Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 25 Novembre, 2019
Nome: 
Mario Morgoni

A.C. 2211-A

Grazie, signor Presidente. In effetti è spiacevole dover constatare che, per la discussione su un provvedimento così importante, ci sia una così scarsa presenza di colleghi. Questo indubbiamente non depone a favore dell'attenzione su una questione che, per molti aspetti, ancora riveste elementi di drammaticità.

Questo provvedimento, che oggi esaminiamo in Aula, su cui abbiamo il confronto, ha richiesto un lavoro molto impegnativo, non solo e non tanto per la tempistica serrata che lo ha caratterizzato, quanto per il livello di aspettative e la grande mole di richieste che ha generato, in presenza di una situazione di perdurante difficoltà nel centro Italia, ma anche per il fatto che ha dovuto fornire alcune necessarie risposte a problemi aperti in altre, purtroppo numerose, situazioni del territorio nazionale, dal sisma dell'Aquila a quello dell'Emilia Romagna, a Ischia, alla provincia di Campobasso, alla città di Catania, fino a Matera e a Venezia con i recenti eventi.

Questo lavoro molto impegnativo, che è stato svolto in particolare nella Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, si è avvalso dell'apporto prezioso innanzitutto dei funzionari della stessa Commissione, ma anche di tanti altri funzionari e collaboratori, che, come già hanno fatto le colleghe relatrici, credo sia doveroso ringraziare per l'opera che hanno prestato.

Mentre affrontiamo con questo decreto il tema delle misure necessarie, per riportare la normalità nei territori del centro Italia colpiti da gravi eventi sismici, altre calamità in questi giorni, purtroppo in queste ore, si stanno abbattendo nel nostro Paese e con una frequenza crescente, che sottolinea, da un lato, ancora una volta la fragilità strutturale del nostro territorio, ma anche l'irrompere di fenomeni nuovi, come il cambiamento climatico, che producono accelerazioni nella ciclicità e nell'intensità degli eventi calamitosi. Queste situazioni richiamano indubbiamente tutti gli organi dello Stato a un impegno straordinario per la prevenzione e per la mitigazione dei rischi, per consolidare ulteriormente un sistema di Protezione civile già collaudato e a cui dobbiamo tutta la nostra gratitudine, per la capacità di soccorrere le popolazioni in momenti veramente drammatici di emergenza, un sistema di cui il Paese può veramente essere orgoglioso.

Ma, di fronte a tali eventi, diventa ineludibile una riflessione sui 5 miliardi di euro l'anno, che il nostro Paese spende per riparare i danni delle calamità, e i pochi milioni, sostanzialmente, che spendiamo per mettere in sicurezza un territorio fragile, tra l'altro, risorse che molto spesso vengano spese con una lentezza ingiustificabile. Queste situazioni, con il loro carico di danni materiali, ma soprattutto di ferite inflitte alle nostre comunità, in termini di vittime, sofferenze e disperazione, impongono senza dubbio alla politica, in primo luogo, un atteggiamento di rispetto. Già alcune considerazioni su questo tema sono state fatte, ma io voglio ribadire che rispetto vuol dire, in questo caso, rinunciare a fare di eventi come questi terreno di scontro, strumentale alla conquista di consensi, e mettersi invece al servizio dell'interesse generale, piuttosto che delle proprie convenienze. In questo caso, una convenienza tra l'altro illusoria, perché, nel gioco del rinfacciarsi le responsabilità, non esce sconfitto il proprio avversario, ma sempre, direi, la credibilità della politica.

