A.C. 1201-A e Doc. LXXXVII, n. 1
Grazie Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento è chiamato ogni anno a uniformare il proprio assetto normativo in relazione alle attività dell'Unione europea. Tale azione si sviluppa sotto tre profili: la partecipazione e la formazione delle politiche europee; l'attuazione della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento interno e la cooperazione interparlamentare.
Il presente disegno di legge conferisce la delega al Governo per l'attuazione di 22 direttive, l'adeguamento dell'ordine interno di una decisione e l'adeguamento della normativa nazionale per nove regolamenti. In particolare, le 22 direttive riguardano delle norme per prevenire i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, l'attuazione dell'accordo relativo alla Convenzione sul lavoro nel settore della pesca del 2007 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti, la lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, i meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale dell'Unione europea, disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri, la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni, l'attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti, la riduzione delle emissioni di carbonio, la qualificazione e la formazione periodica dei conducenti di veicoli stradali adibiti al trasporto di merci e passeggeri, lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all'obbligo di notifica, la prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, la prestazione energetica nell'edilizia e l'efficienza energetica, e altre disposizioni per le discariche di rifiuti, la gestione dei rifiuti, gli imballaggi, i rifiuti di imballaggio e i veicoli fuori uso.
Sono tutti temi di importanza molto elevata, sia in termini economici, industriali e sociali, che dimostrano, tra le differenti materie proposte, quanto sia necessario e vitale, per la nostra economia, intervenire su filiere produttive che guardano alla mobilità sostenibile, all'economia circolare, all'efficienza energetica.
Un quarto del totale delle aziende italiane, secondo Unioncamere, negli ultimi cinque anni, ha fatto investimenti verdi; alla nostra economia verde si devono quasi 3 milioni di lavori verdi, la cosiddetta green economy, il 13 per cento del totale; un valore destinato a salire ancora entro l'anno e si prevede una domanda per lavori verdi di quasi 500.000 contratti attivati, che si tratti di ingegneri energetici, agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici o installatori di impianti termici a basso impatto, e nel manifatturiero si arriva al 15 per cento.
Focalizzando infine l'attenzione sui soli dipendenti e scendendo nel dettaglio delle aree aziendali, notiamo che, in quella della progettazione e della ricerca e sviluppo, il 63 per cento dei nuovi contratti previsti per il 2018 sono verdi, collegati alla green economy, a dimostrazione del legame sempre più stretto tra green economy e innovazione aziendale. Inoltre, vorrei dire che quanto fa progredire il nostro Paese e tutta l'Unione verso un'effettiva maggiore trasparenza finanziaria, penso ad esempio a quanto previsto per evitare forme di illusione offshore, tutto questo va promosso, anche a fronte di frequenti casi di sospetta evasione fiscale, in cui enormi profitti compaiono a bilancio in giurisdizione a fiscalità privilegiata.
L'illusione fiscale ha un costo che paghiamo tutti noi; secondo l'OCSE le erosioni delle basi imponibili e i trasferimenti degli utili di impresa costano ai Governi di tutto il mondo fino a 240 miliardi di dollari all'anno in termini di introiti mancati; sono risorse ovviamente che, se recuperate, potrebbero finanziare servizi pubblici, come istruzione e sanità, la creazione di nuovi posti di lavoro e misure solide di contrasto alla povertà, tanto in Italia quanto nei contesti più vulnerabili del pianeta; altro che condoni e flax tax.
Inoltre, di grande utilità, se bene applicati, possono essere tutti quegli strumenti volti a garantire l'effettiva risoluzione delle controversie relative all'interpretazione e all'applicazione delle convenzioni fiscali bilaterali e della Convenzione sull'arbitrato dell'Unione, con particolare riferimento alle doppie imposizioni; è un tema che tocca particolarmente una comunità a me vicina, quella degli italiani all'estero, che cresce ogni anno di più specialmente in Europa e che, spesso, incappa in controversie di natura fiscale, spesso incolpevolmente. E proprio sul tema dei diritti degli italiani all'estero, occorre soffermarsi sul tema Brexit: l'Italia, così recita la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2018 del Governo italiano, continuerà a lavorare d'intesa con gli Stati membri per trasformare la decisione britannica della Brexit al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi del recesso del Regno Unito dall'Unione europea su cittadini e imprese, italiane ed europee, ma, nel caso della Brexit Roma non può rimanere schiacciata solo sulla posizione intransigente largamente ispirata dalla Francia e fatta propria anche dalla Germania, un impegno iniziato già dai Governi Renzi e Gentiloni.
