Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 22 Giugno, 2022
Nome: 
Gian Mario Fragomeli

A.C. 3343-A

Signora Presidente, rappresentanti del Governo, sottosegretaria Guerra, onorevoli colleghe e colleghi, dopo cinquant'anni arriva in Aula una riforma, che, diversamente da altri interventi correttivi, ha l'ambizione di essere una riforma di carattere sistemico. È una riforma di iniziativa parlamentare, con ben 61 audizioni, 18 mesi di lavoro, mai uno stop o un rinvio alla riforma da parte del Partito Democratico. Mai noi siamo stati i signori del “no”, perché la riforma fiscale è necessaria, attesa, richiesta dal Paese, dalle imprese, dalle famiglie, in buona parte colpite dall'incertezza e dalla contiguità di una crisi pandemica, di una crisi energetica e di una difficoltà di approvvigionamento. Una riforma che, per noi democratici, prima di qualsiasi forma di propaganda, deve essere smentita, prima di una qualsiasi mistificazione della ricerca del consenso, specie se spinta sull'acceleratore di aumenti di tassazione immaginaria. Il fisco è un patto sul quale si fonda la fiducia del cittadino con lo Stato e non può sfociare in tifoseria, che poi comunque si infrange contro l'oggettività della VAR, delle norme e dei numeri. Una riforma che si è principalmente posta, come abbiamo sentito da molti colleghi, l'obiettivo della crescita e della semplificazione e - noi aggiungiamo - dell'equità. Quest'ultima - l'ho ribadito ieri in Aula - non è una parolaccia; significa tener conto della progressività in verticale e della tassazione su diverse fonti di reddito, che converge in orizzontale verso un medesimo prelievo: siano essi i redditi derivanti da cedolari sugli immobili, sui rendimenti finanziari, oppure nell'attività di impresa e nel lavoro autonomo. Quest'ultimo obiettivo di riforma si è purtroppo infranto sulla giostra delle possibili variazioni in aumento o in diminuzione delle aliquote, che resteranno così esattamente come oggi, mentre avremmo sventato comunque eventuali aumenti fiscali, rimodulando le basi imponibili.

Sul catasto che dire? Ne abbiamo parlato molto ieri, per l'esattezza, sull'aggiornamento della mappatura degli immobili entro il 2026. Abbiamo rivisto la stessa sceneggiatura dell'imminente aumento della tassazione sulla casa, seppur fosse indicata chiaramente nel testo originario, all'articolo 6 della delega, l'impossibilità di utilizzare gli aggiornamenti per finalità fiscali.

Due mesi persi, con le diverse forze di centrodestra e di Governo ad annunciare l'abbandono del riferimento ai valori di mercato, per poi ritrovarli subito dopo pienamente operativi, all'articolo 5 del DPR n. 138 del 1998, ovvero la norma inserita e da utilizzare per la determinazione della nuova rendita attualizzata per ogni unità immobiliare. Le stesse forze politiche non hanno creduto alla mancanza di effetti fiscali espressa dal Premier Draghi in quest'Aula, dove ha chiesto la modernizzazione di un catasto definito su criteri del 1939: si parla ancora di vani e non di metri quadri! Prima che un problema fiscale - l'abbiamo detto anche ieri - è un problema di credibilità internazionale. Al tempo delle ortofoto, degli aerofotogrammetrici, dei clic su Google Earth, è incomprensibile non avere a disposizione una mappatura digitalizzata, che ci porti a richieste di informazioni non più in carta da bollo, non più nelle ricerche dei faldoni. Chiediamo di venire giustamente ad investire dall'estero, a credere nello sviluppo e nella crescita del sistema Italia, sperando che questi stessi investitori non si accorgano che i valori degli immobili si aggiornano con i vetusti moltiplicatori del secolo scorso e senza nessuna ancoraggio all'attualità. Dietro tutto questo cosa si scorgeva? Cosa è stato ribadito da molte forze politiche? Il PD, il partito delle tasse. È il più grande falso storico degli ultimi decenni e lo possiamo dire, oggi come ieri, sbugiardando questa affermazione. Anzi, con noi al Governo, una costante: non lasciare indietro nessuno e incrementare i soldi in busta paga. Mi permetto, colleghe e colleghi, di aiutarvi a ricordare. Nel 1998, per l'erogazione delle prestazioni ai soggetti più bisognosi, fu un Governo di centrosinistra a istituire l'ISEE, per individuare i soggetti in difficoltà, stesso ISEE rivisto nel 2015. Nel 2007 la prima vera riduzione del cuneo fiscale in questo Paese, per 5,5 miliardi, lato imprese e lato lavoratori, fu fatta da un Governo di centrosinistra. La misura dell'aumento in busta paga per 10 miliardi nel 2014, con il bonus 80 euro per 11 milioni di italiani, fu fatta da un Governo di centrosinistra. Altri 3 miliardi nel 2019 con il bonus 100 euro, per altri 4, 5 milioni di italiani. Diversamente ed onestamente faccio molta fatica ad individuare in Governi di centrodestra destinazioni di redditi ai redditi medio-bassi. E posso continuare con l'assegno unico universale, più 6,8 miliardi agli oltre 11 miliardi esistenti. Non ultima, la legge di bilancio 2022, i famosi 8 miliardi, la distribuzione di 7 miliardi in busta paga e 1 sull'Irap, un'altra grande battaglia portata avanti dal Partito Democratico, perché qualcun altro pensava che forse le pensioni non avessero bisogno di un aggiornamento. Abbiamo proseguito il nostro lavoro in Commissione con gli emendamenti approvati, mediante i quali abbiamo ottenuto, con nuovi tagli delle aliquote fiscali, che si indirizzino ai redditi medio-bassi. Se si rivedono detrazioni e deduzioni fiscali, anche qui, prima, a chi ha più bisogno e, poi, ai secondi percettori del reddito, che in Italia sono le donne. Questa è una grande problematica italiana, perché siamo tra gli ultimi Paesi in Europa rispetto all'occupazione femminile, un ritardo, quello italiano, sull'occupazione femminile che deve essere al più presto colmato, nel segno di un necessario raggiungimento di autonomia e indipendenza economica. Una riforma di sistema, come dicevamo, non può non voler superare le criticità legate all'evasione fiscale contributiva, lasciando tutto così com'è. È tempo di scegliere, colleghi, perché è finito il periodo della primazia dei furbi. Una pandemia e una guerra con l'aumento dei costi energetici hanno lasciato il segno. Alle famiglie ed imprese, che non riescono a pagare le bollette, non si possono più accostare soggetti che evadono per decine di miliardi al fisco e non incontrano una risposta forte dello Stato. Noi democratici non vogliamo nemmeno lontanamente essere complici verso qualsiasi forma di permissivismo sociale verso gli evasori, che, ahinoi, spesso si manifesta e si alimenta sul ricatto economico verso le persone meno abbienti, dietro la tante volte ascoltata richiesta, quel 150 euro con fattura o 100 euro senza fattura, la cui risposta spesso resta strozzata dal bisogno e dalla difficoltà. Per questo e tanto altro abbiamo chiesto di accelerare con le nuove tecnologie, l'interscambio delle banche dati, l'intelligenza artificiale, la fatturazione elettronica per tutti, la moneta elettronica, la tracciabilità dei pagamenti.

