Discussione generale
Data: 
Martedì, 4 Marzo, 2025
Nome: 
Mauro Berruto

A.C. 2149

 

Grazie, Presidente. Arriva in quest'Aula, in discussione, un provvedimento intorno al quale si è fatta moltissima propaganda e rispetto al quale, invece, per correttezza verso i tanti studenti e le tante studentesse che ci stanno guardando e per serietà verso gli atenei che ne saranno investiti e coinvolti, sarebbe necessario, ripeto, nei loro confronti uno scatto di serietà e un'operazione di verità anche nella polemica tra di noi. Contrariamente agli slogan della maggioranza, oggi non facciamo un solo passo in avanti per migliorare la qualità dell'accesso ai corsi di medicina e chirurgia nel nostro Paese.

Molti di voi - lo abbiamo visto su tutti i giornali - si sono riempiti la bocca per annunciare soluzioni vicine agli studenti, che però, in questo disegno di legge che arriva oggi nella nostra Aula, non sono presenti. Intendiamoci, l'attuale sistema di accesso ai corsi di medicina e chirurgia richiedeva una revisione profonda, e anche noi ne siamo convinti, tanto che abbiamo presentato un nostro disegno di legge. Questa revisione doveva, però, garantire la qualità dell'offerta formativa, ciò che chiedono gli studenti, e una selezione capace davvero di premiare le conoscenze e le competenze.

Questo il Ministro, per la verità, lo ha sempre sostenuto, però questo disegno di legge che oggi arriva in Aula non contiene questi elementi. Stiamo discutendo di un tema complesso, perché tocca un nodo strategico del Paese: è il nesso tra la qualità della formazione e la qualità del diritto alla salute delle persone, che è molto rilevante. I colleghi al Senato, a cui il provvedimento è stato assegnato in prima lettura, hanno condotto una discussione che ha coinvolto trasversalmente tutti i gruppi parlamentari, con l'intento di superare l'accesso a medicina così come è oggi, e con l'idea di dare ai giovani, alle ragazze e ai ragazzi che vogliono intraprendere questo percorso la possibilità di verificare la propria attitudine. Per quei ragazzi che sognano di diventare medici il semestre che qui stiamo disegnando è solo la prima prova di un percorso lungo, perché non si è medici senza specializzazione.

Si ha la sensazione, invece, che qui abbiamo soltanto rimandato la soglia, senza aggredire davvero l'iniquità e senza neanche affrontare i temi reali della difficoltà. Il nuovo sistema che viene presentato rischia, infatti, di costruire un percorso per l'accesso ai corsi universitari addirittura peggiorativo. State raccontando che grazie a voi si supera il numero chiuso, ma non è vero. Con questo disegno di legge, così come pensato, non si supera il numero chiuso e neanche il quiz.

Entriamo allora nel merito della proposta per spiegarlo. La vostra proposta poggia sulla previsione di un semestre comune accessibile a tutti, e questo vi fa dire che il numero chiuso è abolito, ma poi rinvia a una delega in bianco al Governo sulle modalità di selezione degli studenti che potranno effettivamente iscriversi ai corsi di medicina. È un vero bluff, non ci sono altre parole per definirlo, è un bluff che non risolve il problema, ma lo peggiora.

Pur non sapendo come sarà attuata la delega, è del tutto evidente la necessità fin d'ora di chiarire che l'iscrizione deve tenere conto delle disponibilità dei posti nelle università. Quindi l'iscrizione non è libera e non avete abolito il numero chiuso. Voglio citare Alessia Conti, audita in Senato in qualità di presidente del Consiglio nazionale degli studenti universitari, un organismo che, purtroppo, voi non volete tra gli enti che devono esprimere un parere su come si va a ridefinire il provvedimento, visto che avete bocciato il nostro emendamento. Ebbene, Alessia Conti ci ha fornito i dati su chi riesce ad accedere a medicina, e poi ci ha anche voluto mandare tutto il rapporto Istat, a dimostrare che al corso di medicina e chirurgia, in questo Paese, ancora oggi accedono studentesse e studenti con i redditi più elevati rispetto agli altri corsi.

C'è una selezione che è fortemente ancora di classe. Quindi ci sono due questioni: un'iniquità che nasce da una barriera in sé del sistema universitario, che, per essere aperto a tutti, dovrebbe garantire una didattica di qualità per quelli che vorrebbero fare questo percorso costoso e raggiungere un obiettivo enorme; vi è poi una seconda iniquità, che nasce dalla modalità con cui selezioniamo per ottenere un numero programmato che ci consenta di garantire quelle due qualità di cui parlavo. Ed è su questo che sono arrivati i rilievi critici; due piani, però, che in questa discussione si sono confusi più volte.

