Data: 
Venerdì, 4 Luglio, 2014
Nome: 
Gianna Malisani

A.C. 2426-A

 Signor Presidente, signora sottosegretario, mi soffermerò solamente su alcuni punti del decreto e anch'io partirò dal Rapporto 2014 di Unioncamere e della fondazione «Symbola», che offre alcuni dati particolarmente significativi per la valorizzazione del patrimonio storico culturale. Risulta – come è stato già anche accennato – che il sistema produttivo culturale restituisce un valore aggiunto di 80 miliardi di euro all'anno, pari al 5,7 per cento dell'economia nazionale, con quasi un milione e mezzo di occupati. 
  Ma il dato ancora più importante è che questo sistema vanta un moltiplicatore pari a 1,67: cioè, ogni euro di valore aggiunto prodotto da una di queste attività, mediamente, produce un euro e 67 centesimi sul resto dell'economia. In termini monetari, equivale a dire che gli 80 miliardi prodotti nel 2013 dal sistema culturale riescono ad attivarne complessivamente 134, che arrivano a 214 miliardi nell'intera filiera. 
  Inoltre, voglio sottolineare che la manifattura di qualità, il design, l'architettura, l'artigianato creativo, la comunicazione sono parte del nostro patrimonio culturale ed è la stessa Costituzione a dirlo, all'articolo 9, in cui il paesaggio e il patrimonio culturale vengono sposati alla ricerca scientifica e tecnica. È un legame immateriale, tuttavia dobbiamo essere consapevoli che la cultura italiana è al cuore delle produzioni manifatturiere, delle tradizioni agroalimentari, così come è cultura ciò che innerva le filiere della moda, dell'arredamento, del design
  Inoltre, voglio sottolineare, nonostante il clima recessivo, che l’export legato alla cultura continua ad andare molto forte: durante la crisi è cresciuto dal 35 per cento. Noi non possiamo competere economicamente sulla quantità, sul taglio dei diritti, dei salari: noi possiamo competere sulla qualità dei prodotti generati dalla cultura e dalla bellezza italiana. Quindi, cultura come volano per alimentare una filiera produttiva e contribuire a promuovere la ripresa nazionale. 
  Non a caso, come è stato già ricordato più volte in quest'Aula, il Ministro Franceschini ha esordito rivendicando che il Mibact è il ministero economico più importante del Paese, ma, forse, non si è ancora compreso a fondo il rapporto tra rilancio dell'economia e valorizzazione del patrimonio culturale. 

Questo decreto-legge può essere senz'altro inteso come un passo importante in questa direzione che segue anche il «decreto Bray». Va in questa direzione l'articolo 1, l’art-bonus, credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura che introduce meccanismi più semplici ed efficaci di agevolazione fiscale per le erogazioni liberali di natura temporanea per il triennio 2014, 2015 e 2016, sotto forma di credito di imposta nella misura del 65 per cento per il 2014 e del 50 per cento per il 2015 e il 2016. 
  L'articolo 6 prevede misure urgenti per attrarre investimenti esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica, incrementando in particolare da 5 a 10 milioni di euro il limite massimo del credito di imposta a favore delle imprese che girino film sul territorio nazionale utilizzando manodopera italiana e, come al comma 2-bis, il credito di imposta per il restauro delle sale cinematografiche storiche ante 1980. 
  L'articolo 7 prevede lo stanziamento di 3 milioni di euro annui per il triennio 2014-2016 a favore di progetti di attività culturali nelle periferie urbane elaborati da enti locali nell'ambito di un disegno di riqualificazione delle stesse. Qui va sottolineata l'autentica novità per il Mibact tesa a sanare profonde ferite territoriali, anche con interventi minimali, ma importantissimi. Cito soltanto lo stesso articolo 7 per il rifinanziamento del Fondo Mille giovani per la cultura e il Progetto Programma Italia 2019 di cui si è già parlato sulla Capitale europea della cultura 2019. 
   L'articolo 8 è volto a favorire l'occupazione presso istituti e luoghi della cultura. Nell'articolo 11 va citata la possibilità di concessione in uso gratuito per nove anni, rinnovabili per altri nove, a imprese, cooperative e associazioni, costituite anche qui da giovani fino a 35 anni, di immobili pubblici non utilizzati, quali case cantoniere, caselli, stazioni ferroviarie, fortificazioni e fari per favorire percorsi pedonali, ciclabili e moto turistici. 
  Fin qui ho evidenziato i punti del decreto-legge che più si attengono al significato più pragmatico ed economicistico, se vogliamo, del senso della valorizzazione del nostro patrimonio storico, artistico e culturale, atto al rilancio del turismo culturale, ma resto convinta che un'azione valorizzatrice non possa prescindere da un intervento rigoroso di tutela. Tutela nel senso del riconoscimento del valore in sé, valorizzazione in sé del patrimonio culturale, tutela intesa come riconoscimento della protezione di un bene comune, di un bene insostituibile, di insostituibile valore, che crea il senso di appartenenza ad un luogo e sviluppa la coscienza identitaria dei cittadini. 
  Per far sì che la tutela dei beni storici e paesaggistici non venga assunta come un esercizio accademico calato dall'alto si devono divulgare strumenti culturali atti alla comprensione del loro valore, in primo luogo attraverso un forte impegno nell'insegnamento scolastico. Ricordo, tra l'altro, appunto, che siamo quasi al penultimo posto in Europa nell'investimento nell'istruzione e, quindi, bisogna invertire questa rotta e insistere di più su materie legate come storia dell'arte, dell'estetica, della musica. Quindi, non è antitetico, ma anzi dobbiamo sforzarci per coniugare l'idea della necessità di valorizzare questo nostro immenso giacimento e contrastare la deriva culturale in atto che alcuni denunciano come mutazione antropologica. Anche, forse, attraverso la creazione di un costante contatto e dialogo tra gli enti locali e le strutture territoriali del Mibact. 
  Sulla tutela il decreto-legge individua con efficacia delle emergenze su cui agire immediatamente. 
  Forse posso fare un appunto in controtendenza, anche riferito all'articolo 12. Infatti, mi piace sottolineare, sottosegretario, come forse l'effetto emendativo abbia cambiato profondamente il testo iniziale, volto alla semplificazione, introducendo l'istituzione di nuovi organismi, che forse potranno creare un appesantimento burocratico nelle autorizzazioni paesaggistiche invece che una semplificazione. 
  Oltre all'articolo 2, riferito a Pompei, per la necessità di accelerare i progetti di recupero del grande centro archeologico, e all'articolo 3, riferito al progetto per la Reggia di Caserta e teso alla restituzione del complesso monumentale alla sua destinazione culturale-museale, sottolineo l'articolo 4, che forse nella sua originaria stesura – per me era molto importante e sulla quale chiedo anche una riflessione del Governo – vantava un intervento più ampio sulla tutela dei complessi monumentali ed altri immobili del demanio culturale interessato da flussi turistici particolarmente rilevanti.

Diciamo che la formula emendativa ha ristretto la possibilità di azione, soprattutto sui centri storici minori, importantissimi per il nostro Paese. 
  Ricordo solo infine, come è già stato ricordato dalla mia collega Manzi, l'importanza del Piano strategico grandi progetti beni culturali (l'articolo 7), che viene adottato ogni anno per la pianificazione degli interventi di restauro, qualificazione e promozione di beni e siti di eccezionale importanza nazionale. 
  Chiudo, signora sottosegretario, evidenziando la validità di questo decreto, come punto di partenza di questo Governo, al quale chiedo una sempre maggiore attenzione e sensibilità rispetto alla salvaguardia e la valorizzazione del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico, come base – sì, anche come base – per un nuovo e futuro rilancio economico di questo Paese, ma sopratutto per un'azione culturale diffusa, atta a creare una forte consapevolezza e coscienza dell'unicità del nostro patrimonio artistico.