Sempre sul tema Brexit, al momento, nonostante la data del 29 marzo sia sempre più vicina, non si registrano risultati rilevanti e, tra i tanti temi emersi, quelli del confine con la vicina Irlanda non appare di facile soluzione. Secondo quanto poi si apprende dalle dichiarazioni del capo negoziatore europeo per la Brexit, Michel Barnier, così come dalle posizioni del Governo britannico caratterizzate, tra l'altro, da un acuirsi delle defezioni politiche interne, vi è il rischio concreto che i negoziati per l'uscita dal Regno Unito dall'Unione europea si concludano senza un preciso accordo tra le parti, il cosiddetto no deal, una Brexit senza accordo. Anche di recente, al Vertice informale di Salisburgo, il Consiglio europeo del 19 ottobre scorso non ha sbloccato le questioni alla base del rallentamento delle trattative, in particolare le problematiche inerenti appunto al confine irlandese. Questi contrasti all'interno del Partito Conservatore tra le posizioni più inclini alla cosiddetta softBrexit e la posizione più intransigente contribuiscono alla mancata soluzione, a pochi mesi dalla data limite del 29 marzo 2019. La comunità italiana nel Regno Unito conta oltre 700 mila cittadini italiani ed è plausibile ritenere che, in caso di mancato accordo, quanto sia attualmente accadendo ad alcuni cittadini delle ex colonie britanniche, il cosiddetto caso windrush, dove si sono visti appunto negare lavoro, cure mediche e altri servizi fondamentali, ebbene è non è impossibile che questo si può si possa verificare anche nei confronti dei nostri stessi cittadini, per i quali è perfino spesso difficile documentare gli anni di residenza in Gran Bretagna.
Presidente, la direzione chiara e semplice. È necessario puntare a far sì che il Regno Unito rimanga un partner importante per l'Unione europea e per l'Italia. Il mondo delle imprese e i nostri cittadini residenti in Italia e in Europa hanno bisogno di certezze giuridiche, economiche e politiche, sia in relazione all'accordo di uscita sia per quanto riguarda le future relazioni tra i nostri due grandi Paesi. Sul tavolo dei negoziatori ci sono e ci saranno temi complessi e politicamente sensibili, ed è opportuno garantire che, nel raggiungimento di un accordo, non vengano lesi i diritti fondamentali che sono alla base della costruzione europea e che sono condivisi da tutti e ventotto gli Stati membri. È dunque fondamentale che si lavori per raggiungere un accordo che vada nella giusta direzione e che sia finalizzato a rafforzare la competitività e la crescita di tutta l'Unione europea, e l'Italia non può permettersi di non essere tra i Paesi chiave per il rilancio del processo di riforma dell'Unione europea.
Per questo pensiamo a un nuovo modello di rapporto tra i membri dell'Unione europea e l'Italia deve essere protagonista dei negoziati con il Regno Unito, per conservare l'integrità del mercato unico in base alle quattro libertà. Mantenere le relazioni economiche più strette possibili tra l'Unione europea e il Regno Unito, organizzare un periodo di transizione graduale verso un futuro accordo commerciale, e consentire alle imprese di prepararsi e adattarsi al nuovo scenario. Tutto questo per mitigare, ovviamente, gli effetti negativi della Brexit alle imprese e cittadini.
Vi è la possibilità che i negoziati per l'uscita del Regno Unito dell'Unione europea si concludano senza un accordo, come dicevo poc'anzi. Tale evenienza è estremamente preoccupante. Con il no deal non vi sarebbero più differenze tra cittadini comunitari e cittadini extracomunitari agli occhi di autorità britanniche. Si tratta di uno scenario che prelude a probabili difficoltà per i cittadini italiani ed europei che non saranno in grado di ottenere il settledstatus, i connazionali che vivono nel Regno Unito da decenni che, però, non sono in posizione di poter documentare gli anni di presenza. I governi in carica in carica nella XVII legislatura hanno sempre dimostrato grande attenzione ai negoziati e ai rapporti diplomatici italo-britannici, a tutela della unità europea e dell'interesse nazionale dell'Italia.
Io mi chiedo, però, come farà il Governo Conte, sostenuto da forze politiche più riconducibili ai gruppi parlamentari più euroscettici nel pagamento europeo, tra l'altro uno dei quali presieduto dal principale promotore della Brexit, Nigel Farage, a cooperare fattivamente per perseguire questi obiettivi in Europa.
Detto questo, e concludo Presidente, dal mio ultimo appello su questo tema, in quest'Aula, il 18 ottobre scorso, sono felice di osservare che il Governo Conte ha finalmente nominato, solo qualche giorno fa, il responsabile di Palazzo Chigi per la Brexit, un posto vacante da giugno, ma rimane il bisogno urgente, urgentissimo di preparare un piano di emergenza nel caso di una Brexit senza accordo, come stanno facendo in questi giorni la Francia e la Germania, mentre il Governo italiano dorme.