Lo dico perché il provvedimento in esame si occupa di un tema, quello degli interventi nei territori colpiti dal sisma del centro Italia, non certo immune dall'essere usato a fini di parte. Non tutti l'hanno fatto indubbiamente con la stessa spregiudicatezza, ma quasi nessuno può dire di essersi sottratto a questa logica. E qui, chi frequenta quei territori e si confronta con quelle persone, avverte che c'è un'insofferenza nei confronti di quella politica che appare sempre pronta ad additare le responsabilità altrui, ma quasi mai disponibile ad assumersi le proprie responsabilità, quelle di concorrere alle soluzioni dei problemi. Che questo atteggiamento sia del tutto insopportabile lo rende evidente la portata degli eventi, che hanno coinvolto 600 mila cittadini, con 299 morti, 370 feriti, 90 mila edifici danneggiati, 50 mila sfollati, 2 mila centri abitati colpiti, 138 comuni, 10 province, 4 regioni. Che questo atteggiamento sia irresponsabile, oltre che insopportabile, lo rende altrettanto evidente anche il fatto che pressoché tutte le forze politiche si sono trovate ad avere, in periodi diversi, responsabilità di Governo: Renzi-Gentiloni per poco più di un anno (quei Governi hanno gestito prevalentemente, tra l'altro, una fase di immediata emergenza); così come il successivo Governo Lega-Cinquestelle, dal giugno 2018 a fino all'agosto 2019. Quindi, per un periodo quasi identico hanno gestito queste problematiche. Queste esperienze hanno dimostrato che, alla prova dei fatti, nessuno possiede ricette risolutive o strumenti prodigiosi, utili a garantire soluzioni rapide e radicali. È risultato anche chiaro che, in questo territorio così vasto, complesso e fragile, come quello che è stato interessato da questi eventi, non erano e non sono praticabili percorsi di totale deregulation, con gravi rischi di compromissione di peculiari valori paesaggistici, naturalistici storici e culturali, di cui quel territorio è depositario.

Si è citato più volte il caso di Genova, per invocare misure di analoga straordinarietà, ma è del tutto evidente la ben diversa portata territoriale degli eventi. Da queste premesse dovrebbe partire il confronto.

Fino ad oggi dobbiamo dire che in questo passaggio non si può non dare atto con franchezza di un atteggiamento responsabile e costruttivo delle forze di opposizione in questo senso, quindi, un confronto su un decreto che nasce dalla volontà di rimuovere ostacoli e difficoltà oggettive che il percorso di ricostruzione sta incontrando e che vanno rapidamente rimossi per garantire una ripartenza reale, ma un decreto che intenda anche dare un segnale chiaro sul versante di uno sviluppo economico, senza il quale la riparazione dei danni risulterebbe un'azione sterile e improduttiva. La ricostruzione materiale e lo sviluppo economico non possono procedere di pari passo e in modo coordinato, specie in un'area già fortemente segnata da un declino economico e demografico precedente gli eventi sismici.

In questa occasione, comunque, il tema che torniamo a trattare lo affrontiamo, con questo decreto, in modo organico, evitando interventi occasionali e misure episodiche, che spesso, fino ad oggi, nel recente passato, abbiamo inserito in provvedimenti con finalità diverse.

Direttrice fondamentale di questo decreto è l'intervento sulla ricostruzione privata, sulla quale abbiamo circa il 10 per cento delle domande presentate rispetto a quelle attese, e ancora poco più di un 10 per cento è la realtà delle domande definite. Quindi, la ricostruzione complessivamente oggi è intorno al 5 per cento di quella che è la realtà che andrebbe ripristinata e ricostruita. È comunque prevedibile che, da qui in avanti, ci sia un incremento nel ritmo di presentazione dei progetti e, quindi, anche per questo si rende indispensabile adottare metodologie utili ad arrivare in tempi molto più rapidi all'approvazione dei progetti stessi.

La soluzione individuata con questo decreto prevede l'adozione del provvedimento di concessione del contributo una volta accertata la legittimità del soggetto richiedente, dietro semplice certificazione da parte del professionista della completezza e della regolarità amministrativa della pratica, nonché della relativa quantificazione del contributo, con richiesta - contestuale alla domanda di contributo stesso - di convocazione della Conferenza regionale, se è necessaria, per l'acquisizione di pareri ambientali, paesaggistici e quant'altro. Una misura - ritengo - fondamentale per velocizzare il processo di autorizzazione all'apertura dei cantieri, una misura su cui si sono concentrate, anche in questi giorni, alcune critiche dal mondo dei professionisti. Ma credo che - al di là dei necessari e ulteriori elementi di chiarezza per garantire univocità di valutazione, indubbiamente necessaria, e questi elementi potranno venire da atti appositi del commissario - si tratta di un percorso assolutamente indispensabile per garantire un'accelerazione alla ricostruzione.

