Discussione sulle linee generali
Data: 
Giovedì, 9 Dicembre, 2021
Nome: 
Stefano Lepri

A.C. 3347-A​ e abbinate

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, vogliamo anzitutto esprimere l'apprezzamento per l'iniziativa assunta dal Governo e dal Ministro perché su questi temi occorre sicuramente razionalizzare, occorre sicuramente semplificare, occorre sicuramente rafforzare. Sono stati gli obiettivi anche di importanti riforme di questa legislatura che stanno vedendo alla luce, penso all'obiettivo dell'assegno unico per i figli; sono grandi riforme queste che riguardano milioni di persone. Le famiglie con disabilità oggi in Italia sono almeno 2,3 milioni e, quindi, si tratta di riforme davvero importanti che, se ben fatte, possono certamente razionalizzare, semplificare e rafforzare gli interventi a favore delle persone con disabilità.

C'era bisogno, c'è bisogno di uno sguardo più ampio che metta insieme e che faccia capire la visione d'insieme che finora è mancata, perché in effetti, un po' come in altri comparti complessi, siamo di fronte a una stratificazione legislativa che per tanti anni ha visto le Camere impegnate ad aggiungere fonti normative con risultati talvolta anche contraddittori che, quindi, giustamente hanno bisogno di una semplificazione. Voglio dire - ma l'ho già detto alla signora Ministra - che in realtà questa delega e i decreti legislativi che sarà chiamata ad emanare da soli evidentemente non bastano, che già oggi il Governo ha molte possibilità di operare, in altri termini voglio dire - ma sono sicuro che la Ministra condivide - la delega non sia un alibi, cioè non c'è bisogno di aspettare sempre la legge che non c'è per operare; il lavoro che è chiamata a svolgere - un lavoro interministeriale in particolare - e, quindi, la sua delega ha un senso se saprà coordinare i colleghi in un disegno organico comune, insomma il suo compito è quello - lo sa benissimo essendo un Ministro trasversale - di cucire le relazioni, gli impegni in una sorta di guida relazionale che le è stata assegnata. Affrontando i temi della delega, innanzitutto mi preme trattare la questione della definizione e dell'accertamento delle condizioni di disabilità e invalidità. È opportuno - e quindi bene - il superamento di questa dimensione solo tecnica medicale, che è prevalsa per tanto tempo nell'accertamento e nella definizione delle condizioni di invalidità e di disabilità, dove alla fine prevale la questione di quanta è la percentuale di invalidità e, quindi, è giusto ribaltare - non è di oggi evidentemente questo ribaltamento - ma è giusto affermarlo nelle fonti normative che occorre piuttosto lavorare per valutare e accertare la capacità residua in una logica di empowerment, di valorizzazione di ciò che la persona con disabilità è certamente ancora in grado di fare, spesso è moltissimo. È giusto, quindi, misurare, in sostanza, quanto la persona si discosta dalla piena condizione di salute, introducendo elementi di valutazione di componente sociale, ancora troppe volte non considerate nell'accertamento. In realtà, come ben sappiamo - ed è per questo che ci si propone di intervenire - le fasi di accertamento sono spesso una giungla, comprensibili solo ai tecnici e in parte è anche giustificato perché sono tante le condizioni da valutare, ma va detto, e queste Camere debbono affermarlo con evidenza, che, talvolta, queste procedure sembrano pensate più in chiave autoreferente per le professioni che esercitano questi ruoli. Penso solo, ad esempio, all'accanimento per le verifiche periodiche sulla condizione di disabilità irreversibile e che, quindi, certamente non necessiterebbe di una eccessiva convocazione per accertare una condizione irreversibile. Noi sappiamo che nel corso delle legislature è emersa una volontà di distinguere, almeno in parte, tra la condizione di invalidità e quella di disabilità al punto che oggi molti cittadini che beneficiano di assegni possono, in quanto soprattutto disabili sensoriali, anche beneficiare dell'assegno per la disabilità riconosciuta ai sensi della legge n. 104.

