Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 19 Gennaio, 2022
Nome: 
Andrea Giorgis

Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, Ministra, nell'affrontare il complesso tema del sistema sanzionatorio penale e, in particolare, nel descrivere lo stato dell'esecuzione della pena nel nostro Paese, lei ha usato parole chiare, di verità, che noi apprezziamo. Al tempo stesso, con altrettanta chiarezza, ha indicato una serie di interventi che il Governo e il suo Ministero intendono predisporre e ha delineato l'orizzonte culturale e politico che li anima e li motiva. Un orizzonte ispirato al dettato costituzionale, che noi condividiamo e vogliamo contribuire a raggiungere. Innanzitutto, perché a nostro avviso prendere sul serio quanto prevede la Costituzione e dare piena ed effettiva attuazione alla finalità rieducativa della pena, non è solo rispettare un precetto giuridico - pure vincolante - ma è giusto, nel senso che corrisponde a ciò che noi riteniamo sia giusto e si traduce in un beneficio per l'intera collettività. Come dimostrano tutti gli studi condotti sul tema, i tassi di recidiva variano in maniera significativa a seconda che i condannati abbiano avuto l'opportunità di intraprendere percorsi di crescita e di risocializzazione, oppure abbiano subìto una pena esclusivamente, ciecamente segregativa, priva di ogni opportunità e di ogni speranza. Purtroppo, dobbiamo riconoscere - come lei ha fatto - che oggi lo scarto tra l'essere e il dover essere, lo scarto tra ciò che è e ciò che noi vorremmo che fosse, e la Costituzione prescrive che sia, è profondo e la pandemia ha contribuito a renderlo ancora più insostenibile. I detenuti presenti nelle celle sono circa 6 mila in più dei posti effettivamente disponibili e il sovraffollamento - per riprendere le sue parole - esaspera i rapporti tra i detenuti e rende assai più gravoso il lavoro degli operatori penitenziari e, quindi, assai più difficile organizzare attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero. Gli spazi disponibili, inoltre, appaiono spesso inadeguati e bisognosi di seri interventi di manutenzione e ristrutturazione. Lei, Ministra Cartabia, nel descrivere lo stato del carcere di Sollicciano, ha parlato di condizioni indecorose, non degne del nostro Paese e della nostra storia; condivido il suo giudizio e temo che valga anche per altri istituti.

Alle carenze e all'inadeguatezza degli spazi, si accompagna una carenza di personale - di personale della polizia penitenziaria, di personale amministrativo e di personale specificamente dedicato al trattamento - all'interno e all'esterno del carcere. Vi è poi una criticità che, con la pandemia, è diventata una vera e propria emergenza, che lei non ha dimenticato di evidenziare: è il problema della salute in carcere e in particolare della salute mentale.

I tempi di attesa per ricevere le cure e i trattamenti specialistici si sono moltiplicati e ai detenuti affetti da disturbi mentali non sono spesso garantiti spazi, condizioni materiali e servizi adeguati.