E proprio per rispondere a queste preoccupazioni espresse dai tecnici, in Commissione, con un apposito emendamento delle relatrici, si è prevista la possibilità per il professionista di attestare, anziché la conformità edilizia e urbanistica, la sola conformità dell'intervento proposto all'edificio preesistente al sisma, demandando alla Conferenza regionale l'accertamento della conformità urbanistica. Con lo stesso emendamento si prevede di intervenire attraverso programmi straordinari di ricostruzione, adottati dalle regioni, nelle situazioni caratterizzate dai danni più gravi ed estesi, dove la ricostruzione di un edificio distrutto con le stesse caratteristiche di quelle preesistenti sarebbe impraticabile se non con alcune deroghe agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica in vigore. In questa previsione c'è anche una prima presa d'atto che nel territorio del cratere coesistono situazioni anche fortemente differenziate, che non possono essere affrontate in modo indistinto. Con questa misura - credo - siamo nelle condizioni di fare un passo avanti nella tempistica della ricostruzione, ma naturalmente l'efficacia di questa misura sarà da monitorare quotidianamente in corso d'opera.

Ma, se necessario, dobbiamo essere pronti a fare ricorso anche ad ulteriori misure straordinarie, anche più coraggiose, per evitare i possibili rischi di fallimento della ricostruzione proprio nei centri maggiormente colpiti. Nella città di Macerata sono state presentate circa 200 richieste, che rappresentano la quasi totalità dei beni danneggiati in quel centro abitato di circa 40 mila abitanti. A Castelsantangelo sul Nera, che su 1.024 edifici che compongono la realtà urbana e limitrofa ne ha 37 agibili e 997 inagibili, le richieste sono state 60, il 6 per cento di quelle attese. Ovviamente concorrono diverse ragioni a questa situazione, ma gli ostacoli normativi e procedurali credo siano un elemento significativo di impedimento; e anche un regime vincolistico credo non possa non assumere un diverso profilo, se applicato ad un tessuto urbano integro, piuttosto che a un centro abitato distrutto. E in questi territori, più che la speculazione – credo -, bisogna temere la desertificazione. Quindi, da questo punto di vista, non si può non comprendere l'esasperazione e il grido d'aiuto di un sindaco, come appunto quello di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci.

Comunque, credo che oggi tutti abbiano il dovere, di fronte ad una misura che nei prossimi giorni andremo a varare, di concorrere in modo costruttivo e proficuo a dare attuazione alle norme che appunto entreranno in vigore. I provvedimenti contenuti in questo decreto hanno visto implementazioni e integrazioni significative, forse ne vedremo anche da qui alle prossime ore, prima della conclusione dei nostri lavori. Ci sono state molte innovazioni rispetto al testo del decreto: le misure di carattere tecnico sui tipi di murature tradizionali che incidevano negativamente sul contributo, la proroga per la presentazione delle domande relative ai danni lievi, l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria con il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, la possibilità di presentare la domanda di contributo da parte di un singolo comproprietario di un bene immobile dove insistono più proprietari, quindi, anche dal punto di vista tecnico, molte cose che hanno cercato di recepire le indicazioni e i suggerimenti che venivano dalle professioni. Ma anche su altri temi, ma non voglio dilungarmi su questo, perché altri colleghi, già le relatrici in particolare sono intervenute sulla questione delle scuole, dei comuni, con la proroga dei mutui, con la possibilità, per i comuni con meno di 3 mila abitanti, di nominare un segretario comunale di fascia superiore; e questo è un tema drammatico presente nei piccoli comuni, anche perché la figura del segretario comunale riveste indubbiamente un significato importante, specialmente in un momento come questo.