Alcuni applaudono alla fine del numero chiuso, che non c'è; illudono famiglie, ragazze e ragazzi, con quella libertà di accesso che riguarda il semestre libero. Vorremmo evitare che sia una semplice dilazione, una bandierina da sventolare. Non si può cambiare accesso senza un percorso di adeguamento delle strutture di assunzione del personale, di potenziamento dell'orientamento in uscita dalle scuole. L'orientamento, non un anticipo di formazione universitaria, come in questo testo si dice. Un orientamento vero ed efficace, con i mezzi e gli strumenti adeguati, e non con l'invarianza finanziaria, che domina anche questo testo.

E allora dobbiamo proprio fare un'operazione verità rispetto a quanti di voi sostengono che questo testo porterà a un'implementazione del numero dei medici, perché quello che sostenete è che in Italia ci siano pochi medici. Vediamo un attimo quanti medici, allora, ci sono in Italia. In Italia ci sono 100.000 medici impiegati nel servizio pubblico e 140.000 medici impiegati nel privato, totale 240.000: 4,1 medici per 1.000 abitanti. Dai dati forniti dalla Fondazione Gimbe, il nostro Paese ha un numero di medici superiore alla media OCSE, che si ferma a 3,7 ogni 1.000 abitanti.

Gli stessi laureati in medicina sono superiori alla media OCSE. Non è che noi abbiamo pochi medici, noi non abbiamo radiologi, non abbiamo anestesisti, non abbiamo medici di medicina d'urgenza, non abbiamo patologi. Però sapete perché? Perché non li paghiamo. È da 20 anni che gli stipendi dei medici sono fermi. È chiaro che i nostri studenti preferiscono professioni che danno accesso alla professione privata, e non possiamo biasimarli. E bene hanno fatto i nostri medici a scioperare per evidenziare la situazione drammatica del loro trattamento economico.

Le finalità dell'ampliamento e del potenziamento del Servizio sanitario nazionale, in termini di numero di medici chirurghi, odontoiatri, veterinari, non sono in questo testo. Qui c'è una delega per una revisione delle modalità di accesso. E quali sono i problemi da affrontare per allargare e potenziare davvero? Li possiamo prendere da due versanti, quello del sistema sanitario nazionale, e parliamo dei problemi storici, della carenza di borse e di specialità rispetto al numero di laureati, un imbuto che in questi anni abbiamo affrontato. La tendenza è stata invertita, ma mancano comunque medici di medicina generale e di medicina d'urgenza.

E poi c'è la questione dell'attrattività del Servizio sanitario nazionale: negli ultimi 10 anni, 10.000 medici e 8.000 infermieri hanno lasciato il nostro Paese per andare all'estero, dove sono pagati meglio perché sono riconosciuti, e il motivo è principalmente economico. La media di stipendio di un medico specialista in Italia è di 105.000 euro, mentre per i tedeschi e gli olandesi, per esempio, è di 190.000. Quindi dove dobbiamo andare a guardare per capire se veramente finanziamo? Negli investimenti in università e ricerca e in quelli sul Servizio sanitario nazionale, ma gli investimenti non ci sono.

Nell'ultima legge di bilancio non ci sono. Troviamo tagli nella dotazione del Fondo nazionale in rapporto al PIL, che sarà al livello più basso. L'aumento di 1,3 miliardi è inadeguato a pareggiare l'inflazione e non c'è nulla per l'assunzione di medici e infermieri. Non si vede prospettiva da questo punto di vista, anche se è evidente che noi oggi ragioniamo di quello che sarà tra 10 anni. E non si vede prospettiva nemmeno dal lato degli investimenti nella ricerca e nell'università. Basta guardare al taglio - chiamiamo le cose con il loro nome - del Fondo di finanziamento ordinario delle università: 800 milioni di euro complessivi, derivanti da una pluralità di voci, dovuti ai tagli contabili e alle mancate coperture dei maggiori oneri derivanti dall'adeguamento degli stipendi del personale, obbligo che è a carico degli atenei, come stabilito dal MEF.

Oltre 230 milioni di euro di tagli per l'adeguamento degli stipendi, a cui va aggiunto il blocco del turnover al 75 per cento rispetto alle cessazioni di ruolo. E quel 25 per cento di risparmio non andrà agli atenei e agli enti di ricerca, ma dovrà essere restituito al MEF, come stabilito dalla legge di bilancio. Dati che si aggiungono ai tagli sulle tabelle: alla ricerca, meno 366 milioni; alle università, meno 284 milioni; alle AFAM, meno 50,4 milioni. C'è un tema serio di sostenibilità della ricerca e del futuro del sistema universitario, perché i piccoli atenei rischiano di fallire. E non possiamo discutere di questo, se non parliamo anche del contesto in cui noi mettiamo quella iscrizione libera al primo semestre.

Ora, forse, si potrà continuare a raccontare che avete abolito il numero chiuso e i test di ammissione, ma fra sei mesi tutti si accorgeranno che è un bluff, che non è così. Ci sono altri aspetti di questa proposta che non possono essere sottovalutati. Con un solo semestre si ritiene che si possa dare un giudizio esaustivo rispetto alla complessità di un corso universitario come medicina. Noi pensiamo che un semestre sia completamente inadeguato. Avevamo proposto che fosse un intero anno accademico a fare da tappa di ingresso al corso universitario, così da avere un iter degli studi più approfondito su cui far poggiare una valutazione più strutturata. Inoltre, ogni anno migliaia di studenti, che già frequentano un corso in ambito biomedico, tentano l'accesso a medicina. Questi studenti hanno spesso già passato alcuni esami del primo anno, che coincidono con quelli del semestre filtro proposto da questa riforma.

Col meccanismo attuale questi studenti semplicemente provano il test: se lo falliscono proseguono con il loro corso di studi in ambito biomedico; se invece lo superano passano a medicina e ottengono il riconoscimento degli esami già svolti. Ma cosa accadrebbe ora con questa riforma? Il destino di questi studenti è un punto che non è mai stato dibattuto. Chiaramente, sarebbe un enorme spreco di risorse, di spazi e di tempo se questi studenti fossero obbligati a frequentare, in un semestre filtro, materie che hanno già frequentato e di cui magari hanno già superato gli esami nel loro corso biomedico. Uno spreco di risorse, tempo e spazi che né gli studenti medesimi né gli atenei del nostro Paese possono permettersi. E ancora, come viene formata questa graduatoria di merito nazionale al termine del primo semestre? Quali sono i criteri e il sistema di selezione? In assenza di qualsiasi parametro, potrebbe essere anche peggiore di quello attuale e produrre ulteriori differenze e sperequazioni. Questo è il cuore di questa legge-delega confusa e pasticciata che rischia di rivelarsi un enorme bluff.

Questo semestre libero, infatti, come sarà organizzato? Perché la delega consente il semestre libero ma offre alle università la possibilità di fissare un tetto massimo di studenti. Siamo sicuri che questo non porterà gli atenei statali a optare per un primo semestre interamente online, lasciando aperta la possibilità di accogliere un numero molto ampio di studenti? Questo testo, allora, come risponde alla necessità di verificare la vocazione di queste ragazze e di questi ragazzi? Come volete costruire questa graduatoria nazionale che consentirà la prosecuzione del corso al termine del semestre? Perché in questo testo proprio non c'è nulla di chiaro. Come saranno svolte le lezioni di questo primo semestre libero? In presenza? In modalità telematica? Perché come potranno far fronte le università ad un semestre libero in assenza di risorse, di un quadro chiaro e di un numero adeguato di docenti?

Avete bocciato ogni nostro emendamento che escludesse le modalità a distanza, il che ci fa sospettare che invece sarà proprio questo il modo in cui verranno somministrate le lezioni, in modo tale da perpetuare le diseguaglianze invece che risolverle. Perché questo creerà una sproporzione drammatica tra la richiesta di formazione e l'offerta formativa, perché i nostri laboratori, le nostre aule e i letti a disposizione sono diminuiti in questi anni ed ugualmente è diminuito il personale docente. Quindi, è chiaro che verrà sicuramente a soffrirne la qualità dell'insegnamento.

Allora, c'è un elemento in più da considerare. Il provvedimento in esame non tocca le modalità di accesso alle università private. Queste continueranno a utilizzare test d'ingresso e selezioni anticipate, consentendo ai vincitori di iniziare le lezioni già a settembre? Al contrario, nelle università pubbliche, gli studenti sapranno con certezza se potranno proseguire gli studi solo dopo il primo semestre, a seguito della pubblicazione della famosa graduatoria unica nazionale. Di fatto, si aprirebbero due canali: da una parte, ci saranno gli studenti delle università statali, che avranno un'offerta formativa non come quella attuale, con aule sovraffollate, senza laboratori e con pochi docenti; dall'altra parte, ci saranno coloro che potranno permettersi l'accesso alle scuole mediche private, in cui invece ci sarà un rapporto virtuoso tra frequentanti e offerta didattica, e che potranno beneficiare di un percorso molto più certo e strutturato sin dall'inizio. Su questo punto, infatti, non ci avete dato risposte ed è troppo facile scaricare sulle università telematiche e sull'insegnamento da remoto l'assenza di welfare e l'assenza di condizioni di qualità per gli studenti e per le studentesse che intendono studiare nelle università.

E allora, colleghi, Ministro, è questo che vogliamo? Creare una ulteriore differenza? È questo che noi proponiamo ai nostri ragazzi? Qui, purtroppo, la prima vittima è proprio l'offerta formativa.

E non ve lo chiedono gli studenti, che nelle audizioni hanno detto chiaro e tondo che sono favorevoli al numero chiuso, e non ve l'hanno chiesto nemmeno i docenti dell'Università, la CRUI, i rettori. Ed è giusto che in quest'Aula, almeno, si realizzi un'operazione di verità, anche per le famiglie, che investiranno speranze e risorse per la formazione dei ragazzi, che il medico, purtroppo, nella maggior parte dei casi non lo faranno mai.

Questo provvedimento, così come è concepito, sfascia le facoltà di medicina, di veterinaria e le altre facoltà di carattere biomedico. E vengo all'ultima osservazione su questo disegno di legge, abbiamo chiesto un coordinamento diretto tra scuole superiori e università per gli studenti che volevano provare l'accesso ai corsi di medicina. È un punto che con il vostro testo diventa confuso e crea sperequazioni. È ingiustificato e sbagliato consentire di ottenere crediti universitari, in conseguenza della frequenza di percorsi di orientamento nella scuola secondaria di secondo grado. Per questo, noi esprimiamo serie perplessità su questa legge delega, sulla vastità della delega, sul modo in cui si pensa di fare la graduatoria e con cui si rischia di moltiplicare la competizione e lo stress in sei mesi, che non saranno sei vari mesi, di verifica per i ragazzi e per le ragazze. È questo che volevamo trovasse risposta negli emendamenti presentati in Commissione e che discuteremo, nuovamente, in Aula. Perché sia al Senato che qui alla Camera, abbiamo sempre cercato di lavorare in modo propositivo e costruttivo per rispetto verso tutti coloro che sono coinvolti da questo provvedimento. Ed è con grande amarezza che devo constatare come qui alla Camera il provvedimento sia stato esaminato nell'assoluta indisponibilità della maggioranza ad affrontare ogni possibile ipotesi di miglioramento, con una chiusura totale, pregiudiziale verso ogni emendamento delle opposizioni. È un grande rammarico, colleghi, che questo provvedimento venga liquidato nella fretta e nel silenzio della Commissione mentre là fuori - e, credetemi, lo testimoniano i messaggi che ognuno di noi ha ricevuto e riceve in queste settimane - ci guardano, attendono e aspettano risposte sul proprio futuro. Una fretta e un silenzio ancora più immotivati di fronte alla richiesta, praticamente, unanime, espressa da tutte le realtà associative, sindacali, istituzionali che sono state audite alla Camera e che hanno evidenziato i tanti vizi che affliggono il testo che arriva, oggi, in Aula e che, in questo momento, non toglie dall'incertezza i tanti studenti e le tante studentesse che non sanno ancora come si potrà accedere alla facoltà di medicina al prossimo anno. Perché, oggi, magari approverete una legge delega confusa e pasticciata, ma nulla si sa su quello che sarà il loro futuro. Lo abbiamo chiesto a gran voce alla Ministra Bernini, abbiamo presentato un'interrogazione, abbiamo chiesto che venisse in Commissione a darci notizie su questo e ne abbiamo ricavato, purtroppo, soltanto silenzio.

Concludo ribadendo che siamo davanti a un disegno di legge peggiorativo dell'esistente, non era facile farlo. I commenti critici di professori universitari, che - direte voi - sono normali, perché vogliono conservare, ma anche degli studenti di tutte le associazioni studentesche, che sono stati auditi durante la lunga fase in Commissione, dovevano spingere, colleghi della maggioranza, a un'analisi più attenta e rispettosa delle loro proposte e, invece, sono stati inascoltati. Avevamo davanti la sfida di migliorare l'accesso ai corsi di medicina e chirurgia, di assicurare un'offerta di qualità per gli studenti e preparare i migliori medici d'Europa: obiettivo fallito, con una legge che è solo una bolla di sapone, pronta a scoppiare nelle mani del Governo.