Da questo, pur sintetico, quadro emerge, dunque, l'urgenza di intervenire su più livelli e ambiti, a partire dall'attuazione e dal potenziamento, anche grazie ai fondi complementari del PNRR, di alcuni investimenti disposti nelle ultime leggi di bilancio. Occorre intervenire sulle strutture materiali, avviando il più rapidamente possibile i lavori di manutenzione di ristrutturazione, procedendo altresì al cablaggio e alla digitalizzazione degli istituti e, quindi, alla predisposizione di un efficace e diffuso sistema di videosorveglianza. Occorre procedere all'assunzione di personale amministrativo; la mancanza di direttori e di vicedirettori, com'è noto, è diventata molto seria e rischia, a breve, di risultare insostenibile; i concorsi sono in via di svolgimento, ma occorrerà trovare il modo di assicurare un rapido inserimento dei vincitori. Al contempo, occorre procedere all'assunzione di personale della polizia penitenziaria; come lei ha ricordato, stanno per prendere servizio 1.650 allievi agenti e sono stati fatti ripartire i concorsi, ma probabilmente occorrerà metterne in cantiere ulteriori. E occorre procedere all'assunzione di personale specificamente dedicato al trattamento e di personale degli uffici dell'esecuzione penale esterna, un settore quest'ultimo, quello dell'esecuzione penale esterna, che necessita di essere potenziato, anche per consentire l'effettivo conseguimento degli obiettivi fissati nel PNRR e nella riforma del processo penale, che, saggiamente, prevedono di sviluppare forme di esecuzione della pena alternativa al carcere, soprattutto in riferimento alle pene detentive brevi. Se analizziamo la tipologia delle persone ristrette si rimane, infatti, colpiti dalla consistenza dei condannati a pene molto brevi; oggi, ad esempio, vi sono circa 1.167 detenuti condannati a pene inferiori a un anno, 2.243 a pene tra uno e due anni e 3.755 a pene tra due e tre anni. Occorre, inoltre, un nuovo e rinnovato impegno sul piano della formazione, per promuovere l'affermarsi, in tutti coloro che operano all'interno del carcere, di una specifica sensibilità e consapevolezza della particolare funzione a cui sono chiamati. E, naturalmente, occorre predisporre le condizioni affinché sia evitata ai bambini l'esperienza del carcere, consentendo il trasferimento delle madri presso case famiglia protette o comunità alloggio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Tutte queste misure sono importanti ed è senza dubbio necessario concretizzarle al più presto e ulteriormente rafforzarle ed ampliarle, ma, accanto ad esse occorre, a nostro avviso, valutare l'opportunità di nuove soluzioni legislative e di nuovi progetti per ridurre il sovraffollamento in maniera strutturale. Un passo in questa direzione è stato fatto, come prima ricordato, con l'approvazione della delega in materia penale e con la scelta di sperimentare forme di esecuzione della pena diverse e alternative al carcere. In questa stessa direzione, durante la pandemia sono state sperimentate alcune innovazioni volte a favorire l'esecuzione della pena detentiva fuori dal carcere, presso il domicilio, per coloro che devono scontare una pena residua non superiore a 18 mesi e ad incrementare le licenze e i permessi straordinari per i detenuti in regime di semilibertà e per quelli ammessi al lavoro esterno. Si tratta di soluzioni adottate per fronteggiare un'emergenza che dovrebbero, tuttavia, secondo noi, assumere una valenza strategica e un carattere strutturale, così come i progetti predisposti dal Ministero e della cassa delle ammende per reperire nuovi domicili ove rendere possibile l'esecuzione della pena fuori dal carcere anche a chi non dispone di un domicilio idoneo.

Un prezioso contributo alla definizione di misure volte a migliorare la capacità rieducativa della pena e le condizioni di lavoro di tutti coloro che operano all'interno delle strutture carcerarie è giunto dalla commissione per l'innovazione del sistema penitenziario presieduta - ho concluso, Presidente - dal professor Marco Ruotolo. Accanto a interventi legislativi che questa Camera dovrà discutere e, a nostro avviso, prendere in seria considerazione, la commissione ha avanzato interessanti proposte di riforma e di integrazione del regolamento di esecuzione e altrettanto interessanti soluzioni organizzative sperimentabili, a legislazione invariata, attraverso l'adozione di direttive e circolari che mi auguro possano trovare presto attuazione. Presidente, le chiedo 30 secondi. Ho voluto ripercorrere brevemente alcune delle principali criticità del nostro sistema penitenziario, evidenziando, da un lato, lo scarto tra l'essere e il dover essere e, dall'altro, la necessità di adottare una strategia complessiva che, attraverso una pluralità di atti normativi e amministrativi, agisca sulle strutture materiali, sul personale e sulle formazioni, per ribadire, in quest'Aula, l'urgenza di provvedere e, al tempo e al contempo, il nostro convinto sostegno alla sua azione e all'azione dell'intero Governo, nella prospettiva di una piena ed effettiva attuazione del dettato costituzionale.