Quindi, oltre a questo, mi pare necessario rimarcare come, per il successo della ricostruzione e anche degli interventi nelle altre realtà che sono ricomprese in questo decreto, siano necessarie, comunque, tanto delle norme adeguate ed efficaci, quanto poi una conseguente fase applicativa ed operativa che garantisca efficienza e tempestività. E in questo senso, purtroppo, è innegabile che ci troviamo a scontare mali antichi del nostro sistema: i percorsi attuativi delle norme spesso sono farraginosi e tortuosi, e testimoniano i problemi di un sistema amministrativo lento e complicato. Faccio solo qualche esempio: con il decreto-legge n. 189 del 2016 approvammo, ormai più di tre anni fa, provvedimenti a favore delle imprese colpite, come il riconoscimento del danno indiretto, i finanziamenti agevolati fino a 30 mila euro per il ripristino e il riavvio di attività economiche e il credito d'imposta, introdotto con il decreto del febbraio 2017. Bene, il danno indiretto, nelle Marche, nella mia regione, è in liquidazione in questi giorni, mentre, per i finanziamenti agevolati, dopo un'ordinanza commissariale intervenuta nel novembre 2017, la n. 42, che delegava ad Invitalia la fase attuativa, ancora siamo assolutamente fermi. Per il credito d'imposta, l'Agenzia delle entrate ha provveduto ad emanare la circolare attuativa del provvedimento del febbraio 2017 nell'agosto scorso, 2019. L'ordinanza della Protezione civile sul contributo di autonoma sistemazione è arrivata in questi giorni, dopo oltre un anno e mezzo di gestazione. Anche per le ordinanze commissariali è auspicabile una maggiore tempestività. L'Ufficio speciale della ricostruzione delle Marche chiede al privato la selezione con gara della ditta esecutrice, quando esiste una disposizione di legge, di alcuni mesi fa, introdotta con lo “Sblocca cantieri”, che consente al proprietario di incaricare direttamente una ditta individuata nell'apposito elenco; e non parlo indubbiamente solo di burocrazia, perché spesso la politica non è estranea a questi intoppi o intralci. E comunque voglio sottolineare come sia necessario intervenire anche su questa fase applicativa, perché non tutto è consegnato all'efficacia delle norme.

Volevo poi sottolineare l'importanza di una misura, presente in questo decreto, come la riduzione al 40 per cento della quota da restituire dei benefici della busta paga pesante, che però spero veda anche un conseguente e tempestivo intervento da parte dell'INPS per ripristinare condizioni di equità, riservando lo stesso trattamento a coloro che non avevano fatto richiesta di rateizzazione.

Ciò ovviamente non avendo consapevolezza che poi si sarebbe emanata una disposizione che avrebbe ridotto la portata della restituzione dei benefici ricevuti, ma la materia che, insieme al tema delle procedure della ricostruzione privata, caratterizza questo decreto è senza dubbio quella dell'intervento finalizzato ad attivare strumenti utili a risollevare le sorti dell'economia dei territori colpiti. Nel testo originario del decreto già erano comprese alcune misure importanti, come l'estensione alle aree del cratere della misura prevista con il decreto n. 91 del 2017 “Resto al Sud”, ma anche quelle del decreto legislativo n. 185 del 2000 a favore delle imprese agricole, in particolare per promuovere il ricambio generazionale e la crescita delle aziende.

Con il lavoro svolto in Commissione si sono integrate e ampliate tali misure, per cui il testo oggi ne esce migliorato e più rispondente alle esigenze del territorio. Innanzitutto, vi è la previsione di un fondo, che è stato, appunto, istituito con l'approvazione di un apposito emendamento, dove affluiscono risorse fino al 4 per cento degli stanziamenti previsti per la ricostruzione; questo è un elemento fondamentale per cercare di dare attuazione a una progettualità, per cercare di rispondere a una progettualità che nei territori sta già prendendo forma con la collaborazione tra istituzioni, università e anche soggetti privati, rappresentativi dell'impresa locale. La proroga di tre anni dell'accesso gratuito al Fondo di garanzia per le micro, piccole e medie imprese è un altro elemento molto importante, così come il subappalto ammesso nei contratti tra privati e l'ampliamento delle misure a sostegno del settore agricolo, non più circoscritte al ricambio generazionale ed estese anche al settore boschivo.

