A.C. 115-A e abbinate
Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, innanzitutto, prima di intervenire, in queste ore così delicate e così difficili, voglio rinnovare, a nome del gruppo del Partito Democratico, la vicinanza alle popolazioni, alle famiglie e alle vittime colpite da quello che sta avvenendo e che è avvenuto in Emilia-Romagna. Ci deve essere un pieno sostegno di tutte le forze politiche e per questo rinnoviamo, in questa sede, insieme alla nostra solidarietà e al nostro massimo sostegno, la richiesta di avere un'informativa del Governo in quest'Aula; lo faremo anche nella Conferenza dei presidenti di gruppo di mercoledì. È fondamentale che anche il Parlamento faccia la propria parte nel sostenere un momento molto difficile, pensando all'emergenza e alla necessità della ricostruzione.
Entrando nel vivo del dibattito di oggi, di questo momento importante della vita delle nostre istituzioni, sono contento di aver seguito con attenzione tutti gli interventi; mi dispiace non aver potuto ascoltare l'intervento dei relatori, che lo hanno depositato, avrò modo poi di approfondire, però, ho ascoltato appunto tutti gli interventi e voglio partire dal primo di quest'Aula, quello della collega Rachele Scarpa, la nostra parlamentare del Partito Democratico e la più giovane di questo Parlamento. Sentire Rachele usare una parola molto forte mi ha richiamato alle responsabilità che sento, che sentiamo, che tutti noi dovremmo ricordare ogni volta che varchiamo la soglia di quest'Aula: siamo qui per sanare un'ingiustizia e io penso che di questo stiamo parlando e da questo dobbiamo partire, al di là poi del fatto che andremo magari a dividerci su alcuni aspetti, però, questo, condividiamolo.
C'è un'ingiustizia molto grave nel nostro Paese ed, è in realtà, una doppia ingiustizia, perché dietro vi sono le storie personali, familiari che portano italiane e italiani a mettere in una valigia la propria vita e a spostarsi da una regione a un'altra, da un comune a un altro, da una zona all'altra dell'Italia per ragioni di studio, per completare il proprio percorso di studio o per ragioni di lavoro, per trovare quell'occasione di lavoro che non si è trovata altrove, o per ragioni di cura, ossia per prendersi cura di qualcuno e dover spostare l'intera propria intera vita per andare a svolgere questa funzione fondamentale; spesso, c'è l'impossibilità di poterlo fare senza doversi trasferire. Noi abbiamo parlato, stiamo parlando del tema dell'astensionismo volontario, ma dietro l'astensionismo involontario di tanti astenuti c'è l'ingiustizia di essere fuori sede in maniera involontaria, ossia di essere stati costretti a fare questa scelta. Negando il diritto di voto a persone che ogni giorno scontano i limiti di questo sistema, in un sistema democratico che concede a tutti noi di potersi esprimere e di poter dire la propria, stiamo dicendo che non gli consentiamo, nel momento in cui sono chiamate a poter dire quello che pensano sul futuro, per cambiare la direzione del loro futuro, di potere esprimere il loro voto o, badate bene, glielo consentiamo, ma, spesso, in una maniera che non è sostenibile. Infatti, consideriamo le difficoltà che hanno gli studenti fuori sede, che addirittura stanno manifestando la loro impossibilità di pagare 600 o 700 euro per un alloggio, fuori dalle università; noi a questi studenti possiamo chiedere di spendere le risorse che servono, che non sono solo quelle che si possono rimborsare, ma anche tutte quelle spese accessorie che occorrono per un viaggio che spesso è di chilometri e chilometri? Non mi riferisco solamente al costo del biglietto del treno o a parte del costo del biglietto del treno, ma, nel caso del lavoro, anche al costo della rinuncia di quella che è, poi, la possibilità di lavorare o, nel caso della cura, all'impossibilità di trovare qualcuno che ti sostituisca. Ecco, noi stiamo negando questo diritto e la collega Scarpa ha aperto il suo intervento e vi ha chiesto perché, di fronte alla possibilità, oggi - con una proposta di legge che ha una storia antica, l'abbiamo ricordata e la ricorderemo anche in questo intervento -, di dare un segnale chiaro, noi stiamo facendo un ulteriore rinvio, poi, entrerò nel dettaglio di cosa può significare questo rinvio, di cosa significa politicamente per noi, però, il dato di fatto è certo: se noi domani votassimo la proposta di legge Madia, il testo base emendato, come riteniamo di volerlo emendare, da domani sarebbe legge dello Stato la possibilità per gli studenti, per i lavoratori, per le persone che, per ragioni di cura, vivono fuori dalla propria regione, di poter votare a partire dalle prossime elezioni. Facendo questa altra scelta noi apriamo un altro iter dai percorsi indefiniti e spostiamo sine die questa possibilità, andrò poi a esprimermi meglio sul perché di questa definizione.