Ecco, io credo che questa differenza - non una lettura solo basata su criteri meri medico-legali - una lettura, invece, anche opportunamente che tiene conto della menomazione, ma anche del contesto sociale e dell'approccio della legge n. 104 possono essere fusi e questo lavoro è importante, così che i criteri medico-legali possano pienamente sposarsi con i criteri improntati all'inserimento e all'approccio psicosociale. Quindi, è giusto prefigurare come contenuto nella delega un'unica procedura per l'accertamento delle condizioni di invalidità e di disabilità per l'inserimento scolastico, per il lavoro, per le protesi, per le agevolazioni fiscali, per la mobilità, ovviamente distinto per macro-tipologie; è il solo lavoro importante e prezioso che il Governo è chiamato a fare. Questo non vuol dire, ovviamente, che la procedura va fatta una volta sola, ma che la presa in carico per l'accertamento e, poi, per la valutazione multidimensionale dovrà essere di tipo unitario e olistico. Quindi, basta la segmentazione delle procedure che finora abbiamo purtroppo registrato; quindi è giusto anche in particolare un unico soggetto pubblico per le competenze medico legali. È importante da questo punto di vista - ha fatto bene a sottolinearlo - il lavoro che le associazioni di categoria di rappresentanza delle diverse condizioni di invalidità hanno svolto finora, anche in fase di accertamento, ed è importante riaffermare il loro ruolo soprattutto in riferimento al ruolo delle rappresentanze nazionali che debbono continuare ad essere previste dentro le commissioni accertative.

Arrivando al progetto individuale, credo che sia importante l'approccio che è stato indicato, quindi un'unità di valutazione multidimensionale che lavori sul progetto di vita individuale. Da questo punto di vista io credo - ma non è probabilmente questo il luogo in cui potremmo decidere questa questione - resti una grande questione irrisolta che riguarda la diversa considerazione che oggi viene assicurata a seconda che le soluzioni siano di tipo domiciliare o di tipo residenziale; noi sappiamo che è diversa un soluzione residenziale di tipo comunitario o una soluzione residenziale di tipo istituzionalizzata ed è bene aver indicato il superamento delle condizioni di istituzionalizzazione, ma sappiamo anche che oggi è molto difficile per una persona con disabilità optare per quella che viene chiamata una vita indipendente con la possibilità di abitare autonomamente, o con uno poche persone, poiché i livelli essenziali di assistenza sanitari non riconoscono quote sanitarie nel caso di interventi domiciliari.

Da questo punto di vista, il nostro partito, attraverso la mia iniziativa, ha presentato una proposta di legge proprio per assicurare una più forte compartecipazione con quote sanitarie per assicurare appunto quel desiderio di vivere una vita autonoma anche in soluzioni domiciliari, evidentemente mettendo insieme le diverse risorse sociali, di accompagnamento e sanitarie che potrebbero essere così cumulate. Molto importante è anche la sottolineatura che il Governo ha voluto inserire circa il ruolo che gli enti del Terzo settore, attraverso la coprogrammazione e la coprogettazione, possono assicurare dentro un disegno di sviluppo dei servizi diurni, semiresidenziali e residenziali domiciliari. Questa possibilità, lo dico alle due brave relatrici, secondo me non va - e quindi mi permetto di suggerire alle due relatrici un'eventuale iniziativa per una modifica - a mio modesto avviso condizionata alla richiesta da parte della persona con disabilità di questo coinvolgimento. Penso che questo coinvolgimento, proprio ai sensi della legge, dovrebbe essere non solo previsto, ma auspicato nella misura in cui il Terzo settore, come sappiamo, nelle diverse forme più strutturate o informali assicura opportunità che ben difficilmente anche il miglior servizio sociosanitario-educativo, pubblico o convenzionato, è in grado di assicurare.

Penso, per esempio, a tante esperienze, che ho anche contribuito, in ruoli amministrativi, a costruire, che vedono ad esempio un impegno delle persone con disabilità nelle ore pomeridiane, dopo l'attività diurna, per esempio nei centri diurni, in attività sportive, culturali e ricreative dentro contesti di normalità assicurate da forme associative di Terzo settore. Quindi sono opportunità che riempiono di senso, di vita, di coinvolgimento, di integrazione queste persone, e non possono certo essere assicurate attraverso affidamenti pubblici e prestazioni contro corrispettivo. Quindi è molto importante che questo coinvolgimento del Terzo settore territoriale avvenga senza la necessità che vi sia una esplicita richiesta da parte della persona con disabilità. Andando verso le conclusioni, ricordo anche l'importanza dell'inclusione, e quindi del capitolo legato all'accessibilità nei servizi pubblici. So che per ragioni forse di competenze l'aspetto legato all'inserimento lavorativo delle persone con disabilità è stato in parte non considerato, ma questo non vuol dire che il Governo non lo consideri.