Per quanto riguarda le misure previste in ampliamento al decreto “Resto al Sud”, voglio segnalare, perché ritengo sia particolarmente importante, l'estensione di queste agevolazioni, escludendo il limite di età, nei comuni, però, del cratere con danni gravissimi, quelli che hanno oltre il 50 per cento degli edifici inagibili; infine, le misure prodotte come segnale per combattere l'abbandono dell'entroterra e dei piccoli centri, come la tassazione agevolata con aliquota al 7 per cento per i titolari di pensione erogata da Stati esteri che trasferiscano la propria residenza in comuni, anche qui, con meno di 3 mila abitanti - quindi, un target molto preciso -, all'interno del cratere, e la possibilità per le regioni di adottare programmi di incentivazione per il trasferimento della residenza nei comuni più piccoli, sempre fino a 3 mila abitanti. Ecco, imprimere una forte accelerazione nella riparazione dei danni per quanto riguarda la ricostruzione privata e introdurre ulteriori misure volte a dare impulso alle attività economiche sono gli obiettivi principali di questo provvedimento, ma anche il cuore del problema della ricostruzione, perché questi sono gli elementi irrinunciabili di un progetto complessivo, necessario per far ripartire imprese, servizi e comunità. Nelle Marche, nella mia regione, i comuni colpiti dal sisma rappresentano i due terzi dei territori del cratere, sono 87 su 140, il 40 per cento del territorio regionale è stato investito da questo sisma, dagli effetti del sisma; si tratta della regione più colpita, con effetti devastanti sull'intero sistema socio-economico, come attesta anche l'aggiornamento congiunturale dell'economia marchigiana che, solo pochi giorni orsono, Banca d'Italia ha presentato, segnalando una preoccupante fase di stagnazione, insieme a un calo di occupati, a cui, oltre ad altri e più generali fattori congiunturali sfavorevoli, concorrono però gli effetti della crisi sismica che nelle aree interne ha inferto un vero e proprio colpo di grazia a un'economia già in crisi. Con il sisma c'è stata una contestuale riduzione della capacità produttiva, ovviamente, nell'indisponibilità, poi, delle strutture, e un calo della domanda locale rivolta alle imprese, per il fatto che molta gente, appunto, se ne è andata ed è stata assistita sulla costa. Nel 2016, c'è stato un calo nella produzione e nelle vendite di oltre il 5 per cento su base annua, ma se teniamo conto che il sisma è intervenuto a partire dal 24 agosto 2016, quindi, per un quadrimestre, questo calo è stato pari al 20 per cento, se rapportato a quel periodo; si tratta, quindi, di una drammatica devastazione anche dal punto di vista delle attività economiche.

Una terapia adeguata a queste ferite inferte dal terremoto sarà decisiva per far uscire l'intera regione Marche dall'attuale condizione critica, ma una terapia adeguata sarà anche decisiva per salvare quello che il professor De Rita definisce lo “scheletro”, la struttura portante dell'Italia, senza la quale il sistema si scioglie verso il mare: quell'Appennino il cui salvataggio, credo, sia oggettivamente fattore essenziale per il futuro del Paese. Del resto vediamo anche in questi giorni qual è lo stato del sistema idrogeologico del Paese e quanto occorra fare per salvaguardare specialmente i territori più fragili e più strategici, da questo punto di vista. Ma De Rita dice “scheletro” non solo ovviamente come struttura del territorio, ma come elemento portante di civiltà; l'area appenninica rappresenta la parte più ampia del cratere, il Parco Nazionale dei Sibillini vi è totalmente ricompreso, ed è caratterizzata da piccoli centri e borghi sparsi, carichi di storia, più spesso cancellati, oggi, che danneggiati e, qui, la perdita di popolazione è diventata emorragia e perdere popolazione vuol dire perdere paesaggio, cultura e civiltà. Le attività economiche superstiti sono un'eccezione, i nuovi insediamenti inesistenti. Ho partecipato a una delle tante riunioni con le persone che vivono in questi centri e intervenendo a una di queste riunioni uno dei cittadini presenti ha raccontato che si era recato il giorno prima nella ferramenta di Pieve Torina, nel negozio di ferramenta, e il titolare di quel negozio gli ha detto: “Guarda, oggi, ho incassato 35 euro, se per favore mi puoi pagare la bombola che ti ho fornito ieri”. Questa è la situazione reale che vivono tante realtà dell'entroterra; quindi, qui, ricostruire non è solo recupero e restauro delle costruzioni danneggiate, ma ripensamento di un complesso di funzioni urbane, sociali ed economiche che connotano un territorio e gli garantiscono un'identità.

