Egregio Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, più che un “decreto crescita” questo provvedimento è ormai un “decreto omnibus”, un torpedone in cui la maggioranza ha scelto di inserire decine e decine di micro misure, spesso sconnesse tra loro e prive di una concreta visione generale per lo sviluppo del Paese. Finora, questo Governo ha prodotto la decrescita infelice del Paese, altro che decrescita felice.
Nel 2019 l'Italia, forse, crescerà dello 0,3 per cento, per usare le stime ottimistiche dell'Istat e di Bankitalia; nel 2020 non andrà molto meglio, la fiducia degli investitori verso l'Italia è ai minimi termini, continuiamo a bruciare miliardi di euro di maggiori interessi sul debito pubblico a causa di parole e azioni irresponsabili da parte di membri del Governo e della maggioranza.
Le misure finora adottate in materia di lavoro e pensioni hanno aumentato il costo dei contratti, hanno reso meno fluido il mercato del lavoro, mandato in pensione persone che non vengono sostituite e hanno sprecato miliardi di euro in un finto reddito di cittadinanza che non aiuta i veri poveri. Intanto, tra mega-concorsi per i navigator e problemi costituzionali con le regioni, viene rimandata a data da destinarsi una riforma concreta e profonda dei centri per l'impiego. A queste condizioni non sarà certo il “decreto crescita” a convincere un investitore nazionale o internazionale a scommettere sull'Italia. Se un imprenditore mette sul piatto della bilancia tutte le misure di questo “decreto crescita” e sull'altro piatto la possibilità che l'economia italiana sia invasa e intossicata da miliardi di patacche di Stato chiamate mini BOT, la sua decisione è purtroppo inesorabile: oggi non sceglie l'Italia.
Entro nel merito del provvedimento. Registriamo con soddisfazione che con questo decreto accettate e riproponete molte delle misure che, negli anni, i nostri Governi avevano messo in campo. Con la legge di bilancio 2019 avevate cancellato il super ammortamento: vi avevamo avvertiti che sarebbe stato un errore, così come gli imprenditori vi avevano avvertiti. Il piano “Industria 4.0” redatto dall'ex Ministro Calenda è e resta la base per un rilancio dell'innovazione tecnologica e della produttività delle nostre imprese: pensare di farne a meno è scellerato. Ora vi siete accorti del pasticcio e siete tornati indietro, ma la vostra incoerenza è sempre più palese.
Così come è palese la vostra ipocrisia in materia bancaria. Avete trascorso anni, occupando TV, web e giornali, a gridare allo scandalo dei soldi alle banche, a spargere sospetti contro il sistema bancario italiano e contro i Governi che, responsabilmente, hanno lavorato per il risanamento degli istituti di credito italiani più colpiti dalla lunga crisi. Lo abbiamo fatto per i cittadini italiani, lavoratori, risparmiatori e piccoli imprenditori: avete costruito un enorme castello di demagogia, che ora è crollato di fronte alla realtà. Con questo decreto voi state finanziando le banche del Mezzogiorno con miliardi di euro dei cittadini italiani. Noi non siamo contrari agli incentivi fiscali alle aggregazioni degli istituti finanziari più deboli né alla trasformazione delle banche popolari in società per azioni, contestiamo però che abbiate pensato di approvare una misura del genere alla chetichella e in modo parziale solo per il Sud e non per l'intero Paese. Dovevate essere trasparenti e avreste trovato da parte nostra collaborazione e disponibilità al dialogo per una misura sistemica e organica e, invece, avete fatto una misura parziale che rischia di creare squilibri tra banche e banche.
Questo “salva banche” si accompagna al “salva Roma”, al “salva comuni”, alle altre sanatorie che avete inserito in extremis nel provvedimento, allo scivolo pensionistico limitato solo ai dipendenti delle grandi imprese e non a quelle delle PMI. Siete stati il Governo del condono di Ischia, ora diventate il Governo del “salva banche” e del “salva Roma”. Dite di voler attrarre e far tornare i cervelli: l'unico incentivo reale sarà quello di qualche club di serie A, che porterà in Italia qualche calciatore straniero pagando meno tasse, peraltro rendendo più conveniente comprare calciatori dall'estero che i giovani campioni italiani, in barba al vostro motto “prima gli italiani”.
La vostra incoerenza vi porta a realizzare misure che, dietro le buone intenzioni, nascondono storture pericolose. Una misura che desta preoccupazione - lo dico anche da imprenditore - è come avete costruito il taglio dei premi INAIL: non c'è chiarezza sulle coperture e, dunque, non c'è sufficiente chiarezza sugli effetti di questa misura, sulle risorse a disposizione della sicurezza dei lavoratori. Ridurre il cuneo fiscale è fondamentale, ma non può essere fatto a scapito della sicurezza dei lavoratori: su questo terremo alta l'attenzione come non mai.
Concludo con una riflessione generale: finché noi non restituiremo dosi massicce di fiducia nel Paese non ci sarà, purtroppo, crescita stabile. Il vero “decreto crescita” di cui abbiamo bisogno è la fine dell'ambiguità rispetto alla nostra partecipazione all'euro ed è la fine di ogni tentativo di smantellare le riforme economiche e sociali che, con tanti sacrifici dei cittadini, l'Italia ha realizzato negli anni passati. Forse, il vero “decreto crescita” di cui abbiamo bisogno è la fine di un Governo incompetente, incoerente e miope: prima succede e prima l'economia italiana ripartirà.