Discussione generale
Data: 
Lunedì, 1 Agosto, 2022
Nome: 
Filippo Sensi

A.C. 3208-B

Sottosegretario Amendola, colleghe e colleghi, ci ritroviamo qui, come di consuetudine, per la legge di delegazione europea, che è uno dei piatti freddi della nostra Commissione affari europei, che è per ora sopravvissuta a qualche frettoloso intento di ridisegno di come funzionerà il Parlamento nella prossima legislatura, a fronte della - Dio mi maledica per averla votata - riduzione del numero di deputati e senatori.

Mi auguro che la Commissione resti salda sotto i colpi di riduzioni e accorpamenti che dovranno inevitabilmente sempre tenere conto della specificità del nostro lavoro e della irriducibile centralità del tema europeo all'interno delle istituzioni. Centralità che non può essere smembrata, come fosse una vaga aria di famiglia da distribuire nelle Commissioni, ma che richiede invece un'integrità, una compattezza, una solidità, una competenza precisa.

Dunque un mandato, che dovrà essere rafforzato nel prossimo Parlamento, per mettere la parola fine alla subalternità istituzionale alla quale siamo consegnati, quasi un ramo cadetto, a fronte dell'importanza vitale dei temi che trattiamo, dell'approccio che manteniamo e delle responsabilità che il Parlamento ci affida. Bisogna lottare, dunque, al contrario, per fare della Commissione affari europei una Commissione pienamente referente, con propri poteri e priorità, in forza della richiamata centralità dell'urgenza europea sulla politica italiana in Parlamento e nella vita delle persone.

Oggi, Presidente, discutiamo, dicevamo, della legge di delegazione europea, questo club sandwich con dentro direttive, regolamenti e raccomandazioni, che la collega Galizia e i colleghi dopo di lei hanno illustrato con ricchezza di dettaglio che non saprei migliorare. Si tratta di questioni rilevanti per l'esistenza di ognuno di noi riunite in un omnibus, provvedimenti che ho imparato ad amare in questa legislatura, perché somigliano, più di quelle belle riforme strutturali, a com'è la vita: incasinata, confusa, a volte contraddittoria. Ho imparato ad amare gli omnibus così caotici, polverosi, sbilenchi, “leggi mancia”, che non meritano padri o madri, che sognano, invece, sempre il nitore del disegno di legge, magari con il tuo bel cognome accanto, a imperituro ricordo. Qui dentro, però, come in certi negozietti polverosi, puoi trovare, serendipico, ciò che non cerchi. L'omnibus ti aspetta all'angolo come un predone, giri il vicolo e ti ritrovi a un tratto in un metaverso legislativo in cui tutto si tiene, al di fuori della razionalità ordinaria; motivo per il quale, Presidente, preferisco la paratassi e l'accumulo all'ordito e alla pulizia della forma; cambiare, insomma, senza la presunzione di gridarlo, senza l'arroganza della grande riforma tutta con le maiuscole.

Nei mirabili appunti che ho ricevuto dagli uffici, Presidente, ho trovato un giusto richiamo a rivedere in prospettiva un assetto normativo della legge n. 234 del 2012, che non sempre ha saputo garantire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario. Ripristinare, magari, la cara vecchia legge comunitaria, da inserire, chissà, in un'apposita sessione parlamentare europea, per evitare duplicazioni e dispersioni. Tuttavia, rappresento questa esigenza, ma certo un po' la disdico con quello che le ho confessato, in camera caritatis, sulla mia passione per l'indefinito, non me ne vorranno gli uffici, e concludo, che sono stati pazienti e preziosi in questi 5 anni, ai quali rivolgo il mio ringraziamento più selvaggio e autentico, e quello, sono sicuro, di tutti i colleghi.

Presidente, in fondo, l'Europa che amiamo di più la riconosciamo meglio in provvedimenti come questo, lo dico alla presenza del sottosegretario Amendola, che ci ha aiutato, in questi anni, a cercare sempre il compromesso possibile, la soluzione efficace, mai urlata, l'accordo utile a tutti, con buon senso, pacatezza e determinazione. L'Europa che amiamo di più sarà forse un'Europa meno ordinata e lontana, meno algida e quadrata, meno remota con quegli acronimi respingenti, ma, invece, caotica e vitale, come capita nelle famiglie, che a volte detestiamo, ma che, nel momento del bisogno, sanno unirsi, parlarsi e aiutarsi, a dispetto di odi atavici e stereotipici dispetti. E che questo sia un momento di bisogno non ci piove su, Presidente, che i confini di questo nostro continente oggi premano a Kherson e gioiscano perfino per le “Leonesse di Wembley”, diffidino di Mosca, del suo terrore, sentano di nuovo aguzzo il dolore dei Balcani, dopo averli traditi, o insistano dove si difende la libertà di stampa.

E mi permetta, Presidente, di portare la solidarietà del Partito Democratico e di tutta l'Aula alla redazione de La Stampa, che oggi si è svegliata con la sede imbrattata dai soliti fascisti illiberali. Questa Europa, negletta da sovranismi, nazionalismi e populismi, con buona pace della collega Mantovani, che mi ha preceduto, eppure capace di contenerli e talvolta, come è già successo in Italia e dovrà succedere ancora a settembre, di scaricarli a terra, come un parafulmine quando fa tempesta, quest'Europa, dicevo, complessa, ostica, articolata e troppo spesso oscura, resta la nostra unica dimensione possibile, un fondaco disordinato, presso il quale però rinvenire, con un po' di lume e buonsenso, ciò che ci è utile per resistere, per esistere dignitosamente, per accogliere, per vivere e prosperare, fasciame per imbarcazioni che tengano l'acqua, pietre di scarto e testate d'angolo, proprio come chiediamo e troviamo in questo brogliaccio di norme e direttive, regolamenti e raccomandazioni, chiamati oggi qui a discutere.