Può sembrare paradossale ma proprio dove il terremoto ha prodotto danni devastanti, dove già era in atto un impoverimento, proprio qui, può nascere una nuova opportunità di futuro, pensiamo all'economia sostenibile legata alla manifattura tradizionale, alle produzioni locali, alle energie rinnovabili, al turismo natura, e questo, ovviamente, con il concorso attivo del Governo ma anche, voglio sottolinearlo, attraverso la capacità degli attori locali di sviluppare una nuova visione, di esprimere una progettualità di territorio attraverso strategie condivise, oltre le angustie dei particolarismi e delle rivalità di campanile che, purtroppo, hanno visto un'accentuazione pericolosa e preoccupante dopo il sisma. Se il Parlamento e il Governo intendono concretamente favorire questi processi bisogna prendere atto dell'esistenza di situazioni fortemente differenziate ed intervenire con misure modulate, sulla base delle diverse condizioni, pur senza voler mettere in discussione la configurazione del cratere, ma mirando le misure in relazione a quelle che sono le caratteristiche e le situazioni oggettive. Già oggi, infatti, vediamo che le risorse disponibili tendono a collocarsi alla periferia del cratere, in quelle realtà dove ci sono stati meno danni, quelle realtà più antropizzate e sviluppate. Non si può far finta di non vedere che certi territori rischiano di passare dal declino alla scomparsa. Nei primi sei mesi del 2019, la provincia di Macerata ha perso 751 residenti, è una provincia di 300 mila abitanti, ma mentre sulla costa c'è una tendenza alla tenuta e alla crescita, i comuni più colpiti dell'entroterra hanno già perso, in tre anni, in media, un 10 per cento della popolazione. Tuttavia, il dato non tragga in inganno, perché un terzo circa di coloro che conservano ancora la residenza ma hanno trovato altrove una diversa soluzione abitativa, oggi, dichiarano di non avere intenzione di tornare, quindi, questo rischia di trasformarsi in un vero e proprio esodo. Credo che nessuno di noi abbia intenzione di dar ragione al professor De Rita che sostiene che l'Appennino abbia un solo difetto, quello di non essere una platea attrattiva in termini di consenso di massa; ecco, se non crediamo che sia così e crediamo che la politica non debba occuparsi solo di consenso, ma di problemi, allora dovremmo occuparci di questo tema. Il Partito Democratico, il nostro gruppo parlamentare, intende farlo con la serietà e l'impegno con cui ha lavorato in queste settimane, in questi giorni, a questo provvedimento. Negli incontri sul tema della ricostruzione, da parte dei cittadini, ma anche degli amministratori, emerge una convinzione, che si affaccia anche nei mezzi di informazione, devo dire, in modo piuttosto crescente, e questa convinzione è che vi sia una sorta di strategia consapevole di desertificazione delle aree interne, ormai ritenute impoverite, marginali e, direi, irrecuperabili.

Già solo dover ascoltare queste valutazioni suona come una sconfitta per tutta la politica ma non è accettabile che questa sconfitta diventi un atto di resa. Come non sarebbe giustificabile l'errore di considerare la ricostruzione del centro Italia una questione circoscritta a quel territorio e così vale anche per gli altri territori dei quali si occupa il decreto. Su questo tema in realtà si misurerà la capacità e la credibilità di un intero sistema istituzionale, politico, amministrativo. Se non saremo all'altezza di questo compito, il fallimento sarebbe inevitabilmente un fallimento dell'intero sistema perché nessuna parte di esso ne uscirebbe indenne o immune da responsabilità. Il provvedimento al nostro esame è frutto di un lavoro serio che consente di dare alcune risposte concrete e da questo punto di vista certamente apprezzabile. Restano problemi aperti di portata rilevante come quello di una ricostruzione pubblica che ancora dimostra di non partire, ancora arranca come quello di un ulteriore consolidamento di misure come la zona franca urbana e della possibile istituzione di una zona economica speciale. Con il decreto-legge - concludo - affrontiamo una tappa della sfida della ricostruzione e facciamo un significativo passo avanti ma il nostro compito nei confronti delle popolazioni del centro Italia non si esaurisce certo qui