A questo “perché” c'è stata una risposta, dell'onorevole Gardini - entrerò nel merito - e c'è stata una serie di interventi. Io non ripeterò quello che ha detto l'onorevole Baldino, ricordando la storia e il lavoro compiuto nella scorsa legislatura, gli esempi che ha portato l'onorevole Grippo sulla situazione che ci vede quasi un unicum in Europa, insieme a Malta e Cipro – ma, se continuiamo così, potremmo restare anche da soli, da questo punto di vista - o quello che ha detto l'onorevole Zaratti sul fatto che oggi siamo qui per un'iniziativa dell'opposizione, del Partito Democratico, per una battaglia che abbiamo fortemente voluto rimettere in cima alle priorità di questa legislatura, per occuparci di questo tema. Le risposte alla domanda “perché?” della collega Scarpa dell'onorevole Gardini ci hanno evidenziato le problematicità di questo tema e i moltissimi aspetti critici che proverò a citare testualmente.
Ho preso appunti: quando si affrontano temi così complessi si può incappare in errori. L'astensionismo involontario non riguarda solo i fuori sede, ma anche altre figure che non sono considerate in questa legge, come gli anziani con problemi di mobilità. Non apriamo questo tema: è una materia complicatissima in cui soltanto gli esperti riescono a districarsi.
E, poi, vi è un punto finale da cui vorrei partire. Non è stata la caduta del Governo, probabilmente, ad impedire la votazione nella scorsa legislatura - ricordiamo che il 25 luglio di quest'anno era calendarizzata in quest'Aula la votazione di questa legge, se non ci fosse stata la caduta del Governo, noi avremmo votato già, in quest'Aula, questa legge -, però, probabilmente, sono stati questi problemi a far sì che, nell'arco di un'intera legislatura non si sia riusciti ad addivenire a un testo che li superasse. Quale è il punto? Che questi problemi ci sono certamente, vanno affrontati, il percorso che ha portato al testo base da cui sarebbe partita la discussione parlamentare, quindi ulteriormente emendabile e modificabile nel merito se non ci fosse stato il maxiemendamento da parte del Governo, tutti questi aspetti ci sono, ci sono stati, ci saranno, però qui il tema è semplicemente di scegliere in quale direzione vogliamo andare, se noi, ad un certo punto, vogliamo dire stop alla discussione e al confronto.
Io ho citato esponenti di altre forze politiche delle opposizioni, mi posso riconoscere in alcune idee presentate dalla maggioranza. Qui non stiamo parlando di destra o di sinistra, qui stiamo parlando del diritto al voto di tutte le italiane e gli italiani. Vogliamo fermare, ad un certo punto, la discussione e cominciare a garantire questo diritto di voto? Infatti, come è stato ricordato, noi garantiamo il diritto di voto ai cittadini all'estero ed è una importantissima innovazione che è stata portata, che ha dato la possibilità di sentirsi inclusa nelle scelte di questo Parlamento a una comunità di milioni di persone, persone che hanno dovuto affrontare un grande viaggio nella propria vita, hanno portato un pezzo d'Italia fuori dai confini nazionali e possono portare un pezzo di mondo dentro i confini nazionali, ma non riconosciamo solamente il diritto di voto agli italiani all'estero, noi riconosciamo già il diritto di voto agli italiani all'estero fuori sede. Cioè, un cittadino italiano che vive a Washington e che, per ragioni di lavoro o per ragioni di cura o per ragioni di studio, mantenendo la residenza a Washington, si trasferisce a New York, può votare da New York. Quindi, questa ingiustizia palese che stiamo facendo nei confronti dei fuori sede in Italia l'abbiamo già superata, l'abbiamo già sanata per quanto riguarda il voto degli italiani che vivono all'estero. E, quando andiamo a leggere la nostra Costituzione, l'articolo 48, e si parla di voto come “eguale, libero e segreto”, non è un caso che i Costituenti abbiano scelto come prima parola “eguale”, perché, nell'uguaglianza c'è il diritto di voto tra tutte e tutti noi, è l'inizio, è l'incipit è la prima pietra su cui si costruisce una democrazia.
