Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, io mi esimerò dall'analisi di questo provvedimento, che tanto bene è stato illustrato anche dalla collega del Partito Democratico che mi ha preceduta, anche se voglio sottolineare un aspetto di carattere generale nell'organicità di questo provvedimento, che è estremamente importante, come è stato rilevato, perché è un provvedimento sulla scuola, sull'università, sulla ricerca e per il reclutamento del precariato. Questo è un provvedimento storico perché mette insieme due pilastri fondamentali del reclutamento, che sono da una parte il merito, che viene gratificato dal concorso ordinario, e l'esperienza lavorativa, che ha fatto acquisire competenze tali da potersi meritare finalmente un concorso straordinario per addivenire al ruolo. Quindi, assolutamente un provvedimento di grande equilibrio, pragmatico, che però contempla tutti e due questi pilastri. E voglio dire che, per quanto riguarda i concorsi, è vero che finalmente con questo provvedimento si stabilisce la necessità di fare un concorso ordinario, quindi per merito, selettivo, di prove, che è quello che è importante; concorsi di questo tipo, l'ultimo è del 2012.
Però voglio ricordare che, negli anni dei Governi di centrosinistra, i precari sono stati presi in considerazione: con i nostri Governi sono stati stabilizzati circa 115 mila precari e 52 mila insegnanti nuovi sono stati assunti a seguito di quel concorso del 2012, per fare verità sui dati oggettivi. Ciò detto, mi voglio dedicare in particolare al personale dell'università e della ricerca, e in particolare all'articolo 6 di questo provvedimento. La conversione del decreto-legge n. 126 del 2019, per quanto riguarda il personale dell'università e della ricerca, è un'occasione importante nella direzione di correggere alcune distorsioni e di porre le condizioni di investimento e programmazione per restituire prospettive e valorizzare i nostri docenti e ricercatori. La riforma Gelmini ha rivisto le modalità di reclutamento con l'abilitazione nazionale e l'introduzione delle nuove figure di ricercatore a tempo determinato di tipo A e di tipo B; percorsi di carriera non solo complessi, ma anche insostenibili per i tagli che contestualmente sono stati fatti proprio drenando le risorse del turnover.
La riforma ha illuso tante persone che si sono abilitate, che, in attesa di una chiamata che non arriverà, scadono. Troppo stretti in relazione alle risorse i tempi di accompagno della riforma anche per le opportunità di carriera ai docenti in servizio meritevoli che nel frattempo si sono abilitati. Per questo, ancora una volta, è stato necessario un intervento tampone di proroga, anche perché nella XVII legislatura si è invertito il trend, a cominciare dal rientro delle risorse tagliate del fondo di finanziamento ordinario delle università. Quindi anche questo è un dato che voglio sottolineare. Il decreto-legge in questo quadro consente di porre rimedio alle storture con l'aumento dei periodi di validità delle abilitazioni nazionali e con la proroga dei termini per le chiamate dei docenti in servizio che abbiano conseguito l'abilitazione nazionale a professore di seconda e prima fascia a seconda dei casi: ricercatore a tempo indeterminato vecchio ordinamento o professore associato. Diversa la situazione per il personale degli enti pubblici di ricerca: nella scorsa legislatura - anche qui sottolineo - è stata fatta una riforma strutturale che è stata accompagnata anche da un investimento serio in sede di manovra per sostenere il percorso di stabilizzazione previsto dalla riforma Madia. Senza queste due condizioni non ci sarebbe il dibattito di oggi sull'articolo 6 del decreto-legge e non sarebbero stati stabilizzati tanti precari, operazione che ha già prodotto risultati straordinari, di cui rivendichiamo con orgoglio i meriti.
L'articolo 6 del decreto-legge introduce correttivi mirati. Il dibattito in Commissione ha consentito di inserire ulteriori previsioni per accompagnare il percorso di stabilizzazione, sgomberando il campo da problemi interpretativi che possono provocare ingiustizie e disparità. Il testo, e questa è un'importante conquista in Commissione, dispone con la proroga al 31 dicembre 2021 la possibilità di completare il processo. L'intervento, quindi, si inquadra in una riforma ancora in atto, effettuata con il decreto legislativo n. 218 del 2016, che ha profondamente inciso sugli strumenti di programmazione del reclutamento, valorizzando l'autonomia responsabile degli enti. Una riforma con pesi e contrappesi, accompagnata da limiti di sostenibilità e strumenti di monitoraggio e controllo anche delle modalità di recepimento dei principi previsti dalla carta europea dei ricercatori, dal codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori e dal documento quadro europeo per le carriere di ricerca, articolo 2 e 9 del decreto legislativo n. 218 del 2019.
Una riforma da implementare, nell'ambito della quale la stabilizzazione e le misure correttive introdotte con il decreto in fase di conversione rappresentano un atto di giustizia. Con le modifiche si pongono le basi per considerare in maniera equilibrata, all'atto dell'ingresso, le esperienze fatte dal personale che è stato reclutato con contratti flessibili, utilizzati nel passato in maniera disinvolta. Si eliminano ambiguità, si adatta meglio l'articolo 20 della legge n. 75 del 2015, la legge Madia, alle specificità degli enti di ricerca e si prorogano i termini delle stabilizzazioni. Sappiamo molto bene che la chiave di volta, la vera sfida è la programmazione; inoltre è molto importante l'attività di monitoraggio e controllo affidata al MIUR, che deve evitare il ricorso a scappatoie. Gli strumenti ci sono, la via è tracciata dal decreto legislativo n. 218 del 2016.
Sta alla politica assicurare la continuità degli investimenti e al sistema, in autonomia e responsabilità, assicurare un reclutamento sostenibile in un percorso di carriera chiaro che riconosca dignità, prestigio e, soprattutto, il lavoro e i meriti. Non deve più succedere che ritardi, risorse inadeguate e una programmazione a singhiozzo finiscano per gravare sulle persone che dedicano la loro vita alla ricerca e che talvolta devono accontentarsi di contratti non adatti e penalizzanti. Ringrazio l'onorevole Di Giorgi, con cui ho condiviso queste note, l'interesse verso il personale dell'università e la forma anche di questo intervento. Onorevoli colleghi, le sfide globali si vincono con la cultura e dobbiamo proseguire nel percorso impresso negli ultimi anni per creare le condizioni necessarie a mantenere i nostri talenti e attrarre ricercatori, e per fare questo la programmazione, la chiarezza delle carriere, ma soprattutto gli investimenti sono l'obiettivo prioritario da perseguire.