So l'attenzione che il Ministro Orlando dedica a questo aspetto. Credo che, tuttavia, sia utile - ma il Ministro lo sa sicuramente - fare in modo che, almeno nel campo della pubblica amministrazione, delle società partecipate e controllate dalla pubblica amministrazione, venga pienamente rispettato l'obbligo di inserimento lavorativo delle persone con disabilità, troppe volte invece disatteso. Quindi, oltre alle importanti attenzioni che sono indicate nella delega, dal disability manager agli obiettivi che devono essere dati per perseguire finalità di integrazione dentro gli uffici pubblici, c'è questa grande disattesa questione che credo il Governo dovrebbe prendere certamente con maggiore considerazione. C'è un grande lavoro che attende il Governo nell'utilizzo dei fondi PNRR per quanto riguarda l'accessibilità nelle scuole, negli uffici pubblici, per l'abbattimento delle barriere. Penso agli attraversamenti pedonali tra tutti, che sono ancora una grande questione irrisolta in grandi parti delle città italiane.

Penso anche all'applicazione importante che il Parlamento ha inteso affermare in particolare con l'iniziativa del nostro gruppo che ha portato a consentire di realizzare lavori di abbattimento delle barriere architettoniche entro un più generale intervento del cosiddetto superbonus 110 per cento.

In ultimo, c'è il tema dei fondi che è un po' sempre il tallone di Achille di tante leggi che rischiano di essere degli ottimi modelli, però senza poi le risorse per poter essere realizzati, ma mi rendo conto che questo non è solo un problema della signora Ministra, ma anche di tutto il Parlamento che deve dare delle priorità da questo punto di vista, però è evidente che un disegno così ambizioso probabilmente non può farcela con le risorse che oggi questa legge delega attribuisce agli obiettivi. In particolare, la somma del Fondo nazionale per la disabilità e la non autosufficienza a fatica arriva, insieme agli altri fondi residui, a circa un miliardo. Sono fondi che in parte devono andare anche alle persone anziane o non autosufficienti, e quindi non si può ovviamente contare sul totale di questa cifra, anzi, ragionevolmente un buon 50 per cento almeno va già oggi come spesa storica a favore delle persone anziane, malate croniche o non autosufficienti, oppure con patologie che necessitano di interventi continuativi.

In più la dimensione delle risorse che la quota sociale prima citata con questi fondi è in grado di assicurare è evidentemente assai inferiore e non può che dare un contributo marginale rispetto alle risorse oggi messe in campo. Pensiamo agli 11 miliardi per l'indennità di accompagnamento o ai 42 miliardi che oggi si spendono per la reversibilità, che naturalmente in buona parte fortunatamente servono poi a chi ne beneficia per assicurarsi quelle risorse che consentono loro molto spesso o talvolta di rimanere, nonostante tutto, al loro domicilio, pur disabili o non autosufficienti. Comunque certamente è utile uno sforzo di razionalizzazione con le avvertenze anche legate alla quota sanitaria che prima ricordavo. In ultimo, voglio davvero, e concludo, ricordare ciò che ho già detto in Commissione, e cioè che, al di là dei fondi, un lavoro molto importante che non costa, perché è un lavoro squisitamente politico, ma sarebbe molto rilevante, è quello di uno sforzo coordinato con le regioni affinché esse, utilizzando il fondo indistinto sanitario, possano decidere, attraverso indicazioni magari definite in Conferenza Stato-Regioni e poi attraverso le loro azioni di programmazione regionale, che più risorse sanitarie e sociosanitarie utilizzate e scelte dentro il fondo indistinto possano, debbano essere destinate alle persone disabili non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti.

Questa scelta sappiamo che è fatta in maniera molto diversa tra regione e regione, e anche da ASL ad ASL, che, a seconda del direttore, esprimono una maggiore o minore attenzione, spesso legata alla forza delle lobby che finiscono per destinare maggiori risorse a loro vantaggio. Quindi solo una tutela, una garanzia di risorse minime, ma certe, che le regioni attraverso la regia nazionale possono assicurare può consentire uno sviluppo dei servizi domiciliari diurni, semiresidenziali e residenziali, senza i quali, ripeto, questa delega rischia di essere un ottimo modello che rimane sulla carta. Concludo davvero: abbiamo dato il nostro contributo, signora Ministra, a questo provvedimento, a cui crediamo molto, e continueremo a farlo perché sono sfide che ci stanno a cuore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).