La legge che noi avevamo presentato, che era stata adottata il 13 aprile in Commissione come testo base, era composta di 7 articoli, andava ad incidere sulle disposizioni di voto con un criterio - nella legge delega non c'è il criterio, quindi stiamo ripartendo, come nel gioco dell'oca, dall'inizio - e collocava nel voto anticipato rafforzato e in una procedura attivabile tramite SPID la possibilità di votare in una regione diversa da quella di residenza, in un giorno antecedente, in seggi appositamente dedicati. Era la proposta di partenza la legge Madia nella scorsa legislatura? No, noi eravamo partiti con un'altra impostazione: avevamo proposto il voto per posta, analogamente a quanto avviene per il voto dei cittadini italiani residenti all'estero, ma c'è stato un confronto, un lavoro parlamentare e si è valutato, nella scorsa legislatura, che questa fosse la soluzione più adatta, più idonea per riuscire ad affrontare tutti quei problemi che ha ricordato la collega Gardini. Se la maggioranza ha un'idea diversa e condivide l'urgenza, presenti gli emendamenti in Parlamento per votare la diversità di idee. Se, dopo che, in 5 anni, siamo passati dal voto per posta al voto anticipato rafforzato, alla fine, bisogna ritornare al voto per posta, ce ne faremo una ragione, ma garantiamo ai cittadini italiani di poter votare in maniera eguale, libera e segreta.
E non solo. Con riferimento all'emendamento che ci è stato presentato, all'emendamento unico, io sono sempre spaventato di fronte a questo strumento dell'emendamento unico, perché abbiamo visto cosa ha rappresentato nell'evoluzione dei nostri lavori parlamentari l'emendamento unico e il conseguente del voto di fiducia sul decreto legislativo. Se, adesso, a quell'emendamento unico sommiamo anche l'idea dell'emendamento unico in Commissione per trasformare una legge che si sta per votare dopo un lunghissimo percorso parlamentare in un lanciare la palla in tribuna per una legge delega, veramente rischiamo di contrarre in maniera eccessiva quegli spazi. A quel punto, veramente, c'è da andare ad intervenire, forse, con una legge costituzionale sull'articolo 70 della Costituzione, che stiamo, ormai, svuotando pezzo dopo pezzo, fino a a ridurlo a un osso sempre più fino.
Detto questo, però, questa legge delega, questo emendamento, inserisce il termine dei 18 mesi. Ora, 18 mesi cosa significa? Siamo a maggio del 2023: significa il 2023 e significa il 2024, cioè le prossime elezioni europee. Quindi, dopo aver discusso per chiedere il voto alle regionali, e ci è stato detto in quest'Aula dal Governo che non si poteva fare per le regionali, ma che lo avrebbero fatto per le amministrative, e non c'è stato il voto alle elezioni amministrative, stiamo dicendo in quest'Aula che non ci sarà nemmeno il voto alle elezioni europee per questi studenti, per questi lavoratori, per queste persone. Diamo un nome alle cose, diamo il nome che queste cose hanno.
Tutto questo significa solo cancellare il lavoro della scorsa legislatura? No. Significa solo cancellare il lavoro che, anche in questa legislatura, si è fatto in Commissione per arrivare a un testo base, per arrivare a portare in Aula il lavoro che ha fatto il Partito Democratico per mettere questo tema in cima alle priorità? No. Significa anche calpestare una richiesta che viene da tantissime realtà associative e comitati di giovani impegnati, perché, in una società in cui sempre meno persone vanno a votare - e questo Parlamento è stato votato da meno della metà degli italiani - e sempre meno giovani partecipano alla vita pubblica, ci sono dei giovani che si sono riuniti intorno a questa battaglia oltre gli steccati politici, penso al comitato “Voto dove vivo”, alla rete “Voto sano da lontano”, alle associazioni studentesche, alla “Primavera gli studenti”, UDU, LINK, ADI, più di 30 associazioni studentesche, anche Azione universitaria si è espressa a sostegno della necessità di questo passaggio. Ora, noi a tutte queste realtà cosa stiamo dicendo? Stiamo dicendo che il Parlamento, che finalmente aveva l'occasione di legiferare su questo tema in maniera diretta, immediata, con una legge dello Stato che garantisse loro questo diritto, che sanasse questa ingiustizia, sta rinviando al Governo la responsabilità di riavviare un percorso, senza inserire nemmeno dei criteri che possano portare in questo percorso il frutto del lavoro che si è fatto negli anni passati.