La tecnologia può annullare buona parte delle distanze tra chi ha meno disponibilità e chi ne ha di più, sia in termini fiscali redistributivi sia in termini di accesso ai servizi. Tecnologia, badate, e innovazione che non deve essere a senso unico, che deve significare anche tempi stretti e ridotti per i rimborsi fiscali ai contribuenti, adempimenti automatizzati, la fine della commistione tra chi evade e chi sbaglia. Questi ultimi oggi sono spesso perseguitati dal fisco alla stregua dei primi. Una riforma che si deve occupare delle partite IVA, in particolare in avvio attività. Abbiamo dato il nostro contributo anche sul sistema forfettario, che però, non essendo limitato nel tempo, deve essere opportunamente regolamentato, altrimenti rischia di essere un freno alla crescita o di distinguere nella tassazione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, pur avendo la stessa capacità fiscale. Abbiamo detto sì a sistemi opzionali di rateizzazione delle tasse in acconto e saldo, abbiamo chiesto il potenziamento delle semplificazioni fiscali. Più informazioni alle agenzie dovranno arricchire le tutele del contribuente onesto e il non essere perseguitato da avvisi e cartelle molto spesso incomprensibili.

Ci siamo occupati di federalismo fiscale quasi in solitaria e della necessità di accompagnare e garantire il pieno gettito agli enti territoriali con il passaggio dalle addizionali Irpef alle nuove sovraimposte. Ancor più in pandemia, come PD abbiamo detto no al fatto che milioni di italiani fuori dal regime Irpef non pagassero un euro della sanità pubblica, un euro per i servizi comunali. I nostri emendamenti hanno introdotto per quasi tutti gli italiani la compartecipazione al gettito degli enti territoriali. Abbiamo acceso un faro sulla spesso dimenticata maggioranza silenziosa, quella dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi in regime ordinario, dei pensionati. Circa 40 milioni di italiani sempre puntuali con il fisco, anzi, in anticipo con le ritenute, ma poco considerati inizialmente da questa riforma, chiarendo che non possono essere solo dipendenti e pensionati ad essere configurati come l'unico bancomat per il prelievo delle risorse necessarie a sostenere la spesa pubblica.

Abbiamo ottenuto che nella rivisitazione delle accise si tenga conto dell'impatto ambientale dei diversi prodotti per contribuire alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione delle fonti energetiche rinnovabili, in linea con gli indirizzi europei che noi sempre abbiamo condiviso. Presidente, noi democratici continueremo a dare il nostro massimo contributo per completare questa fondamentale riforma; diversamente, come gli italiani sanno, l'unica cosa che non ci può essere mai chiesta è quella di fare riforme che mettano a rischio i conti pubblici, la bancarotta o la sovranità economica del Paese. Con noi al Governo l'Italia non sarà mai destinataria di lettere di messa in mora sui conti pubblici, né da Francoforte né da Bruxelles. Ed è con questo impegno che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico .