di farla, in quest'Aula, di fronte alla cronaca e, forse, di fronte alla storia. Io chiudo, Presidente, dicendo che non basta dire che noi non utilizzeremo i fondi di coesione: perché Fitto sarà il primo Commissario che se li si farà scippare. Noi abbiamo interesse che, in tutta Europa, vengano spesi i fondi di coesione. Abbiamo interesse che si faccia, soprattutto, al Sud dove la spesa è ferma, perché avete speso, in due anni e mezzo, quello che, quando noi ci occupavamo al Governo di questi temi, spendevamo in tre mesi. Vede è per l'interesse nazionale ed europeo che noi le chiediamo di far valere la nostra posizione sul negoziato. Lei ieri, su questi temi, ha taciuto. Sulla difesa europea ha taciuto. E chiudo, davvero.
Ci faccia capire Presidente Meloni: lei tace sull'Ucraina, per compiacere Trump; tace sul riarmo a Bruxelles, per compiacere Ursula von der Leyen; tace, in Italia, sull'Europa per compiacere Salvini. Ma davvero, Presidente, è preoccupata solo dell'unità della sua maggioranza? Persino noi, che non ci siamo mai illusi, restiamo un po'delusi Presidente, perché ci eravamo fatti un'idea un po' diversa, un po'più coraggiosa di lei. E senza coraggio, in questo tempo grave, si affonda.
Solo che c'è di mezzo l'Italia e noi non possiamo permetterlo.