È come nel film Il giorno della marmotta, in cui ti svegliavi ogni giorno ed era lo stesso giorno: di fronte a questo tema, noi stiamo ricominciando da capo. E lo stiamo facendo con un'esperienza storica che ci dice che abbiamo un dibattito su questo tema che è come un fuoco, che si accende alla vigilia delle elezioni, in cui tutte le forze politiche si esprimono con appelli, con candidati che dicono “è assolutamente indegno, queste saranno le ultime elezioni in cui avverrà questo”, poi questo fuoco si spegne, emerge la problematizzazione del tema, che cuoce a fuoco lento per 5 anni, e, alla vigilia delle elezioni successive, ricominciamo di nuovo a dire queste cose. E questo fatto, badate bene, è una di quelle ragioni che generano l'astensionismo, non l'astensionismo involontario, l'astensionismo volontario di quelli che dicono che il Parlamento non è in grado di affrontare nemmeno temi come questo. Qui non è il dibattito sulle riforme istituzionali, sulla volontà politica, sulla rappresentanza democratica, su chi deve essere chiamato a svolgere questa funzione.
Qui si tratta di dire: ma siamo in grado di garantire a milioni e milioni di italiane e italiani la possibilità di poter votare quando lo garantiamo già ai cittadini italiani fuori sede residenti all'estero? Siamo in grado di poterlo far fare anche ai cittadini italiani fuori sede, residenti in Italia? Di fronte a una domanda come questa, abbiamo il dovere e la responsabilità di offrire una risposta e di essere chiari in un dibattito parlamentare.
Qui veramente mi avvio a concludere perché è stato detto molto e sarà detto molto domani in Aula. Non è la prima volta che avviene questo tentativo di utilizzare lo strumento dell'emendare la proposta dell'opposizione per modificarla. A volte è avvenuto anche in questa recente legislatura su un'altra nostra proposta, a cui tenevamo molto, quella del “mai più bambini in carcere”. È stato però utilizzato in una maniera differente: ne aveva stravolto talmente il senso, che con la nostra proposta, da “mai più bambini” in carcere, avremmo avuto più bambini in carcere. In quel caso noi abbiamo ritirato la proposta, perché, se si fosse votato quel testo, avremmo ottenuto l'effetto contrario di quanto avevamo proposto, nello spazio formalmente destinatoci, nel momento in cui avviene questo tipo di gioco alla rovescia. Lì abbiamo fatto una scelta, questa volta, però, non abbiamo ritirato il testo, perché, forse, è successo qualcosa di addirittura peggio rispetto allo stravolgerne completamente il significato. Quando avevamo chiesto che questo tema fosse affrontato prioritariamente in Parlamento negli angusti spazi a disposizione, noi volevamo che il Parlamento votasse una legge per garantire il diritto di voto ai fuori sede. Il fatto che, attraverso questo gioco di rimandi, ci ritroviamo a dover chiedere al Governo di avviare una procedura di legge delega, ex articolo 76, da zero, rischia di generare un cortocircuito, che potrebbe aprire veramente una voragine, nella quale precipiterebbe il senso e il ruolo di quest'Aula. È per questo che non abbiamo ritirato la proposta, è per questo che non ci ritiriamo da questo dibattito parlamentare, è per questo che non ci ritireremo domani né mai, in ogni sede, in ogni minuto, che ci sarà concesso in quest'Aula, attraverso ogni atto di sindacato ispettivo e tutte quelle prerogative parlamentari - che continueremo a difendere dall'opposizione, come abbiamo fatto quando eravamo al Governo, perché difendere il Parlamento significa difendere la democrazia - per ribadire la possibilità di voto per tutti gli studenti, i lavoratori e le persone che per ragioni di cura sono costrette - ribadisco “costrette” - a non poter votare nel proprio seggio di residenza nel giorno delle elezioni in tutte le elezioni. I 7 articoli della legge Madia testo base già lo disciplinavano: elezioni europee, elezioni politiche, elezioni suppletive! Si può in qualunque momento avere la necessità di fare un'elezione suppletiva e noi neghiamo il voto a distanza per le elezioni suppletive, quando è ancora più complicato rientrare per un'elezione suppletiva! per tutte le elezioni che abbiamo, come per il referendum, l'articolo 75 della Costituzione, il diritto di voto, gli istituti di democrazia diretta, per tutte queste elezioni, occorre potere fare sì che queste persone possano votare. Si parla di 5 milioni, 4 milioni, 3 milioni, non so quanti esattamente, ma so che è un'ingiustizia: devono poter votare! Per il Partito Democratico è una priorità politica assoluta, per questo non ci ritiriamo dal dibattito, non ritiriamo la proposta e non ci ritiriamo dalla richiesta al Parlamento di fare al poù presto.